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VOTI AUGURALI PER LA SAN... »

LETTERA A MONS. BERNARD FELLAY SUPERIORE GENERALE DELLA FRATERNITA' SACERDOTALE SAN PIO X

Post n°4 pubblicato il 28 Marzo 2005 da STUDIOMAURINC

Venerdì d Passione dell’Anno del Signore 2005

Al Chiar.mo e Rev.mo
Monsignor Bernard FELLAY
Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X
Fraternité Sacerdotale Saint-Pie X - A Schwandegg, 6313 Wenzingen, Zug – Suisse
Anticipata via fax al Seminario di Econe 0041 27 7443319
Fax di Wensingen 0041 7571055

Chiar.mo e Rev.mo Monsignor Superiore Generale,

I - Premessa
1. in primo luogo salute a Lei e a tutti i giovani carissimi, che sono Seminaristi nel Seminario di Econe: viva a Loro e che sappiano diventare vero lume sacerdotale per tutto il popolo di Dio, che sarà affidato alle Loro cure.
2. Dica Loro, per cortesia, che io stesso, se sono quello che sono, lo devo a quegli elementi di disciplina seminariale di un Seminario, quello Arcivescovile di Lucca, dove campeggiava nell’androne di ingresso della sala mensa comune (Seminario Maggiore – Seminario Minrore) un grande ritratto di Papa Pio X.
3. Rileggendo le norme della vita educativa del Seminario di Econe, io le ho trovate assolutamenet identiche a quelle, che erano in vigore, prima della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, nel Seminario Arcivescovile di Lucca, che poi, da esterno ho continuato a frequentare, ormai divenuti da 300 solo 30 seminaristi e tutti del Seminario Maggiore, dagli anni 1968-1971, iv dormendo, ivi mangiando, ivi pagando la mia retta mensile.
4. Ricordo bene lo sbandamento grandissimo successivo alla conclusione del Concilio, che tutti colse, ma che soprattutto colse i Superiori.
5. Lo sbandamento soprattutto fu, a mio avviso, nell’aver abrogato tali norme senza sostituirne altre di valide, che riempissero di contenuti teologici spirituali etici e morali e giuridici quelle regole disciplinari, ormai diventate vuote, ma non per colpa delle regole ma per colpa dell’ipocrisia di chi li voleva applicate a noi seminaristi, come proprio i Superiori confermarono, semplicemente abrogandole senza sostituirne altre.
6. Io invece ritenevo che tali norme disciplinari – sottolineo identiche a quelle di Econe – dovessero continuare ad essere applicate ma che gli educatori (i Superiori chierici e i Prefetti e i Vice Prefetti, ancora studenti di teologia, delle varie Camerate) le armonizzassero con i nuovi grandi contenuti normativi, teologici, spirituali, morali, etici e giuridici, usciti fuori dal Concilio Ecumenico Vaticano II: princìpi che esigevano ancora più attenzione da parte degli educatori, perché diversamente avrebbero, come nei fatti è successo, disgregato qualunque concetto di disciplina educativa, di quella particolare e specialissima disciplina educativa e formativa clericale, che deve portare consapevolmente e scientemente a scelte personali, e oserei dire personalissime, ma per il bene pubblico della Chiesa doverosamente forti al fine di preparare il chierico a combattere gli errori.



II – Ma quali gli errori?

1. Il primo fra tutti è quello d’aver fatto perdere d’identità il seminarista, impedendogli così di comprendere che la sua vita clericale non poteva e non doveva e non avrebbe mai potuto e non avrebbe mai dovuto diventare simile a quella di un laico nella Chiesa.
2. Solo chierici preparati e forti nella pratica della preghiera, nella pratica della fede, nella pratica della carità, nella pratica dell’umiltà, nella pratica della fraternità, nella pratica della vera castità, nella consapevolezza della sacra esigenza del celibato coerente, dell’approfondimento degli studi seri della Storia della Chiesa, della Storia delle materie sacre, dell’approfondimento della Storia musicale della Chiesa, delle lingue e culture e letterature greca, latina, ebraica, etc…, incrementate delle nuove materie letterarie e scientifiche ma soprattutto filosofiche serie, potendo godere di seri e preparati Professori e Educatori, possono essere, se veramente ripieni dello Spirito Santo e di una fede grandissima in Cristo e nella Chiesa, LUME per tutto il popolo di Dio.
3. Non si diventa “preti” per fare i “vescovi”! Non si diventa “preti” per fare carriera ecclesiastica! Ma si diventa “preti” per essere più vicini e più fortemente testimoni della doverosa esigenza della “sequela di Cristo”.

III – Peccato che non ci si sia conosciuti prima!

