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I desideri nel sacco.


"Mentre aprivo i cassetti, le scatole e i bauli, mi era venuto in mente quando da bambini mia nonna diceva a me e ai miei cugini che quand'era piccola suo padre le aveva regalato un sacco magico, ma che non sapeva più dov'era andato a finire. Qualsiasi immagine o fotografia si mettesse nel sacco, il giorno dopo veniva restituita... vera. Per cui io e i miei cugini passavamo i giorni a cercare il sacco e a ritagliare dai giornali le cose che desideravamo. Anche se magari erano più grandi del sacco. Una volta mio cugino aveva chiesto a mia nonna se il sacco avrebbe potuto far comparire un carro armato. Avevamo una cartelletta piena di ritagli di giornali. biciclette, astronavi, locomotive, cavalli. Una volta ho ritagliato un bambino piccolo perché volevo un fratellino. Mentre rovistavo tra le cose della nonna avevo immaginato di trovarlo, e mi sono chiesto cosa avrei voluto. Non desideravo niente di materiale. Non la macchina nuova, o dei soldi, o una casa. Se avessi potuto scegliere una cosa solamente, o addirittura tre, come la lampada di Aladino, avrei desiderato altro: momenti, situazioni, attimi. Quel giorno, a casa di mia nonna, ho scoperto invece che avrei voluto riavere le cose che avevo perso. Ho iniziato a pensare che avrei desiderato le domeniche con mio padre, e le volte che mi prendeva in  braccio. Rivivere quel pomeriggio con Laura, la nostra prima volta. I grattini sulla testa che mi faceva la nonna, le sue lasagne e il suono della sua voce. Sarei voluto tornare al giorno che avevo rotto la macchinina di Andrea per non farlo più. Le mattine sul tram con il mistero di Michela. Il mio cane che non c'era più e che mi mancava come fosse una persona."Brano tratto da "Il giorno in più" di Fabio Volo - Edito da Mondadori
Leggendolo mi sono commossa come una bambina, appunto, e ho pensato ai momenti che avrei voluto mi fossero restituiti...... Quella volta che nonno Gigetto, per consolare il mio pianto, mi aggiustò il servizio di tazzine in porcellana della bambola che avevo fatto cadere o quando mi face suonare i piatti della banda musicale, di cui faceva parte, sbattendo fra di loro i coperchi delle pentole. Purtroppo, sarebbe morto di lì a poco. Quando, a nove anni, salutai disperata un bambino di nome Mirko, con cui avevo condiviso un soggiorno estivo, dimenticandomi di chiedergli  l'indirizzo. So solo che era di una città vicino alla mia e da allora spesso mi capita di pensare che cosa abbia fatto nella sua vita. Oppure, i pomeriggi trascorsi al cinema, era per noi davvero "Il tempo delle mele", o a "fare le vasche" lungo il corso con le "amiche del cuore", poi, perse definitivamente di vista...... pur sapendo che gli anni non aspettano.