Creato da patacri il 10/01/2010

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Deja-vu. By Pataluc.

Post n°12 pubblicato il 05 Marzo 2010 da nanilei

A quanti e' capitato di avere la sensazione di vivere una cosa gia'
vissuta? Credo a tutti. E' una sensazione anche sconvolgente. Come un film
visto mille volte, ti sembra di anticipare le battute, le azioni, hai quasi
la consapevolezza di sapere come va a finire. La cosa pero' a pensarci bene
non suscita ilarita'. Non e' come ad esempio in Frankestein Jr quando gia'
pregusti la scena "abnorme?" o "lupu ulula castello ululi'". Non fa ridere,
affatto. Vivi una sensazione che in alcuni casi ha un effeto di pura
trascendenza, di immortalita'. E' come se rivivessi la tua vita, quella che
ti sembra trascorsa. Mi trovo molto spesso a pensare al tema della
reversibilita', a quella potenziale capacita' di ritornare sui fatti,
modificarli renderli migliori. Capire dalle esperienze vissute cose sia
meglio, più' giusto fare e poi poter modificare la storia di quel fatto, la
tua storia. Ci penso e ultimamente in continuazione. Ed e' un fatto strano,
molto complesso francamente poco generoso nei confronti di se' stessi,
perche' e' come non voler ammettere la possibilita' dell'errore. Ritornare
indietro e per esperienza, per dato empirico riformulare la pozione della
vita. E si sa che si da' al nome di "esperienza" il nome dei "propri
errori". Modificare la storia dei fatti per rendere migliore la storia. Un
po' come nel film "una cena quasi perfetta". Un bel gruppo di buontemponi
invitava a cena gente di dubbio valore, moralmente discutibili (dal prete
omofobo, al neonazista) per poi avvelenarlo e rendere il mondo un po' più'
pulito e sulla loro tomba far crescere le piante di pomodori. Era un'azione
etica a loro modo di vedere. Ora patafisicamente parlando dico: "ma anche
no", anche se penso che in certi casi la televisione' la WI e FB farebbe un
gran bene se tenesse lontano dalla copula certe persone inconsapevoli di
generare dei mostri. Ma io non ho la pretesa di modificare la realta' dei
fatti del mondo, mi piacerebbe poter mettere "a punto" qualcosa della mia.
E qui scatta un concetto di assoluta durezza con se' stessi. A mente
fredda, totalmente ingiusta, ma non posso negare che il pensiero di avere
potenzialita' inespresse, tante strade parallele da seguire che
porterebbero chissa' dove e' il lato uscuro e eccitante del game. Ed e'
questo il senso del mistero. Chiedersi: "ma se al bivio avessi girato a dx
invece che a sx" come sarebbe andata a finire? Ma il deja-vu ripropone
sempre la stessa storia, non fornisce mai soluzioni diverse. Semplicemente
e come un rewind del nastro, ma poi senti sempre la stessa cosa; magari
riesci a cogliere delle sfumature ma alla fine la storia e' la stessa. Non
fornisce l'opportunita' di disegnare una scenneggiatura diversa. No. E
allora, alla fine, il deja-vu diventa consolatorio.
E' come se confermasse che quello che hai fatto e' la TUA storia,
inevitabile ed ineluttabile. Ed e' giusto cosi'. Forse e' anche blasfemo
pensare diversamente. Se c'e' senso del mistero non si deve cogliere
fisicamente, ma solo metafisicamente parlando.
Ho passato l'ultimo anno della mia vita chiedendomi troppe volte "se", ma
mai ho fatto una cosa sull'onda del farla solo per me stesso. Mai. Bisogna
avere forza. Una forza che si ha o non si ha, ma se applichi
inconsapevolmente e con rigore la 7a legge del Bushido non e' possibile, e'
contro natura, tanto vale conviverci. E se poi dovesse capitare allora ben
venga, sara' un bellissimo punto di non derivabilita' che pero' e' anche un
punto di continuita' della propria vita. Una bella cuspide dove il limite
della f'(x) e' diverso a sx e dx di x0, ma la f(x) in quel punto e'
continua. Un'eccezione. Una bellissima eccezione che forse ogni tanto
bisognerebbe vivere in una vita monoto'na (non monotona)

 
 
 

Il senso del tempo. By Pataluc.

