ORGOGLIO SAMMARINESE

I CAPITANI REGGENTI dalla società civile


Annuncio al popolo della libera terra…”  di Domenico GasperoniLa “proposta indecente” di Gasperoni, scegliere i prossimi Reggenti fra la società civile. “Forse non salveremo la Patria, ma così i ragazzi torneranno a sperare...” Due sono stati i motivi: la protesta del gruppo di ragazzi “indignados” e l’ascolto attento del logoro formulario d’annuncio. Parto dal primo. Non entro nel merito dell’iniziativa di contestazione, che ritengo legittima e coraggiosa. Anche se non sono del tutto convinto della sua opportunità. Ne parlo per sottolineare che dobbiamo darle una lettura positiva, di verità, anche se amara. La presenza di quei ragazzi esprime l’energia del cambiamento e la volontà di partecipazione. E nello stesso tempo, testimonia il distacco dei cittadini dal Palazzo. Dalla politica. Dalle mie riflessioni di quella sera, in Piazza della Libertà, nascono le osservazioni scritte in questo pezzo. Seguite da due proposte impegnative e coraggiose. Che spero siano capite e comprese. E specialmente attuate. Come si sa, nel 1945 è stato modificato il sistema di elezione dei Capitani Reggenti. “Per corrispondere alle esigenze del tempo”, era stato abbandonato il vecchio rito proprio di una società medievale basata sull’intreccio (condiviso) di elementi civili e religiosi. Va riconosciuto all’allora Governo social comunista un atto di coraggio per abolire la procedura del sorteggio. Che appariva ormai una forma di “divinazione”. Ma la lettura profonda “delle esigenze del tempo” si scontra con reali ostacoli culturali e calcoli politici. E a quel Governo non conveniva urtare troppo la sensibilità del suo popolo, legato comunque a credenze e pratiche religiose. Quindi il tentativo riformatore non ha potuto disinquinare il vecchio sistema di elezione da tutti gli elementi spuri. Ci siamo dovuti tenere la “funzione propiziatoria all’altare del nostro Patrono San Marino, affinché il Patrio Consiglio sia bene inspirato nella scelta dei nuovi Reggenti della Repubblica”. Ma anche allora facevano finta di non sapere che i giochi era già fatti? E talvolta poco cristianamente, in base a piccole lotte interne ed esigenze di “politichetta” quotidiana. Sessantasei anni fa non si poteva sperare di più. Ma ora è giunto il tempo di fare il passo definitivo. Evitare quella sceneggiata blasfema di fronte al Santo, per rispettare regole e valori tanto della democrazia quanto della fede religiosa. La frase pronunciata nell’annuncio “ invocata l’Assistenza del nostro glorioso Patrono”, ha infastidito sia il democratico sia il credente. E con un tratto di amara assurdità, quella sera, per il clima di conflittualità di questa elezione. Ho visto il sorriso ironico e sconcertato nel volto di molti cittadini presenti accanto a me. Va rivisto anche il protocollo dell’insediamento della Reggenza, che sacrifica una celebrazione di fede (la Messa) dentro un rito civile. Appare ad es. del tutto mistificatorio il canto del Te Deum di ringraziamento (ringraziare per cosa?), imitazione “condominiale” dei grandi riti di incoronazione di Carlo Magno e degli imperatori del Sacro romano impero! Insisto su questa richiesta, pur temendo che la realpolitik sammarinese non porterà nulla di buono. Specie negli ultimi tempi, nei quali mi sembra sia cresciuta una pericolosa sovrapposizione fra le appartenenze alla comunità civile e a quella religiosa. Un pasticcio sulla laicità della Repubblica. E passo alla seconda proposta. La riforma del 1945 aveva un’altra motivazione: “per corrispondere…. alle progressive sorti della Repubblica, nonché per investire l’Eccellentissima Reggenza di maggiore imperio e responsabilità nell’esercizio delle sue funzioni..”. I cicli storici costringono spesso San Marino a preoccuparsi delle sue sorti future e oggi è uno di quei momenti. Il più terribile e rischioso . Perché la nostra comunità è ferita dentro, non ha energie,non ha la visione chiara dell’orizzonte. E il Palazzo sembra del tutto impotente. Senza smettere di cercare la via d’uscita a livello socio-economico, serve accendere un segnale di pericolo,un codice rosso. Uno shock istituzionale,che agisca sul piano dei simboli, sui meccanismi di identificazione di un popolo. Valori storicamente custoditi nelle mani della funzione reggenziale, che oggi è entrata in crisi. Da qui parte la mia proposta indecente: eleggere i Capitani Reggenti non più fra i membri del Consiglio, (è stato uno storico scippo istituzionale!), ma nella società civile. Scegliendo fra persone “probe, sagge e stimate dal popolo”. Al punto in cui siamo giunti, non basta più la logora formula di Palazzo, di una “Reggenza di Garanzia”, con un eletto scelto nell’ opposizione. Un sogno dei cittadini: vedere il prossimo 1° aprile due Reggenti scelti fra il popolo. Salveremo così la patria? Forse no. Ma almeno quei ragazzi potranno riprendere a sperare!