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Un blog creato da BLACK_FENIX il 26/01/2007

Ali di Fuoco

C'è ancora vita e fuoco da un mucchietto di cenere

 
 

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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 23 Febbraio 2007 da BLACK_FENIX
 

Gli antichi egizi furono i primi a parlare del Bennu, che poi nelle leggende greche divenne la Fenice. Uccello sacro favoloso, aveva l'aspetto di un'aquila reale
e il piumaggio dal colore splendido, il collo color d'oro, rosse le
piume del corpo e azzurra la coda con penne rosee, ali in parte d'oro e
in parte di porpora, un lungo becco affusolato, lunghe zampe e due
lunghe piume — una rosa e una azzurra — che le scivolano morbidamente
giù dal capo (o erette sulla sommità del capo). In Egitto era solitamente raffigurata incoronata con l'Atef o con l'emblema del disco solare.

Associazione con animali reali

Molti storici si domandano se sia esistita la fenice, facendo
riferimento alle opere dei poeti romani, considerandola nulla di più di
un prodotto della fantasia dei seguaci del Dio-Sole.
Alcuni, tuttavia, credono che il mito possa essere basato
sull'esistenza di un vero uccello che viveva nella regione allora
governata dagli Assiri.


Gli antichi la identificavano col fagiano dorato, tanto che un imperatore romano si vantò di averne catturato uno.


Nella Bibbia, con l'ibis o col pavone; altri, con l'airone
rosato o l'airone cinereo (arda cinerea) — basandosi sull'abitudine
degli antichi egizi di festeggiare il ritorno del primo airone cinereo
sopra il salice sacro di Heliopolis, considerato evento di buon auspicio, di gioia e di speranza.


Il volatile più idoneo a rappresentarla è la Garzetta:
una specie di uccello affine all'airone, di cui numerosi esemplari
vennero sterminati solo poiché i loro ciuffi costituivano le "aigrettes" usate per confezionare i pennacchi coi quali si adornavano le dive. Come l'airone
che spiccava il volo sembrava mimare il sorgere del sole dall'acqua, la
Fenice venne associata col sole e rappresentava il BA ("l'anima") del
dio del sole Ra
, di cui era l'emblema — tanto che nel tardo periodo il geroglifico del
Bennu veniva impiegato per rappresentare direttamente Ra.


Quale simbolo del sole che sorge e tramonta, la Fenice presiedeva al
giubileo regale. Ed essendo colei che ri-sorge per prima, venne
associata al pianeta Venere — che appunto veniva chiamato "la stella della nave del Bennu-Asar", e menzionata quale Stella del Mattino nell'invocazione:


«Io sono il Bennu, l'anima di Ra, la guida degli Dei nel Duat
[l'oltretomba]. Che mi sia concesso entrare come un falco, ch'io possa
procedere come il Bennu, la Stella del Mattino.»


E come l'airone, che s'ergeva solitario sulla sommità delle piccole
isole di roccia che sbucavano dall'acqua dopo la periodica inondazione
del Nilo che ogni anno fecondava la terra col suo limo, il ritorno
della Fenice annunciava un nuovo periodo di ricchezza e fertilità. Non
a caso era considerata la manifestazione dell'Osiride
risorto, e veniva spesso raffigurata appollaiata sul Salice, albero
sacro ad Osiride. Per questa stessa ragione venne riconosciuta quale
personificazione della forza vitale, e — come narra il mito della
creazione — fu la prima forma di vita ad apparire sulla collina
primordiale che all'origine dei tempi sorse dal caos acquatico.


Si dice infatti che il Bennu abbia creato sé stesso dal fuoco che ardeva sulla sommità del sacro salice di Heliopolis.
Proprio come il sole, che è sempre lo stesso e risorge solo dopo che il
sole "precedente" è tramontato, di Fenice ne esisteva sempre un unico
esemplare per volta.


Da qui l'appellativo "semper eadem": sempre la medesima. Al giorno
d'oggi sopravvive il modo di dire "essere una fenice", ossia qualcosa
di cui non si conosce l'uguale, introvabile, un esemplare unico. era
sempre un maschio, e viveva in prossimità di una sorgente d'acqua
fresca all'interno di una piccola oasi nel deserto d'Arabia, un luogo
appartato, nascosto ed introvabile — citando il ben noto adagio di Metastasio ("Demetrio", atto II, scena III):


«Come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa».


Ogni mattina all'alba faceva il bagno nell'acqua e cantava una
canzone così meravigliosa che il dio del sole arrestava la sua barca (o
il suo carro, nella mitologia greca) per ascoltarla.


Talvolta visitava Heliopolis (la città del sole, di cui era
l'uccello sacro), e si posava sulla pietra ben-ben: l'obelisco
all'interno del santuario della città (nota originariamente col nome di
"Innu", che significa "la città dell'obelisco", da cui il nome biblico
On).



 La morte e resurrezione
dopo aver vissuto per 500 anni (secondo altri 540, 900, 1000, 1461 / 1468, o addirittura 12954 / 12994), la Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma.

Qui accatastava ramoscelli di mirto, incenso, sandalo, legno di
cedro, cannella, spigonardo, mirra e le più pregiate piante balsamiche,
con le quali intrecciava un nido a forma di uovo — grande quanto era in
grado di trasportarlo (cosa che stabiliva per prove ed errori). Infine
vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l'incendiassero, e si
lasciava consumare dalle sue stesse fiamme mentre cantava una canzone
di rara bellezza.


Per via della cannella e della mirra che bruciano, la morte di una
fenice è spesso accompagnata da un gradevole profumo. Dal cumulo di
cenere emergeva poi una piccola larva (o un uovo), che i raggi solari
facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice
nell'arco di tre giorni (Plinio semplifica dicendo "entro la fine del
giorno"), dopodiché la nuova Fenice, giovane e potente, volava ad
Heliopolis e si posava sopra l'albero sacro,


«cantando così divinamente da incantare lo stesso Ra»


- peraltro si dice anche che dalla gola della Fenice giunse il
soffio della vita (il Suono divino, la Musica) che animò il dio Shu.


Ma nella antica tradizione riportata da Erodoto, la fenice risorge
ogni 500 anni, come riportato da Cheremone, filosofo stoico iniziato ai
misteri egizi che parla di un <periodo solstiziale>, da Orapollo
che diresse la scuola egizia al tempo di Zenone, da Eliano di Preneste;
la rinascita della fenice cela per tutti questi autori un periodo
astronomico connesso alla resurrezione di Osiride. Già nel Capitolo 125
del Libro dei Morti, Osiride afferma di rinascere come fenice nella
città di On (Heliopolis) sede di miti cosmologici, contestualmente
infatti, Capitolo 17 del Libro dei Morti, Osiride si identifica con il
Duplice Leone nei nomi di Ieri e Domani, ovvero Osiride e Ra, simbolo
esoterico preposto alle rinascite dei cicli solari. Orapollo palesa
senza veli che la fenice è una delle manifestazioni del sole <dai
molti occhi> come interpretato da Sbordone che riporta una grafia
tarda del nome di Osiride costituita da un occhio e uno scettro. Da qui
l'occhio della fenice inteso come l'illuminazione consapevole di
Osiride che rinascendo incarna <il rinnovamento ciclico degli
astri> sempre secondo Orapollo, intrinseco alla fiamma del
<periodo solstiziale> della fenice riportato in un frammento di
Cheremone...


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