ELEONORA

io sono una baccante


Che sia il Dioniso dei Greci o il Bacco (o Libero) dei Romani, questa divinità che per entrambe le civiltà ha avuto una grandissima importanza, oggi la immaginiamo solo nella sua immagine stereotipata di un essere panciuto, con il naso rosso e le zampe di capro, e con il capo cinto di grappoli d'uva mentre sorseggia vino da una coppa ridendo, folleggiando e cantando a squarciagola. Ma quest'immaginario che ci deriva dai fumetti, dai libri illustrati e dai cartoni animati (basti pensare a Fantasia di Disney) è solo recente. La leggenda di DionisoFiglio di Zeus e di Semele, Dioniso è stato spesso definito dai poeti dell'antichità Bimadre e Binato, perché la leggenda ci tramanda che Zeus lo trasse dal grembo della madre arsa viva e se lo tenne per due mesi cucito nella coscia al fine di terminare il corso della gravidanza. Quindi Zeus consegnò il neonato ad Ermes che, portatolo nell'antro di Nisa, lo fece allevare dalla zia materna Ino e dalle Ninfe del luogo. I suoi primi maestri furono Sileno e le Muse: il bambino crebbe così in un clima di allegria e di festosa giocondità e, divenuto adulto, fu il nume rallegratore dei cuori e di ogni gaia brigata. Con una schiera di Baccanti e di Satiri percorse la Grecia e giunse in Asia: durante queste lunghe peregrinazioni insegnò agli uomini la coltivazione della vite e l'uso dell'aratro e del miele. Fu lo stesso Zeus a regalare a Dioniso il segreto del vino, che era ritenuto uno dei quattro fluidi essenziali per la vita, insieme all'acqua, al sangue e al seme. In suo onore, ovunque fosse presente il suo culto venne data vita a feste grandiose, chiamate Dionisiache. Queste comprendevano un ciclo annuale di quattro festeggiamenti che man mano negli anni persero il loro carattere legato alla vita rurale e alla terra per diventare veri e propri momenti di liberazione. Una liberazione dove la mente e il corpo potevano esprimersi in ogni forma. Dalla Magna Grecia a Roma, le Dionisiache si trasformarono in Baccanali, il cui svolgimento avveniva ogni tre anni, per tre giorni, di notte e nei boschi o sui monti.Chi erano le BaccantiLaddove però queste feste furono nei secoli concepite dalla mentalità maschile dei momenti licenziosi e orgiastici dove era permesso fare tutto e il contrario di tutto, il mondo femminile trovò una propria via per festeggiare degnamente il dio della fertilità, del piacere e della salute. Le Baccanti, coloro che erano dedite al culto di Bacco, infatti, conferirono a questo rito un significato che andava oltre il momento di sfrenatezza. Esse, con le loro danze, la loro ebbrezza, la musica assordante portata al parossismo, non cercavano il piacere immanente ma la trascendenza dello spirito e il suo anelito all'infinito; il piacere sessuale non era altro che la manifestazione dell'esistenza degli dei dell'Olimpo; la loro fecondazione rivelava a tutti il significato immortale della parola madre; la loro spossatezza, infine, sottolineava che ogni conoscenza dopo la morte non è possibile, che ogni tentativo di speculazione è inutile e forse sacrilego. E Bacco veniva invocato da queste creature affinché concedesse loro la sua protezione; donne custodi del mistero della concezione e sacerdotesse di quegli eterni interrogativi dell'umanità, che seppero dare con slancio e spontaneità, voce e corpo alla gioia della vita.