Post n°11 pubblicato il 03 Marzo 2010 da nanilei

Proust?
Ma va la'...
Su questo si e' gia' detto molto. Il senso del tempo perduto: la
malinconia, il non potersi guardare indietro, vivere di deja-vu, il
susseguirsi delle cose.
I rituali. Simboli e gesti che si ripetono secondo uno schema. Il tutto
regolato da sequenze che definiscono il tempo.
Ma oggi il senso del tempo e' anche alzarsi dalla sedia dell'ufficio e
capire che un quarto d'ora non e' sufficiente per depositare le liste
elettorali e quel quarto d'ora, per chi vive il momento, vorresti dilatarlo
a un'ora o semplicemente a quello che basta. E cosi il tempo assume un
significato ilare, di scherno, e tramuta un rituale, quello di depositare
un nome di lista e dei candidati, in qualcosa che dire comico e surreale e'
poco! Ma ancor più' surreale e' l'effetto: gente che urla al complotto,
alla pajata, al pericolo per la democrazia, chiede al garante dell'unita'
nazionale, il Presidente della Repubblica di intervenire con forza a
garanzia della pluralita', senza rendersi conto che e' proprio a lui che
ride per primo il buco del culo! Perche' la situazione e' cosi ridicola che
non si puo' che buttarla nella trivialita' di un Paese dove la classe
dirigente politica e' cosi inetta, incapace di esprimere professionalita'
proprio perche' antepone alla preparazione e al sacrificio, le poltrone per
opportunita' di rappresentanza e lobby. Quest'ultima ben lontana per chi
scrive da risultare una cosa necessariamente negativa. La dichiarazione
degli interessi e' fatto di per se' giusto, perche' consente la dialettica
trasparente tra le parti ma se rivolta all'interesse pubblico, ovvero alla
cosidetta "pubblica utilita'". E qui partirebbe anche il ragionamento se
per "pubblica utilita" si associ il concetto "per tutti" nel senso di "a
favore di tutti, per il bene di tutti". Su questo ho i miei personali
dubbi. E' come dichiarare "Prada per tutti o Hermes per tutti", ma se lo
fosse, il valore elitario ne verrebbe meno. E quindi perche' siamo arrivati
qui?
Perche' il non arrivare in tempo a presentare delle liste equivale, a mio
modo di vedere, a chi non fa il lavoro per cui e' pagato, chi e'
fannullone, gioca sulla dispersione della responsabilita' per non essere
responsabile di nulla semplicemente perche' qualcuno certamente fara' la
sua parte. Il valore dell'individuo abbassato, mediato al livello
inferiore. Valore meritocratico rasente allo zero.
Pertanto, il PdL dovrebbe essere concentrato a espellere il pirla piuttosto
che chiedere la leggina per salvarsi dal pasticcio, urlare al pericolo
democratico etc. Fare con rigore una cosa semplice: mandare a casa questo
signore che pregustava la Paiata o l'abbacchio. La responsabilita' passa
anche dall'azione di dare segnali forti, ampiamente condivisi, perche' la
"pubblica utilita" e' rappresentata dalla "utilita' personale" di non
sentirsi defraudati anche del diritto di votare per il nano a Roma e di
indossare consapevolpente le scarpe di Prada che per fortuna non sono per
tutti.

Detto cio' rido e mi compiaccio di questa bellissima figura di merda!
Bellissima! E spero non sia l'ultima

 
 
 

Le domande e opzioni di risposta...By Pataluc

Post n°10 pubblicato il 13 Febbraio 2010 da patacri

Farsi domande non è certo un problema. Tipo di chi ama farsi "seghe mentali", ma è uscire con le risposte che è un casino.
Vediamo se la Patafisica può darci un aiuto.

