Nugae

18-12-2009


 
Le pagine diventano voce e gesti e note di chitarra abbracciata ai margini del palco. In scena un albero e sullo sfondo giochi di luce a riprodurre i caratteri dell'alfabeto ebraico. Erri De Luca fa dei suoi pensieri scritti, Fili da intrecciare e porta in teatro frammenti di quei libri che sono stati il mio approdo e la mia consolazione in questi anni. Stare lì ad ascoltarlo, guardando le rughe increspargli il viso, doveva essere il mio dono per un compleanno che non potrò festeggiare, ed è finito col diventare personale autoregalo in anticipo sul Natale. Ricorderò l'assenza, il Taro che avrei voluto secondo fiume a far da cornice ai nostri mancati abbracci. Ricorderò l'emozione di incontrare ancora lo scrittore che più di altri sa toccarmi profondamente, il suo parlare lento in quell'italiano asciutto eppure denso, che non dimentica la sua matrice napoletana. Ricorderò le lacrime e gli applausi a spettacolo concluso, senza nessun sipario calato a dire fine. Ricorderò la neve scesa su Parma, coprendola col suo silenzio bianco e il parco ducale immobilizzato nel gelo degli otto gradi sotto lo zero capaci di ghiacciare persino i pensieri, cristallizzandoli. Ricorderò ogni dettaglio, anche il calore che ha scaldato la mia insonnia.