STOSULLARIVAESOGNO

tratto da "Il Dio di mio padre" di John Fante


Me lo disse un poliziotto,di quella stanza.Disse che stava su a Bunker Hill,in un grande edificio grigio a stucco.Ci andai.Trentacinque anni fa,Bunker Hill era un quartiere alla moda,oggi non lo e' piu'.Quelle dimore di ventidue stanze di una volta sono ormai malandate.Un grande edificio grigio a stucco.Era li'.Suonai il campanello.Una messicana apri' la porta.Era un tipo forte,ben piantato.I suoi capelli avevano il nero brillio scintillante dello smalto.Erano cosi' scuri e cosi' scintillanti che davano a quel suo viso una sfumatura arancione.Era la signora Flores.La pigione era dieci dollari a settimana.Gliene diedi quaranta.<<Meglio che veda la stanza,prima>> disse lei.Ma io ero stufo di cercare stanze.Avrei preso qualsiasi cosa,mi bastavano quattro pareti.Volevo esser da solo con la mia macchina per scrivere.Avevo del lavoro da fare.Non mi importava com' era fatta la stanza.La signora Flores mi porto' su al secondo piano.L acasa era molto vecchia.Le porte erano alte e massicce.Le maniglie d'ottone.Vedendo la stanza,esitai.Era cosi' spoglia.Solo quattro mobili:letto,cassettone,una sedia e il tavolo.Niente scendiletto.Niente tende.Non un quadro alle pareti.<<E' cara per com'è,signora Flores>>.<<Gliel'avevo detto di dare un'occhiata,prima>>.Non era arrabbiata.Diciamo che non gliene importava molto.Quando parlo',vidi i suoi denti bianchi.Erano semplicemente perfetti.Era vestita al modo della sua gente,con una gonna alla campagnola e una blusa,gli orecchini d'argento abbinati a un ciondolo d'argento al collo.I suoi piedini calzavano un paio di sandali messicani dall'aria solida e comoda.Se ne ando' in cerca del sapone e degli asciugamani.Io aprii la mia valigetta e tirai fuori le poche cose che possedevo.Qualche camicia,mutande,cravatte,calzini.Un'intera risma di carta bianchissima.Ero in un periodo di magra.Ma avevo molto per scrivere.Era un'urgenza che mi premeva fino a farmi male.