Risposta?
multipla?
del tipo 1 x 2
perchè siamo tormentati dai dubbi, ma molto spesso ci trinceriamo dietro il concetto della condivisione. Tema molto tipico di una certa cultura manageriale per la quale se la risposta è condivisa allora la stessa è più vera, come se avesse un crescita del valore in funzione direttamente proporzionale al consenso. E così ti trovi di fronte a situazioni che definire surreali è poco. Ci si riferisce a un capo non tanto per comunicargli la tua decisione (manager = gestore delle decisioni), ma perchè lui ti dica, magari su un tema di cui non ha competenza, che va bene. Come se Vissani chiedesse al sottoscritto come deve mantecare il risotto...è però condivisa e se la risposta è una "boiata" imperiale, poco male.E' un approccio quanto meno curioso per il quale il valore del "governo tecnico" cede a favore del "governo politico", il che va bene solo a una condizione: che "sia il popolo" a tramutare le leggi in azioni. Generalmente tale tipo di condivisione ha un elemento che non ruota a favore: il tempo. Richiede grande sforzo, capacità di mediazione, una certa attitudine a rimestare la stessa minestra più volte, con il rischio che la minestra si attacchi e poi non sia più digeribile. Decisamente rischioso ai tempi che corrono dove la realtà si modifica velocemente e la risposta che oggi dai non ha normalmente vita lunga, perchè devi cambiare strategia. La condivisione quindi non allarga la conoscenza, non è sinonimo di raccolta di maggiori dati, più significativi, più arguti, o sinonimo di analisi più approfondite. La condivisione è solo una ripartizione generale del rischio associata a una decisione e può generare mediocrità abbassando i valori individuali. Va molto bene per i sistemi chiusi generalmente molto conservativi, dove l'effetto del di una risposta invece più diretta e generata per solo effetto gerarchico può destabilizzare equilibri interni, quando questi sono talvolta retti anche dall'inefficienza o non competenza. Utilizzando una parafrasi ingegneristica è quando si dice che anche la ruggine ha una sua forza "collante". Sembra un paradosso ma è così. E' un approccio quello della "condivisione" molto importante anche per l'assunzione del potere in qualunque comunità e garantendo e sancendo anche la legittimità della posizione. Basta vedere il caso Italia. La presenza del nano al governo è garantita dalla struttura democratica per la quale la maggioranza definisce il consenso, a prescindere dall'equità o meno delle risposte date e del riferirsi al "pro domo sua". C'è l'idea che se una proposta è sostenuta dal consenso popolare è di principio buona. Ma le risposte sono determinate in primo luogo dai dati a disposizione, dalla conoscenza e la conoscenza e l'interpretazione non è alla portata di tutti. E su questo ho un'idea precisa: meno male! Perchè la capacità di interpretare e fornire soluzioni è funzione solo di una cosa: la preparazione, e la preparazione è fatica, è studio. Peccato che troppo spesso si pensi che per "condurre" sia sufficiente essere attorniati da persone che la sappiano più di te...ma ossignur, qualcosa devi pure sapere, perchè se chi ti dà la risposta è colui che si fa la domanda allora, minimo è Marzullo, oppure c'è un conflitto di interessi! e se vai sempre e solo all'esterno a trovare le risposte, il tuo know how non lo fai crescere, te ne spogli, diventi sempre più dipendente dagli altri, e quindi più debole...ecco dove porta la condivisione, a generare un sistema per il quale si perde conoscenza solo perchè si pensa che "allagare la base" produca più superficie di appoggio...!

Patafisicamente mi piacciono di più le risposte molteplici, perchè generalmente sono reversibili. Ti consentono di costruire una strategia, abbandonarla per un'altra senza aver generato un errore grossolano di valutazione, invece normale se si tende a concentrarsi sull'approccio politico e non di technicality pura. Sono ingegnere è amo la matematica. 1 + 0 fa 1 non fa 2, anche se si possono contemporaneamente mangiare uovo oggi e una gallina domani! La competenza non deve fare paura, e la conoscenza ancora meno. Preferisco schemi di pensiero e "partecipazione" dove i cassetti siano sempre aperti in forma "in and out", nel dare e nel ricevere forme di approccio diverse (risposte) agli stessi problemi, perchè le risposte sono certamente sostenute da percorsi diversi, in funzione dall'ambiente e dalle circostanze. Ma ci deve essere il modo, sempre di rispondere a un errore. Ti fai la domanda, ti dai la strategia e pensi: " e se andasse male"? e se andasse male avere una soluzione alternativa (il recovery plan) che ti consenta metaforicamente parlando di arrivare alla fine del mese...(sarà quello di capire da subito ciò a cui puoi rinunciare, ovvero l'uovo o la gallina)

E allora è meglio la democrazia a larga base maggiormente rassicurante o la democrazia a partito unico?

