Oro Sulfureo

Il primo capitolo del lamento dell'elfo!


Eccovi il primo capitolo. Se interessa a qualcuno me lo faccia sapere!Sono così tante ad incontrarsi nel cielo d’estate,corrono e volanooltre le nubi,brillano e splendononei nostri occhi che si cercano.             - Canto delle stelle della notte -L’amore umano è fuoco,arde e si spegne.L’amore elfico è stella,brilla e rimane eterno.- Poesia di Sephar Fards, poeta elfico -Tanto tempo fa, nel regno di Ferunnia viveva una fanciulla. Questa fanciulla era umana, eppure tutti dicevano che dovesse avere un lontano antenato elfico perché la sua bellezza era straordinaria e colpiva al cuore sia gli uomini che gli elfi, tanto che venne chiamata Kar’enna, che nella lingua sacra significa: Amata dagli dei. E che lo fosse nessuno lo metteva mai in dubbio. Era bella e intelligente e non c’era persona che non le volesse bene. La ragazza però non viveva così serenamente come avrebbe detto chiunque. La bambina infatti divenne un’adolescente e quando; come tutti gli uomini e le donne del creato, cominciò a volersi conoscere e vedere dal di fuori cominciò a sentirsi brutta e presa in giro. Ella infatti non si sentiva così bella, guardando le stupende sacerdotesse del tempio del sole infatti si sentiva sgraziata e brutta, e il sentirsi definire bella per lei divenne quasi un’offesa. In un primo momento questo non le impedì di provare amore, ma quando i ragazzi cominciarono a corteggiarla solo per potersene vantare coi compagni il suo spirito si rinchiuse in se stesso e offuscò le magnifica radiosità di Kar’enna. A quel tempo la ragazza non conosceva bene i riti religiosi e gli dei, dato che la sua famiglia, proveniente da terre lontane, non aveva mai seguito nessuna fede del luogo, e forse di nessun altro luogo. Una notte però, dopo essere stata presa in giro per l’ennesima volta da un ragazzo arrogante e borioso, corse a perdifiato verso i quartieri centrali della propria città, Aldarion. Corse fino a quando le gambe non le cedettero e lei si accoccolò, ormai stremata, ai piedi di una statua alta e dipinta di nero che rappresentava una figura incappucciata, impossibile da definire né nella razza né nel genere. Singhiozzante e tremante trasalì quando alcune figure simili alla statua sbucarono dal nulla e la trascinarono verso un muro che, come d’incanto, si aprì lasciandoli passare attraverso una fitta oscurità. Il gruppo sbucò in una grande sala illuminata da molte candele in cui stavano inginocchiate molte di quelle figure incappucciate, almeno un centinaio. Kar’enna era troppo spaventata per emettere alcun suono, eppure non si sentiva minacciate da quelle figure, ma era atterrita per la velocità con la quale tutto era successo. Solo quando si fermarono si rese conto che non l’avevano stretta o usato violenza, ma che anzi l’avevano spostata quasi come se fosse senza peso. Quando fu lasciata libera di muoversi poté guardarsi attorno con più attenzione. L’enorme sala era circolare, tutta di pietra, senza legno, se non per qualche scranno e altri sedili e poltrone sparse qua e là. Tutte le strutture puntavano al centro, verso un grande altare rialzato accerchiato da colonne alte almeno venticinque metri. Sopra le colonne e tutto il resto della sala vi era una volta oscura sulla quale sembrava esserci dipinto il cielo stellato. Al centro dell’altare stava una figura ammantata molto diversa dalle altre. La sua cappa scura era intarsiata di argento e madreperla chiarissima in complicati disegni tra i quali erano inseriti antichi simboli che Kar’enna, per quanto inconsapevolmente, riconobbe come elfici. “Sono Elfi”, pensò immediatamente, “ma diversi da tutti quelli che ho visto finora.”La figura al centro alzò un braccio bianco come la neve ricoperto di tatuaggi e bracciali e anelli, pronunciò una breve litania e poi si girò verso la nuova arrivata. Il cappuccio era calato tanto sul volto che lei non poté scorgerne il volto, ma solo la bocca e il mento, coperti degli stessi tatuaggi e pendenti del braccio.“Io sono Notte, sacerdote degli elfi della notte. Conosci la statua ai cui piedi ti sei rifugiata?”Kar’enna scosse la testa.