My life

LA MIA VITA


Capitolo XVISolfeggio romanoFrequentavo ormai la terza media e nuovi esami mi aspettavano all’orizzonte. Oltre a quello della scuola stessa mi stavo preparando per la licenza di teoria e solfeggio e per il quinto anno di pianoforte. Per affrontare questi importanti traguardi musicali il mio insegnante di Grosseto, che non era diplomato in pianoforte ma in canto corale, mi consiglio’ di affidarmi a maestri piu’ esperti, maestri di conservatorio, e mi procuro’ il numero telefonico di Armando Badolato a cui aveva gia’ affidato altri allievi. Badolato era insegnante di teoria, solfeggio e armonia presso il conservatorio di Santa Cecilia e sua moglie insegnava pianoforte presso lo stesso istituto. Inizio’ un pellegrinaggio a cadenza quindicinale tra Grosseto e Roma che avveniva sempre di domenica, l’unico giorno della settimana in cui ero libero dagli impegni scolastici. Ogni volta partivamo tra le 8:30 e le 9 del mattino per arrivare a Roma intorno alle 11,30 (con sosta obbligata sull’autostrada tra Civitavecchia e Roma per controllare se le gomme erano calde) in vista delle due ore di lezione dalle 12 alle 14: la prima ora con il maestro, la seconda con la moglie, nella loro abitazione di Via Fabbretti tra Piazza Bologna e Via Ravenna.
La colonna sonora del viaggio era la radio. Per tutto il viaggio ci accompagnava “Gran Varieta’”, lo spettacolo condotto da Johnny Dorelli, il mitico programma della Rai che, completamente registrato, dava la sensazione della diretta con tanto di risate e applausi di un  pubblico… che non c’era!
Ricordo che la prima volta arrivammo in ritardo, perche’ mio padre, non conoscendo ancora la strada piu’ breve, allungo’ di diversi chilometri il percorso, entrando a Roma dalla Via Casilina e impazzendo in prossimita’ dei cantieri di costruzione della Tangenziale Est, che vidi poi completata circa un anno dopo al cinema nel film “Fantozzi” in cui c’e’ la famosa scena dove lo sfortunato ragioniere prende l’autobus al volo buttandosi dal balcone di casa proprio sulla tangenziale, ancora sgombra dal traffico. Nel traffico di Roma mio padre era tesissimo, esigeva la radio spenta e che nessuno fiatasse, altrimenti si sarebbe distratto, immaginava tamponamenti e scontri continui e diventava una belva quando le macchine che stavano dietro strombazzavano ancor prima che il semaforo diventasse verde. Arrivavamo a casa dei miei insegnanti con lui sudatissimo e visibilmente dimagrito. Il maestro Badolato era un tipo molto brillante, un vero artista, considerava il solfeggio una forma d’arte,  e mi stupi’ la facilita’ con cui leggeva gli spartiti capovolti: lui infatti faceva lezione seduto alla sua scrivania con me di fronte che avevo il libro di solfeggio girato dalla parte mia.
Ricordo che alla prima lezione mi riempi’ il quaderno di musica di appunti con una grafia tale che neppure un farmacista avrebbe potuto decifrarla. Ma ben presto mi abituai e mi trovai sempre piu’ a mio agio con il suo metodo. La moglie era invece piu’ tranquilla e seria e riusci’ a dare una svolta tecnica decisiva alla mia impostazione pianistica.  
Il viaggio di ritorno si svolgeva con ritmi piu' pacati, non avevamo orari da rispettare e, in alternativa alla Roma-Civitavecchia, percorrevamo l’Aurelia con sosta in campagna tra Aranova e Palidoro per consumare il pranzo al sacco, con gli aerei che ci volavano sopra bassissimi in avvicinamento alla pista di Fiumicino.
Colonna sonora del pranzo era il programma radiofonico “L’Altro Suono”, condotto da Anna Melato, che trattava di musica folk e che aveva per sigla “Alturas” degli Inti Illimani. 
L’ultima tappa del viaggio, prima del rientro a casa, era il porto di Civitavecchia a cui mio padre era rimasto molto attaccato emotivamente, visto l’innumerevole serie di volte in cui da piccolo vi era partito per la Sardegna, anche in tempo di guerra e spesso in situazioni veramente disagiate: sono ricordi che non si dimenticano.