Personalmente se la democrazia è condivisione verso uno stupido, di uno privo di conoscenza, preferisco la democrazia rappresentata da un organo forte che decida per me. Francamente sono contrario ai referendum come strumento legislativo, o di supporto alla decisioni. Preferisco il sistema oligarchico costituito dai sapienti, da chi sa, non da chi gioca a sapere e pensa di sapere solo per stellette che porta sul bavero della giacca. Mi fiderei di più di un ingegnere messo ai lavori pubblici che di Vissani, anche se costui potrebbe anche avere il buon senso di non far passare una galleria nel tufo...(ma forse lo confonderebbe con il tartufo anche se quest'ultimo lo userebbe giustamente con l'uovo che ha deciso di mangiare oggi e che farebbe al tegamino magari accompagnandolo con un bel Riesling renano)

e quindi io sosterrò sempre quelle organizzazioni dove la risposta è sostenuta dalla conoscenza e dalla cultura, perchè se le cose si mettessero male forse avrei la possibilità che gli stessi riconoscano l'errore e trovino una soluzione alternativa...il famoso recovery plan.

E lo diceva anche Sun Tzu nell'Arte della Guerra che le strategie non si devono mai esplicitare troppo altrimenti il tuo nemico ti anticipa. Ma devi essere un capitano più che un guerriero, un samurai più che un ninja. Saper condurre tu per il bene di tutti, assumendoti, per privilegio della tua conoscenza, il fardello della decisione.

 
 
 

La patafisica e l'arte dell'amicizia. By Pataluc.

Post n°9 pubblicato il 31 Gennaio 2010 da patacri

Se la patafisica non ha un'opinione ancora meno ce l'ha nell'amicizia. Non
esprime verità, dogmi, non fornisce sicurezze, non ti dice cosa dovrebbe
essere, ancor meno cosa debba essere o cosa sia. Ma se la patafisica è l'arte
di cogliere le eccezioni e trasformarle in regole, certamente è una disciplina
che aiuta a indirizzare la vista verso prospettive diverse, ti stimola a
disegnare punti punti di vista diversi, a trovare soluzioni ai problemi, senza
essere necessariamente licenziosi verso le ridondanze, le complessità. La
patafisica nell'amicizia può essere pragmatica e dico "ma anche si". Di per sè
non avrebbe alcun potere magico, non è esoterica, non ha formule e riti se non
un HA d'ingresso per gli adepti che ne vengono a far parte solo pronunciandolo.
Nulla di tutto questo. La patafisica nell'amicizia non ha alcun potere
seduttivo, se non si ha almeno un minimo di attitudine "all'ascolto". Ma chi sa
ascoltare, sa elaborare pensieri propri, non cerca di accondiscendere, sa anche
far soffrire con la propria schiettezza ,ma allo stesso tempo ha l'eleganza di
saper attutire "ovattare" il dolore magari di una verità scomoda, sa
interpretarla fornendo la "prospettiva diversa", quella che l'interessato non
sa percepire, allora si che la Patafisica ha un potere straordinario. Conduce
al vero valore dell'amicizia: la condivisione. Perchè allora si condivide
tutto, o forse quasi tutto: i dolori, ma senza portarne il peso, perchè come
dice Omero "il lavoro è meno duro per gli uomini quando essi ne dividono la
fatica", ma sopratutto le gioie. E allora una frase giusta, intelligente, ben
espressa, può aprire un'opportunità nuova, sollevare il proprio cuore e animo.
E se il pensiero non è gravato dal giudizio può diventare liberatorio. E'
davvero così, anche se un patafisico non dovrebbe dirlo e esprimere con questo
grado di assoluta sicurezza un concetto. Così come una condivisiione, non passa
solo dai problemi, ma dal condividere le gioie, un amore che si sta ritrovando
o un amore che sta sbocciando.