“E’ la notte, di cui noi siamo seguaci. Tu ti sei rifugiata presso di lei, quindi noi ti daremo tutto ciò che potremo darti per esserti utile, ora sei una protetta della dea, e per sancire il nostro impegno di fronte a te non staremo velati, ma staremo come di fronte alla notte.”Non appena ebbe finito queste parole tutte le figure ammantate della sala lasciarono cadere i loro veli per lasciare scoperti corpi chiari come le stelle coperti di tatuaggi e pendenti e solo da pochi veli neri che coprivano parte del torso e il pube. Almeno un centinaio di elfi maschi e femmine stava ora ritto di fronte a lei, fissandola intensamente, ma senza alcuna aggressione o violenza, ma con rispetto e grande profondità. Quasi tutti avevano gli occhi neri o azzurri, ma alcuni avevano occhi di un viola che lei non aveva mai visto in un elfo, ma solo nel proprio riflesso. Da sempre tutti quelli che la conoscevano lodavano quel colore così chiaro e intenso, lo stesso viola che si trova solo in alcuni fiori rarissimi abbondava sulle sue iridi. Tra questi c’era anche il grande sacerdote che era molto più muscoloso e massiccio degli altri, tanto che lei si chiese se fosse davvero un elfo, ma le sue orecchie e i lineamenti del viso così affilati non lasciavano spazio ad alcun dubbio. Ad un nuovo gesto del sacerdote tutti gli elfi si adagiarono mollemente sugli scranni, sui cuscini e sui tappeti sparsi per tutta la sala nel più completo silenzio. “Sei la prima che non sia nata tra di noi elfi a vederci in questo modo, a dire il vero anche pochi elfi che non siamo qui presenti possono dire di averci visti come tu ci hai visto ora, ma tu sei doppiamente una protetta della notte, sei venuta da noi e porti il segno del suo volere su di te. I tuoi occhi ci dicono chi sei.”Per tutta la notte Kar’enna ascoltò la loro storia e il loro invito:“Noi siamo gli elfi della notte. Siamo elfi, ma non viviamo con gli altri nostri fratelli. Vedi, tanto tempo fa, quando voi ancora non eravate così tanti in questo mondo il popolo elfico era solo uno e senza alcuna distinzione pregavamo ad uno stesso altare e lo stesso spirito ci avvolgeva. Poi tutto cambiò. Come già saprai alcuni decisero di vivere nei boschi, altri nei mari, altri sulle cime dei monti, altri di fondare città aperte agli umani, altri di isolarsi in fortezze chiuse alle altre razze. Tre furono le città fondate per aprirci alla nascente civiltà umana: Aldarion, Seziuth e Laressan. L’ultima divenne il grande centro commerciale che conosci, Seziuth divenne la città del sapere per eccellenza. Scuole di magia e di guerra, elfiche e umane, biblioteche e musei, sapienti e discepoli tutti riuniti per la ricerca della sapienza ultima. Ad Aldarion infine si riunirono tutti i rappresentanti delle varie fedi, ai quali si aggiunsero gli umani. Adesso esiste una sola religione che ha inglobato in sé tutti i simboli e riti comuni, tranne i nostri. Tutti quelli tra cui hanno vissuto venerano le stesse cose: il sole, la luce, la ragione e l’ordine. Ma non ci sono solo spiriti simili al mondo e gli altri nostri fratelli sparsi per il mondo ancora lo sanno,ma i molti elfi di queste tre città sembrano averlo dimenticato. La ragione umana, così diversa dalla nostra li ha cambiati e portati a rifiutare la loro parte più ancestrale: L’emotività inconscia. Hanno dimenticato l’equilibrio, e seppure in fondo al loro cuore ci sia ancora essi lo hanno dimenticato. Alcuni di loro però ricordavano l’antico credo e specialmente quella parte oscura e impulsiva che gli altri stavano tralasciando in favore del nuovo spirito religioso comune. Quei loro divennero noi, decisero di dedicarsi alla riequilibratura dello spirito. Se per loro esisteva solo la luce e l’ordine per noi esistono anche il caos e la tenebra. Se per loro esiste solo l’amore per noi esiste il piacere, se loro cercano il controllo noi cerchiamo la frenesia. Se loro adorano mostrarsi noi ci nascondiamo ai loro occhi. Noi siamo il popolo della notte. Crediamo nel bene e nella pace, ma ricordiamo che il mondo non si poggia solo sulla luce, ma sull’equilibrio tra luce ed ombra, bene e male. Una volta all’anno ci uniamo ai sacerdoti solari per invocare il grande equilibrio e garantire un futuro a tutti i popoli. Solo i sacerdoti sanno di noi…i sacerdoti e i folli che possono vederci tra un raggio di sole e l’altro che ci aggiriamo invisibili, avvolti dalla nostra notte personale, che ci segue sempre. Loro cambiano sotto il sole, noi siamo uguali sotto la luce delle stelle. Noi mutiamo aspetto per mantenere l’essenza, loro mantengono l’aspetto mutando parti della propria essenza.”Kar’enna si sentiva stordita e avviluppata da quelle parole, come se, da qualche parte dentro di lei, stesse svegliandosi qualcuno.“Dentro di te c’è qualcosa di noi protetta della notte” continuò il sacerdote “Desideri tu conoscere le nostre usanze e conoscenze?”Molte teste si voltarono verso di lui come stupite e sorprese, alcune anche adirate.“Sento che ciò è giusto e negli interessi della madre notte fratelli.” Rispose Notte a quegli sguardi.A quel punto tutti gli occhi tornarono su Kar’enna, nessuno carico di domande o rabbia o qualunque altra emozione se non una grande profondità e un incredibile rispetto.“Costoro credono alle parole di Notte, col cuore, totalmente.”. Pensava Kar’enna capendo l’importanza del momento “Alcuni hanno rinunciato ad odiarmi o temermi nel momento stesso in cui lui ha parlato. . . . anch’io gli credo, non so perché ma credo in lui. ”.Da quel momento, nulla fu più come prima.