Nugae

A PIEDI NUDI

CAPITOLO I

LONTANO DA DOVE

PARTE PRIMA

"Mi fai un po’ di spazio?"

Sembrava implorarlo mentre raccoglieva i libri intrufolatisi al suo posto tra le coperte, spostandoli verso l’angolo del letto, col viso incollato al suo in attesa che si accorgesse di lei, portasse la mano dietro l’orecchio e togliesse gli occhiali con gesto elegante per incrociarne lo sguardo.

 In risposta ricevette il fruscio delle pagine nervosamente sfogliate e il tamburellare impaziente della matita sul dorso del volume rilegato in pelle che poggiava sulle ginocchia di Vittorio, immerso nello studio del codice, curvo, col capo chino ed il mento a sfiorare la carta sottile quasi a volersi far risucchiare dall’inchiostro.

Rimase immobile ad osservarlo, uniformandosi al silenzio di quella stanza, trattenendo addirittura il respiro nel timore che un solo fiato potesse spezzare il filo sul quale barcollava, paradossale funambolo, l’equilibrio del loro noi.

Poi, vuota di quell’attesa vana, si alzò, voltò quasi impercettibilmente le spalle e si lasciò scivolare nell’abbraccio della poltrona prospiciente il balcone. Il drappeggio delle tende avviluppò la sua mente distraendola da quell’uomo così vicino eppure dolorosamente distante: corpo accartocciato su se stesso.

Con gli anni aveva imparato ad esserne cornice, a racchiudere il grigiore di quella tela pregna di un’indifferenza crudele che la faceva sentire invisibile, e tuttavia incapace di distogliere l’attenzione dalla desolazione che l’avvinceva conquistandola.

Con gli anni aveva imparato a spegnersi e a nascondersi nella sua ombra. Con gli anni aveva imparto a seguirlo e a dipenderne, rinnegandosi ed oltraggiando sogni, mete e pagine consunte dalla solitudine.

Al suo fianco, dovunque, a farsi appendice della sua mediocrità borghese; al suo fianco ad impreziosire l’immagine di irritante perfezione del rampollo in carriera, seguace impeccabile delle orme paterne.

“Quand’è che hai cominciato a fumare?” – proruppe Vittorio dal centro del letto, con voce soffocata da polemici colpi di tosse.

“Da ora” – ribatté laconica senza neppure voltarsi a guardarlo.

“Sei qui da molto?” – chiese non curante del suo atteggiamento di sfida.

“Da anni, o mesi, o settimane, o giorni…che differenza fa? Sono qui da troppo. Sì, sono qui da troppo ma non c’ero, non c’ero ed ora voglio tornare”.

“Fa’ un po’ come ti pare, sono stanco, ho lavorato tutto il giorno, non ho voglia di perdermi dietro le tue paranoie. ‘Notte.” – liberò le lenzuola dalla morsa dei libri, spense la luce e pigiò la testa contro il cuscino.

Elisa continuò impassibile a fumare, abituando poco a poco gli occhi al buio, poi scrollò le spalle, riavviò i capelli perdendo la mano sinistra nei ricci confusi, aspirò l’ultima boccata e spense la sigaretta lasciando cadere la cicca sul pavimento.

 Riemerse dal comodo guscio di nappa della poltrona, farfugliò frammenti di canzoni-ricordi indelebili, quasi ad offrir colonna sonora ad una scena vissuta da spettatrice, spinse la maniglia della porta, ultima occhiata-lampo al letto e si fermò di fronte allo specchio dell’antibagno.

Mani a conca, acqua sul viso, trucco in disfacimento e sorriso a ridisegnare i lineamenti.

"Non c’ero, non c’ero ma ora voglio tornare…."