ORGOGLIO SAMMARINESE

L’amico a cena e l’argenteria!!!!!


   La questione morale preesiste, è superiore e spesso indipendente rispetto alla applicazione del diritto. Quello che è giusto è ad un livello più elevato rispetto a quello che è legale. La norma è il mezzo, la giustizia è il fine, non sempre pienamente raggiungibile. Il principio di nobiltà politica, del rispetto dovuto a tutti i cittadini, vorrebbe che gli eletti sapessero distinguere ciò che è umanamente e socialmente dignitoso da quello che è inopportuno, biasimabile o riprovevole. Ancor prima di sapere se sia anche penalmente rilevante. La verità processuale non è sempre la verità sostanziale, ma c’è chi le vorrebbe in ogni caso sovrapporre per propria comodità o per tornaconto. La politica sostiene che il Consiglio non è un tribunale, ma allo stesso tempo, pretendendo di constatare, decidere o soppesare la valenza di determinati fatti soltanto quando vi sia stata una sentenza definitiva, non fa altro che asservire la propria capacità di discernimento a quella di un altro potere dello stato. Quindi prende tempo, ma contestualmente si fa dire da altri cosa può fare e cosa no. Se il palazzo non comprende questo, sia dal lato di chi assolutamente censura sia da quello di chi assolutamente scrimina, è inutile che su tali questioni si confronti. Così, tra chi per mestiere lo fa per davvero e chi si improvvisa, magari conoscendo anche meno i fatti, ciascuno è per opportunità avvocato di qualcosa e di qualcuno. Il dibattito consiliare nel quale si è parlato di Greco, anticorruzione, trasparenza, riciclaggio, vicende giudiziarie contingenti, si è ridotto alla difesa di posizioni politiche, fatte di ombre persecutorie e dietrologie partitiche, che hanno perso di vista la valutazione dei fatti in sé. Eppure di fatti ce ne sarebbero stati da valutare. Ci sono già situazioni talmente chiare da essere imbarazzanti. Ma ormai non si imbarazza più nessuno, forse perché i discorsi non sono basati sul sostegno dei principi e diventano inutili esercizi di equilibrismo tra commi di norme che molti non conoscono, che altri interpretano a piacere e che altri ancora piegano al proprio servizio. Ma ci sono situazioni per le quali non servirebbero neanche tanti discorsi, né leggi, né sentenze. Insomma, per dirla semplice: se un amico viene a cena da me e, dopo aver provato per tutta la sera a fare il cascamorto con mia moglie, quando se ne va si porta via di soppiatto l’argenteria, non ho bisogno di attendere la sentenza definitiva di condanna di un qualsiasi tribunale per non farlo più entrare in casa mia. Anzi, in casa mia non entrerebbe proprio più. Neppure se per il cavillo scovato da un avvocato scaltro dovesse essere assolto.  Non è giustizialismo. E’ buonsenso. Antonio Fabbri  da L'INFORMAZIONE                                 Quotidiano di San Marino