Odeporica

Metamorfosi inversa


 
"dieci anni, domani"La tazza fumava insistente tra le mani fredde che la stringevano come a volerne assorbire tutto il calore. Un freddo interno faceva sussultare il suo corpo con brividi che le spezzavano il fiato. L'anima le si era gelata. Ritornò con la mente a quella mattina ma non riusciva a focalizzare gli eventi, passavano solo flashback di frasi, urla, il fragore della ciotola di terracotta che aveva gettato a terra in un gesto di stizza istintivo. Era caduta come al rallentatore e i suoi occhi ne seguivano la discesa irrefrenabile e la imploravano di non rompersi mandando in frantumi lo splendido ricordo che serbava. Ma la ciotola era finita in terra ed ora era solo un mucchietto di cocci e schegge e i sassolini che conteneva erano sparsi ovunque. Una scheggia le aveva graffiato il viso. Come in trance si toccò con un dito la guancia, facendolo scorrere per la lunghezza di quel graffio che le si era impresso anche nell'anima. Il rumore della ciotola che andava in frantumi aveva smorzato le urla di rabbia. Aveva preso la borsa, la giacca, il portachiavi col girasole, mentre lui la guardava come se vedesse un fantasma e se n'era andata lasciando la porta spalancata e senza voltarsi. Sperava di essere inseguita, invece dietro di lei solo il rumore del niente, nessun passo a rincorrerla."dieci anni, senza un domani"Seduta sulla poltrona era ipnotizzata dal fuoco che scoppiettava allegro nel camino. La tazza, ormai inerte, giaceva ancora piena sul tavolino di ferro battuto che era lì vicino. Accarezzava i cuscini coi disegni batik acquistati anni prima in un mercatino di Giava. Ovunque posava lo sguardo riaffioravano ricordi. Quella non era una semplice casa, era la loro casa, non come quella di rappresentanza in città, artificiosa e finta, che sembrava uscita da una rivista d'arredamento. Nella casetta sul lago regnava un tripudio di colori nella mescolanza armoniosa dei vari oggetti che l'arredavano. Profumava di vita.*Dieci anni prima.Una corsa in un prato, inseguirsi felici e spensierati, ridere di niente assaporando i baci al gusto di more selvatiche. Poi il temporale, improvviso, incessante. E quella casa che sembrava chiamarli. Entrarono da una porta finestra aperta sul retro, accesero il camino e il fuoco esplose gioioso dalla legna ormai secca e asciutta dimenticata lì dentro da chissà quanto. Il resto fu poesia.Erano giovani, squattrinati e pieni di sogni. Ogni volta che potevano si arrampicavano sulla radura dove c'era quella casetta poco distante dal lago. In un pomeriggio plumbeo vi trovarono una signora anziana dall'aria stanca, un furgoncino parcheggiato fuori e un ragazzotto grassoccio che aspettava gli scatoloni che la signora preparava. La salutarono cordialmente e lei come se li conoscesse da tempo gli spiegò che era vedova da tanto, che quella era stata la sua prima casa, ma che i figli, ormai con una vita propria e lontani da quei luoghi, non volevano saperne. Bastò un'occhiata e nacque un sorriso, accadeva sempre così, con uno sguardo si leggevano l'anima. Dopo una decina di giorni firmavano il contratto per acquistarla. Indossarono delle vecchie camicie a quadroni e dei jeans stinti e ridiedero vita a quel luogo intriso di amore. Si imbarcarono in quell'avventura appena laureati e crearono dal nulla il loro futuro.*La casa sul lago ormai era abbandonata da tanto, per essere più vicini ai loro uffici avevano un appartamento in centro. Lì non ci andavano quasi più. Quando c'era stata la metamorfosi? Ripercorreva con la mente gli ultimi anni di vita insieme. Appuntamenti di lavoro, sopralluoghi di lavoro, cene di lavoro, viaggi di lavoro. Lavoro e solo lavoro. Orari impossibili e diversi, nonostante l'impresa edile fosse di entrambi. Due architetti, la mente e il braccio, lei si occupava dei progetti e dei clienti, Giorgio seguiva i cantieri e i fornitori. Una vita separata a metà. Manuela gli rimproverava di non essere più lo stesso, lui le rimporverava di non avere mai tempo per stare insieme. Quando avevano cominciato ad allontanarsi? Possibile che la distanza fosse così abissale? Perchè non avevano impedito l'accadere degli eventi? Le domande giravano vorticosamente nella sua mente, si sentì ubriaca e vinta e si addormentò."dieci anni, dovremmo essere insieme adesso"Si svegliò anchilosata e dolorante, aveva freddo e il fuoco si era spento. Il sole filtrava dalle finestre, illuminando e facendo scintillare il pulviscolo che era nell'aria. Regnava un'aria pesante che sapeva di chiuso. Manuela si tirò su di scatto e si avvicinò allo specchio. Rabbrividì guardando la sua immagine. Dov'era la ragazza coi riccioli ribelli e la faccia pulita? Aveva ancora indosso il suo tailler grigio, le scarpe coi tacchi e i capelli raccolti in uno chignon ormai disfatto. Il trucco si era sciolto e impietoso le era colato donando alla sua espressione un che di beffardo, il suo riflesso sembrava deriderla. Si diresse verso la camera da letto e infilò una tuta, spalancò le finestre e cominciò a pulire. Quando fu soddisfatta del risultato si spogliò ed entrò nella doccia lasciando che l'acqua bollente portasse via la stanchezza accumulata e lavasse via le lacrime che ancora incessanti venivano giù."dieci anni, un matrimonio, un pic-nic sui prati, una festa indimenticabile"Infilò i jeans stinti e un maglioncino, prese un libro e un plaid e si diresse verso il lago. Era una giornata magnifica, il sole splendeva in cielo e lei lasciò i suoi capelli, ricci e ribelli, liberi di asciugarsi al vento. C'era ancora quel masso enorme e piatto, proprio sulla riva. Ricordi e ancora ricordi accompagnavano ogni suo gesto. Mise il plaid sul masso e vi si stese sopra facendosi carezzare dalla brezza. Lasciò anche che il sole colorasse le sue guance. Ripensava ai viaggi fatti, ai rituali bizzarri che li accompagnavano, ogni volta che partivano portavano con sé un sassolino del lago, lo lasciavano nei luoghi che visitavano e ne riportavano indietro uno che, come gli altri, faceva bella mostra di sé nella ciotola di terracotta che ora non c'era più. Una lacrima le rigò il viso nello stesso istante in cui qualcosa le carezzò la mano. Schizzò seduta e si ritrovò a fissare quegli occhi che avevano rubato l'azzurro al cielo e la sua anima. Aveva il viso stanco e un girasole in mano. Manuela restò ferma e incredula, con la rabbia che ormai sfumava via come la nebbia che, mentre grava pesante, si dissolve lasciando l'aria chiara e limpida. Giorgio restò fermo a guardarla, la sua Manuela era tornata, la ragazzina coi riccioli ribelli e i jeans stinti era di fronte a lei, di nuovo. Con un gesto istinitvo le scostò un ricciolo che il vento le aveva fatto scivolare sul viso.Quanto amore può esserci in un gesto?Un gesto è come una sorgente, è da lì che nascono i fiumi."dieci anni, due anime e un'altra vita da vivere"Restarono in riva al lago a parlare finchè il temporale non li sorprese. Come due ragazzini correvano tenendosi per mano dirigendosi verso casa. La loro casa."dieci anni insieme, ancora e ancora"