1. Una delle critiche che io segnalavo ai seminaristi del Seminario Arcivescovile di Lucca, durante gli anni 1968-1971, era quella della carenza delle previgenti norme disciplinari. Trovavo assurdo che in mancanza di riempimento di nuovi contenuti educativi, più esattamente rispondenti alle riflessioni conciliari del Concilio Ecumenico Vaticano II, ma nella conservazione di tali ferree norme disciplinari di vita edufativa interna seminariale, tali norme disciplinari fossero state nei fatti abrogate, rendendo a quel punto ed in quegli anni di piombo e di tanta contestazione a livello europeo e non solo europeo studentesca pressoché inidentificabile il collegio seminariale! Sembrava un luogo d’accoglienza di giovani laici, che forse più o meno avrebbero potuto anche abbracciare la vita clericale, la vita sacerdotale, quella specialisssima prospettiva di vita sacerdotale che, al certo, solo al chierico è dato come diritto e come dovere di dover frequentare e soprattutto praticare e al certo testimoniare.
2. Un chierico forte, forte nella fede e nella testimonianza di vita sana clericale, forte nella preghiera, forte nella recita quotidiana del breviario, forte nella recita quotidiana del rosario, forte nella pratica quotidiana della celebrazione della messa, forte sostanzialmente della fede sacerdotale clericale, può dare ottimi frutti e ben preparare i laici, tanto uomini quanto donne.
3. Venne così meno il riferimento dei giovani laici, maschi e femmine, verso il proprio Parroco; le sale parrocchiali dei giovani vennero desertate dai giovani; mancarono educatori; mancarono riferimenti. Molte delle novità conciliari furono scioccamente interpretate come se qualunque disciplina ecclesiastica fosse venuta meno e dovesse venire meno.
4. Questa la grande tristezza ed io, poiché quando ero in Seminario, alcuni degli studenti di teologia vollero sperimentare la vita del prete-operaio, purtroppo (non facendo il prete e dubitalmente facendo l’operaio : forse aveva letto e condiviso il “che fare? “ di Lenin, anziché qualcos’altro); e quando rifrequentai il Seminario ne vidi la vacuità della preparazione oltreché nel numero degli studenti, i quali soprattutto parlavano di politica, confondendo fede e religione, pratica di fede e pratica di religione, religione e politica più o meno partitica, quel lassismo, quel lassismo assolutamente incondivisibile, mi confermò ch’io prete, ch’io chierico era bene che non diventassi: alcuni di quei seminaristi mi sembravano né futuri chierici né futuri laici, erano uomini a metà, cercando di convincere se stessi ma soprattutto gli altri, che essere uomini a metà fosse l’emblema massimo del “prete”!
5. No! Io non ero affatto d’accordo. Il Prete, il vero Sacerdote, non può essere un Uomo a metà, ma è e dovrà essere sempre un Uomo tutto intero, un uomo che intieramente dedica la propria vita di sacrificio nella ricerca migliore anche delle testimonianza della sequela di Cristo e deve essere ben consapevole il seminarista d’esser pronto ad abbandonare tutto per questa sequela e per la fede clericale nel Cristo e nella Sua Chiesa!
6. E’ un vero peccato che, negli eccessi, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, non abbia avuto la capacità di rispondere alle provocazioni provenienti dal 1970 in poi da alcuni ambienti anche dell’alta gerarchia ecclesiastica, sia incorsa anch’Essa in eccessi, che forse, prorpio perché conservava gelosamente la vecchia disciplina seminariale cercando di interpretare nei fatti la Tradizione della Chiesa, avrebbe dovuto evitare.
7. Confesso però che se io all’epoca (e mi riferisco agli anni 1968-1971) avessi conosciuto dell’esistenza di Econe, forse, forse avrei fatto domanda di entrarci!
8. Io però non posso certo condividere quell’antisemitismo e quell’antiebraismo di cui la Fraternità ha purtroppo dato prova! Purtroppo! Il mio Parroco, Don Vittorio Landucci, colui che mi tenne a battesimo, colui che mi ha sempre sequito dal 1950 fino all’ottobre 1987, quando trapassò all’altra vita, il mio Parroco, Santo Sacerdote Santo Educatore, Ieratico e che aveva grande rispetto di tutto e di tutti, era anche Docente di Pastorale al Seminario Arcivescovile di Lucca e Lui mi disse, allorquando dopo il 1970 le Autorità Ecclesiastiche di Lucca tolsero anche la materia di formazione clericale, Lui mi disse che ci sarebbero stati anni bui per l’educazione dei chierici. E così è stato. Non dissimilmente mi diceva un altro mio educatore, Monsignor Angelo Matteoli (docente di religione al liceo classico di Stato, N. Machiavelli di Lucca, da me frequentato ma nel contempo docente di diritto canonico al Seminario e nel contempo Presidente dei Giuristi cattolici di Lucca e Provincia e nel contempo Presidente del Tribunale Arcidiocesano di Lucca e nel contempo Giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale Etrusco di Firenze), che anzi – eppure lui, morto a tarda età nella primavera del 1987, era un Santo Sacerdote formato sotto i princìpi del Concilio di Trento e di quello Vaticano I – combatté non poco altri Suoi confratelli, corrotti purtroppo. E fu proprio Don Angeolo Matteoli a regalarmi ad un altro chierico lucchese, Monsignor Mario Fazzi, in quel tempo Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico Regionale Etrusco: un Vicario, un Prete, che tutto sottometteva al Dio Danaro! E Fazzi non si rinvenne, perché avido di danaro e pieno di sé, non riuscì a capire! Da lì, qualche anno dopo, mentre io mi mettevo in protezione dell’Arcivescovo Giuliano Agresti, Arcivescovo di Lucca, l’inizio della persecuzione di questo Fazzi nei miei confronti e con Lui del Cardinale Silvano Piovanelli.
9. Io ho scelto però di seguire quanto il mio Parroco e Don Angelo Matteoli mi hanno insegnato: queti due Santi Sacerdoti sono morti poveri e non hanno mai intestato beni immobili a simil sorelle o simil fratelli. Questi due Santi Sacerdoti erano antifascisti e soprattutto Don Angelo Matteoli apparteneva ad una famiglia che aveva avuto diversi martiri, trucidati dai tedeschi presso la Certosa di Farneta nel Comune di Lucca, in Provincia di Lucca.

* * *
Un caro saluto a Lei e a tutti i Seminaristi. Che risplenda a Loro in questo giorno di Passione del Cristo, dell’Unico Vero Figlio di Dio, grande la FEDE, la FEDE nel CRISTO e nella SUA CHIESA.


 
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