In quarant'anni me ne avevano dette di tutti i colori.
Chi mi ha definito infantile e ingenua come una bimba, chi mi ha trovato maliziosa e quasi demoniaca come una creatura degli inferi. Qualcuno che naturalmente mi ha apostrofato con epiteti non ripetibili. Altri che mi hanno riservato giudizi fortunatamente più lusinghieri.
Ma in generale gli uomini con cui ho avuto a che fare non sono mai brillati per grande originalità: i soliti commenti scontati su come ci si è comportati a letto (una volta mi sono anche vista recapitare una specie di pagellina con la specificazione delle voci e le... materie in cui avrei dovuto applicarmi di più - ma era parecchi anni fa, oggi ho raggiunto il massimo dei voti in ogni disciplina ;-) e cose del genere.
Nessuno si era mai avventurato in una definizione tanto ardita quanto azzeccata quanto quella che mi è stata sorprendentemente fornita in un tiepido sabato pomeriggio di maggio
PRODOTTO DI NICCHIA
Prodotto di nicchia. Ovvero per pochi. Pochi eletti, naturalmente...
Un genere di consumo raffinato, riservato ad un pubblico ristretto, ad acquirenti determinati, che sanno ciò che vogliono e sono disposti a sacrifici economici per averlo. Una merce che non fa cassetta, che non dà grandi utili, che non conosce la politica del grande consumo.
Ossessione un prodotto di nicchia? Un prodotto della fantasia forse.
Ma se mi quotassi in borsa comprereste le mie azioni?
Rischiereste puntando su di me con la prospettiva di poter godere poi di ricchi dividendi?