PICCOLO INFINITO
"NOI STESSI SIAMO L'INFINITAMENTE PICCOLO E L'INFINITAMENTE GRANDE E LA VITA CHE LI UNISCE(GIBRAN)Vorrei parlare di tutto ciò che mi piace e che mi và sul momento....senza dare un limite o un' impronta precisa a questo blog....
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I BAMBINI ED IL LORO AMICO IMMAGINARIO
Post n°503 pubblicato il 19 Gennaio 2010 da Io_piccolo_infinito
Due terzi dei bambini hanno un amico immaginario con cui dialogano, litigano e giocano prima di prendere sonno, o nel ritorno da scuola, o se si ritrovano da soli a casa.Di solito si ha un amico immaginario in età prescolare e alcuni studi confermano che il fenomeno è più frequente nei primogeniti. Tutto si può dire dei bambini tranne che manchino di un certo senso pratico: si inventano un amico immaginario, con cui giocheranno, si confideranno, litigheranno. Immaginario, segreto, personale, umano, fantastico: come farne a meno? Le luci si spengono, la mamma ha dato il bacio della buonanotte, il buio incombe e il sonno invece no. Oppure da soli a casa, spaventati da rumorini e scricchiolii, una solitudine che non ha nulla di esistenziale e malinconica ed è tutta concreta, palpabile, immeritata. O per strada, rincasando e persi nel proprio sovrappensiero. È così che nasce l'amico immaginario, a volte perfettamente invisibile, a volte incarnato in un peluche, un orsacchiotto come Winnie-the-Pooh. Gli psicologi tranquillizzano i genitori: è tutto normale. Forse anche qualcosa in più che normale: quasi i due terzi dei bambini hanno o hanno avuto un amico immaginario, nella maggior parte dei casi in età pre-scolare (dai tre ai cinque anni). Un'altra ricerca - sembra esserci un affollamento - viene da un'università della Tasmania e nota che i più accaniti frequentatori di amici immaginari sono i primogeniti, probabilmente colpiti dall'arrivo del fratellino che li ha spostati dal centro dell'attenzione. Essendo immaginario nulla costringe l'amico ad avere caratteri realistici: abbiamo così le magie di Peter Pan e di Mary Poppins, spesso legate al volo, e sempre sradicate da proprie esistenze familiari. L'amico immaginario è sempre lì, disponibile: non ha la mamma che lo aspetta a casa, non ha orari e obblighi, non va a scuola, è ovviamente emancipato. Un terzo studio, in Sri Lanka, ha mostrato quanto più frequentemente capita in culture che ammettono la credenza nella reincarnazione che l'amico immaginario sia legato a una sorta di memoria di vite precedenti. Un quarto studio, inglese, ha stabilito che l'intrattenersi con un amico immaginario non ha alcuna relazione con l'inclinazione alla creatività, ma che piuttosto porta a una certa sensibilità nei confronti delle illusioni uditive: facendo sentire loro borbottii inarticolati questi bambini "riconosceranno" parole e linguaggi immaginari. Niente di grave, anzi niente di rilevante: a meno che non si ritenga oramai abnorme la capacità di fantasticare ed evocare mondi. Il gioco è gioco, e tra le sue leggi non c'è quella che lo vincola all'esistenza reale. Casomai andrà notato come tra i segni della contemporaneità ci sia proprio la prevalenza di giochi in cui l'avversario o il complice siano impliciti. Dal bambino che tira la palla contro il muro a quello che diteggia il suo gameboy, dalle navigazioni su Internet alle sfide al caso, la mancanza anche solo provvisoria di compagni produce naturalmente l'esigenza di proiettare un'ombra fuori da sé: un'ombra con cui prendersela, o con cui confidarsi. Un doppio speculare, un'anima gemella - come si dice - a cui non occorre spiegare antefatti e sottintesi. E quando qualche università di qualche parte del mondo vorrà occuparsi degli amici immaginari dei grandi se ne potranno sapere delle belle!!!! Fonte La Repubblica.it
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