« 21 Marzo | Panta rei? » |
Caro don Lorenzo, sono passati quanti anni dalla lettera che mi hai inviato? 42? 43? Il mondo è cambiato mille volte da allora. E' cambiato il mondo, sono cambiata io, anche se ho esattamente gli stessi anni di quella lettera che tengo sul comodino e conosco a memoria. Eppure io mi ritrovo a insegnare incredibilmente nella scuola dei tuoi poveri Giovanni, sempre più distinti dai ricchi Pierini. Non a Barbiana, bensì in una periferia palermitana, in Sicilia, nella regione più povera d'Italia. Quella che avrebbe bisogno di attenzioni e aiuti e invece ha avuto, indistintamente, gli stessi identici tagli che si sono verificati altrove. Solo che qui un taglio è la decapitazione. "Non si divide una torta in parti uguali tra diseguali", così mi hai spiegato e mi avevi convinta. 40 anni fa, ci avevi convinti tutti. Noi insegnanti e quelli che decidono. Avevamo capito la tua lezione. Ci abbiamo provato a fare una scuola migliore. E l'avevamo fatta, lasciamelo dire, prima che arrivasse questo disastro. La scuola dove insegno ha la muffa nei tetti, i riscaldamenti spesso non funzionano, in alcune aule ci piove dentro, ogni tanto qualche idiota distrugge i vetri e i ragazzi si ritrovano a vagare per i corridoi, trasportandosi dietro le sedie, quando le hanno, divisi in altre classi, seduti ammassati, con i loro giubbottini e per loro è la normalità. Non hanno mai visto che potrebbe essere diverso. L'80% delle scuole palermitane è fuori norma per un motivo o per un altro. Nella patria dell'antimafia, lo stato si fa garante dell'illegalità in cui vivono i ragazzi. Ti dico di più: come faccio a convincerli che solo la conoscenza li salverà? Solo la conoscenza li farà padroni del mondo? Solo la conoscenza ne farà adulti consapevoli? Come faccio a convincerli che la scuola non è un "servizio" ma un diritto alto? Se poi i loro fratelli più grandi, che faticosamente arrivano alla laurea e sono più bravi degli altri perché hanno studiato sodo e da soli, e poi magari decidono di accedere alle cariche o alle carriere che meriterebbero, cioè le migliori, beh, per quei ragazzi qua a Palermo, non c'è altra via che andarsene?... a Palermo? Correggo: in Italia. E allora a che serve battersi per una scuola pubblica? Per la diffusione della conoscenza, per la promozione del merito? A che serve scendere in piazza a scioperare il 12 marzo se non per testimoniare che quello che si sta verificando nelle scuole di ogni ordine e grado è la vera emergenza democratica del nostro paese? A che serve se non è un pensiero condiviso? A che serve se nessuno si rende conto che quella ad essere davvero messa in discussione, con la distruzione della scuola pubblica italiana, è la natura stessa della democrazia? Chi vuole veramente assicurare ai nostri figli oggi quel pensiero critico e libero che solo una scuola pubblica sana e voluta da tutti potrebbe ottenere? Chi? Mi giro intorno e vedo solo qualcun altro come me, qualche altro professore. E nemmeno tutti. Il valore di un popolo è direttamente proporzionale al valore che attribuisce alla scuola e alla conoscenza. E mi rattrista riconoscere che il valore del nostro popolo si sta frantumando come la mappa di Borges proprio mentre da più parti per molto meno le folle si riuniscono chiamate dal piffero della telecrazia imperante. Tutte le mattine mi siedo alla mia cattedra, faccio l'appello, inizio la mia lezione restituendo il sorriso della vita che mi regalano i ragazzi e mi ripeto che quella forza la devo ritrovare intera. Perché io non rimango muta di fronte a questa ignobile distruzione: io non ne sarò complice. Siatelo voi, complici. Io no. E da quando mi sveglierò la mattina a quando andrò a letto la sera, in ogni angolo e con tutta la voce che ho lo ripeterò fino a quando non mi ascolteranno: stanno distruggendo la scuola, evitiamolo. |
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Interessi, passioni, modo di vedere le cose e di farle. Sulla sua "priorità di valori", dico bene?
Ecco, questa si chiama "Personalità".
Se ora estendi il concetto ad un'intero popolo, avrai la definizione di "Civiltà".
Il livello di civiltà raggiunto da un popolo, Leit, si rispecchia nella sua scala dei valori.
E adesso sarei proprio tanto curioso di sapere quanti di coloro che hanno aperto il tuo blog (non parlo dei commentatori, naturalmente) siano arrivati a leggere, non dico tutta la lettera, ma almenno una buona metà.
La scuola ha un ruolo importante, Leit, ma l'educazione sociale e culturale comincia tra le mura domestiche.
Sulla nuda roccia non cresce nulla perché la roccia non ha bisogno di radici che diano compattezza, anzi, le radici sono una minaccia alla sua solidità, alla sua essenza monolitica.
Siamo un paese di terra e sassi, e solo dissodando prima, puoi sperare di coltivare, poi.