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21 agosto 2010: Overshoot Day


"Era una terra che, nel volgere di pochi anni, aveva cambiato colore. Il marroncino peloso dei kiwi aveva soppiantato il rosso sanguigno della barbabietola, l'arancione smorto del cavo il rosa-primavera del pesco (ventidue ettari spariti in dieci anni), i campi di grano duro o di biondo bruno colavano lungo gli argini dei fiumi a giugno, pronte a rapprendersi in marrone-fango ad agosto. Un paesaggio sbiadito a causa del global warming e degli hedge funds, dei capricci del clima e delle sale di contrattazione. Il pianeta scosso da una rivoluzione agraria, le tariffe impazzite, le colture omologate, i poveri impoveriti. Una pianura assetata (quasi il venti per cento in meno di precipitazioni in vent'anni), un futuro indocinese o brasiliano, un  Tropico universale. E tutto, o quasi tutto, deciso dal mercato. Terra di arachidi, oramai, la Pianura Padana: la nocciolina americana beveva poco, rendeva molto, sarebbe stata un boom. In attesa del sorgo da etanolo o della colza da biodisel. Un paesaggio irritabile, volubile, nervoso: ci si adattava in fretta, veloci, flessibili, si piantava quel che profittava subito, quel che valeva sui listini di borsa. Quasi sempre erbe, ortaggi, pianticelle, quasi mai piante ad alto fusto. Troppo lente. L'estensivo dei campi arati l'aveva vinta sull'intensivo dei frutteti. Addio alberi."Da "Il bambino che sognava la fine del mondo" di Antonio Scurati , Bompiani
A quali alberi avete dovuto dire addio? Io, ai ciliegi. Da bambina con la "banda" si andava doposcuola a rubare le deliziose goccioline rosse ai contadini. Ne sento ancora il sapore, in bocca, e le risa di quando si correva lontano per non farsi acchiappare, nelle orecchie. Sono poi questi ricordi che mi fanno rinunciare spesso, oggi, di comprarne al supermercato. Nel confronto, quei poveri amaroni spenti dentro le loro praticissime confezioni di plastica perdono sempre. Rivoglio quegli alberi e voglio essere di nuovo una ladra sorridente.