Ofyp

Parole.


Quante volte butti un “Ti Amo” lì? Non una ripetizione, un gesto meccanico, anche se sentito, uno di quelli che ci vanno, che in quel momento ci stanno bene. Il primo. Quello sofferto, quello che dici dopo una meditazione di mesi, quello che senti sul serio. Io l’ho detto due volte. Al mio primo amore e all’ultimo. Forse ce n’è stato uno di mezzo, particolare, speciale, sentito ma inopportuno per spazio e tempo. Due volte, dicevo, diverse, per tipologia, modo, sentimenti e donna. Il primo, di stomaco, da adolescente, il secondo, di cuore, più maturo e, per questo, più vero. Tant’è che sono quattordici anni, ormai. Il primo “Ti Amo” è quello che stappa la bottiglia, quello che ti rende vulnerabile, quello che annuncia il passaggio di proprietà del cuore da “mio” a “tuo”, fondendo la vita in “nostra”. Quelli dopo, fantastici ma meno intensi, per definizione, preferisco dirli e viverli a gesti e non a parole. Perché, a volte, è la prima parola che conta, il resto è carta carbone. Se non completi con i comportamenti, sbiadisce.