Basta ricondurre tutto secondo la giusta prospettiva, che non può mai essere
però anarchica, altrimenti diventa troppo comoda. Non a caso la prospettiva,
geometricamente ha un punto di fuga, che a differenza del nome, semanticamente
rappresenta il centro su cui indirizzare la vista. E le linee che la
costruiscono sono essattamente coerenti con quel punto, che è l'unico elemento
che può modificarsi, ma verso il quale le linee prospettiche tendono, si
indirizzano. Così deve essere poi la soluzione del problema: coerente. I
maestri della comunicazione ci insegnano ( e ringrazio una certa Silvia che me
lo ha insegnato, una filosofa imprestata al mondo della consulenza strategica)
che quando si presentano dei dati dopo averli collezionati (gathering data) si
devono esprimere secondo uno schema  "piramidale" che garantisca la risposta a
domande o solo "so what" o solo "so how", mai mischiarle. Fini o strumenti. La
coerenza della vision su tutto, ma può cambiare la vision e allora la strategia
del nostro pensiero e azione. Non è tutto ciò patafisica? si che lo è e come.

Tutte le grandi cose, i grandi passi, non si fanno da soli. Molti pensano di
essere sufficienti a sè stessi, di aver la forza di affrontare il presente e
sfidare il futuro, pensando di essere unici attori e artefici del proprio
destino. Dio che tristezza!...tristezza sì, come è possibile pensare che
l'ambiente non ci condizioni? e cosa è l'ambiente? L'ambiente è un accidente
molto più fisico che metafisico, è costituito fondamentalmente dalle persone
nelle quali ci imbattiamo nella vita anche per caso.
Io, personalmente, ritengo questi eventi un dono di Dio. Non sono mai stato
certo della sua capacità consolatrice, ma sono convinto che un Dio ci sia se mi
dà la fortuna di imbattermi, scontrarmi e capocciarmi con certe persone.
Capisci quasi subito se c'è una forma di interesse reciproco, se c'è forza
insita all'interno di quel rapporto da segnali inequivocabili. La sintonia dei
pensieri (non necessariamente sentire le cose nello stesso modo, questa è
affinità elettiva che è ancora una cosa diversa che amplifica il sentimento e
lo rende UNICO), ma anche una certa sensibilità che si esprime nello "star
male" "sentirsi coinvolti" al primo litigio o scambio di opinioni. Al non
dormire, se si ha litigato. Ma ancor più "a voler chiarire", non con lo spirito
solo del "far la pace" ma di non lasciare pensieri vagare liberi
all'interpretazione magari sbagliata. C'è interesse in tutto questo? Si che ce
n'è eccome!! e perchè mai non dovrebbe averne? Come si può non avere interesse
se questo aiuta a migliorarsi, o semplicemente a ritrovarsi come uomo, donna,
recuperando un pò di amor proprio, amore per sè stessi e per il proprio star
bene? Questa non è amicizia consolatoria, è amicizia e basta. Condivide senza
appropriarsi dei problemi altrui, portandone magari un pò il peso per
allegerire la gerla, aiutando il cammino. No non c'è niente di male in tutto
questo, anzi. Non bisogna solo sostituirsi o avere la pretesa di vivere la vita
di qualcun altro, le cui regole, anche quelle delle eccezioni, non puoi esserle
tu a darle. Ognuno vive come può. Non c'è bilancia, non c'è peso. C'è solo una
linea reciproca di riconoscimento: esserci e possibilmente esserci sempre.
Allora anche quei problemi, le cui soluzioni ci sembrano irraggiungibili nel
mondo reale, si possono trovare nel mondo immaginario, quello che qualcuno ci
aiuta a riconoscerle, che magari erano lì ma non sapevamo apprezzarle. Basta
trovare la prospettiva e guardare verso quel punto.

 
 
 

una Base per l'Altezza

Post n°8 pubblicato il 22 Gennaio 2010 da aldofk

Ecco un nuovo appuntamento con le fondamenta della 'patafisica, che, ci tengo a precisare, si scrive con un apostrofo davanti. DPDVPELS, obietterete: certo, però così è corretto e senza apostrofo no. Io mi chiamo Aldo, non Adolfo; anche se DPDVPELS, preferisco il mio nome.

Definizione della 'patafisica:

La 'patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità.

La 'patafisica è la contrazione di epi-(ciò che si aggiunge)-meta-(ciò che sta al di là)-fisica.

Oltre la fisica c'è la metafisica; in aggiunta alla metafisica, c'è l'epimetafisica o 'patafisica.

Per oggi basta così.

 
 
 

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