ORGOGLIO SAMMARINESE

“Non si dicono mai tante bugie quante se ne dicono prima delle elezioni"!!!!!!!!


Cicerone e i vizi della campagna elettorale
Winston Churchill diceva: “Non si dicono mai tante bugie quante se ne dicono prima delle elezioni,
durante una guerra e dopo la caccia”. Non contento di questa arcinota sia pur veritiera citazione, mi sono dedicato ad una piccola ricerca. Ripercorrere la storia delle campagne elettorali. Con la speranza di rasserenare il mio cuore. Senza successo Ho trovato un “Manualetto per la campagna elettorale” di Roma antica, attribuito a Quinto Tullio Cicerone, fratello del più illustre Marco Tullio. Sono i consigli dati al fratello che aspirava alla carica di Console. Con nostro estremo interesse,ci viene offerto uno spaccato della società romana del I sec. a.C. In particolare del modo di condurre le campagne elettorali, dei gruppi di potere che le orientano, delle tecniche di ricerca del consenso. Vi accorgerete da soli del “niente di nuovo sotto il sole”. Provo a raccontare qualcosa. Il furbo gioco elettorale era basato su quattro indicazioni.
 a) La relazione elettore eletto è retta sul principio della reciproca utilità, sullo scambio di favori (beneficium- gratia). Cicerone, secondo i consigli del fratello, doveva chiedere il voto principalmente alle persone che aveva favorito come avvocato. b) Giro elettorale (chiamato ambitio), da svolgersi in modo capillare, salutando tutti e chiamandoli per nome. Il candidato era accompagnato da un largo seguito (i salutatores), portaborse moderni. c) Promettere a tutti, anche quando non si è in grado di mantenere. d) Denigrare gli avversari e spargere sospetti sulla loro buona condotta. Sembra la fotocopia di ciò che accade oggi. Curiosa la vendetta linguistica del termine originario (ambitio = fare un giro), diventato oggi “ambizione”. Che è il motore di molte candidature. A proposito del termine “candidato”. Chi aspirava a cariche importanti, doveva vestire una toga candida e girare nel Foro romano per essere riconosciuto. Giorni fa ho visto anche da noi alcuni simpatici giovani che giravano vestiti di bianco! Il bianco sporco della lana della toga romana veniva trattato con agenti sbiancanti, fino a portarlo alla massima tonalità di splendore. Questo bianco come segno di purezza, di candore, spesso in contrasto con le ambizioni politiche, mi richiama alla mente l’evangelico “sepolcri imbiancati”. I manifesti elettorali erano formati da iscrizioni murarie (dette programmata). I comitati elettorali del candidato erano composti da imbianchini, che preparavano il muro da sbiancare, da scrivani che vi scrivevano gli spot elettorali. C’era anche lo scalarius, che reggeva la scala. Si conservano ancora circa 1500 manifesti elettorali dell’antica Pompei, perfettamente conservati dalle ceneri. Ce n’è uno simpatico che dice: “Vi prego di eleggere Giulio Polibio edile, fa del buon pane”. Non si elogiavano la probità o la dignità, ma la capacità di fare del buon pane. La corruzione elettorale
e i brog(Crimen ambitus) erano prassi comune. La compravendita dei voti avveniva mediante elargizioni di denaro, distribuzione di carne, banchetti sontuosi, regalie, perfino posti prenotati a teatro, giochi gladiatori allestiti per l’occasione. Tant’è che una legge vietava di organizzare i giochi nell’arena due anni prima della candidatura ad una carica. Si creava una schiera grande di faccendieri, cortigiane, persone autorevoli, galoppini che facevano confluire i voti verso un candidato. C’era perfino chi assoldava i gladiatori per influenzare l’elettore con la violenza fisica
. Erano previsti anche i comizi pubblici. I votanti venivano raggruppati in appositi recinti, prima di legno,
 poi di marmo (saepta), che potevano contenere fino a 70.000 persone. Qui il candidato elencava le proprie virtù e capacità e faceva le ultime esortazioni e promesse. Anche intimidazioni.
Poi ogni votante riceveva una tavoletta su cui incidere il nome del candidato prescelto. Con una legge del 139 a.C. il voto diventa scritto e segreto. Prima era solo verbale. L’elettore saliva su una passerella, dove trovava i custodes, incaricati di ritirare i voti e impedire le illegalità. Ma spesso erano proprio loro ad esercitare
 pressioni sull’elettore, per cui fu varata una legge appositamente per restringere le passerelle! Esisteva anche una specie di finanziamento pubblico. Il candidato riceveva una cospicua somma di denaro (l’ornatio),
quale rimborso spese per la campagna elettorale, che erano di solito a suo carico. Tuttavia, secondo Cicerone, occorreva essere molto ricchi per aspirare a cariche politiche. Chi non aveva mezzi propri, difficilmente vi poteva accedere. Un riflessione finale. Oggi i candidati non indossano più la toga candida di lana. Ma la politica ha trovato un sostituto. I partiti e i singoli candidati si rivestono a festa, si rifanno il look
. Si avvolgono di luce:simboli, slogan suadenti, foto pulite e sorridenti. Promesse di un futuro felice. Il cittadino è frastornato e fa fatica a riconoscere il candidato. Il buon candidato. Elettori, strappiamo il vestito bugiardo, griffato dalla campagna elettorale. E scopriamo cosa c’è sotto. E appoggiamo solo coloro che hanno capacità, affidabilità e pulizia interna. Ce ne sono tanti. È più probabiletrovare nei candidati giovani questo “candore”
. Votiamo per loro.Domenico Gasperoni