Secondo il rimettente, la disciplina censurata sarebbe lesivadell'art. 3 Cost. anche sotto il profilo della disparita' ditrattamento di situazioni identiche, tra chi abbia commesso un certoreato e possa chiedere la definizione anticipata del procedimento echi si veda preclusa la richiesta perche' la relativa contestazionee' intervenuta solo nel corso del dibattimento. Inoltre, aggiunge ilgiudice a quo, nel caso di specie non e' ravvisabile alcuna inerzianella condotta processuale dell'imputato, che aveva gia' optato peruna definizione anticipata del processo, sicche' sussiste unadisparita' di trattamento tra imputati per i quali non sia aperto ildibattimento e imputati che chiedano la definizione anticipata delprocesso per il reato risultante dalla modifica dell'imputazione anorma dell'art. 516 cod. proc. pen., nel caso di richiesta avanzatanell'udienza di comparizione per il reato originariamente contestatonell'atto di citazione a giudizio e non accolta. Le norme censurate risulterebbero altresi' lesive dell'art. 24Cost., non essendo assicurato l'esercizio del diritto di difesa afronte della modifica dell'imputazione, in quanto «la determinazioneunilaterale dell'organo dell'accusa, il quale, pur a conoscenza delfatto diverso, omette la contestazione nell'atto di citazione agiudizio, priva l'imputato di una delle possibili opzioniprocessuali». Nel caso di specie, sottolinea il rimettente,precludendo all'imputato di «ridelineare la propria strategiadifensiva in seguito alla modificazione dell'imputazione», le normecensurate finiscono per far ricadere sull'imputato stesso gli effettidell'errore commesso dal pubblico ministero. La modificadell'imputazione non determinata da un'evenienza fisiologica delprocedimento (ossia dall'istruttoria dibattimentale, sicche' ilrelativo rischio rientrerebbe nei calcoli dell'imputato), ma da unapatologia processuale (ossia da un errore o da una scelta delpubblico ministero) «non puo' risolversi in un pregiudizio perl'imputato di essa non responsabile, il quale ha il diritto diprediligere la propria strategia difensiva, previa valutazioneinformata e consapevole», tanto piu' che la presunzione di legalita'dell'operato del pubblico ministero e il principio di completezzadelle indagini preliminari comportano un legittimo affidamento sullescelte compiute da tale organo. Risulterebbe infine violato, secondo il rimettente, il principiodel giusto processo, che implica «la lealta' processuale delle parti,dal momento che la normativa di cui si denuncia la censurabilita'pone le parti su un piano di assoluta disparita', rispetto al dettatodi cui all'art. 111 della Costituzione».
SENTENZA 04 luglio 2011, n.206 4 parte
Secondo il rimettente, la disciplina censurata sarebbe lesivadell'art. 3 Cost. anche sotto il profilo della disparita' ditrattamento di situazioni identiche, tra chi abbia commesso un certoreato e possa chiedere la definizione anticipata del procedimento echi si veda preclusa la richiesta perche' la relativa contestazionee' intervenuta solo nel corso del dibattimento. Inoltre, aggiunge ilgiudice a quo, nel caso di specie non e' ravvisabile alcuna inerzianella condotta processuale dell'imputato, che aveva gia' optato peruna definizione anticipata del processo, sicche' sussiste unadisparita' di trattamento tra imputati per i quali non sia aperto ildibattimento e imputati che chiedano la definizione anticipata delprocesso per il reato risultante dalla modifica dell'imputazione anorma dell'art. 516 cod. proc. pen., nel caso di richiesta avanzatanell'udienza di comparizione per il reato originariamente contestatonell'atto di citazione a giudizio e non accolta. Le norme censurate risulterebbero altresi' lesive dell'art. 24Cost., non essendo assicurato l'esercizio del diritto di difesa afronte della modifica dell'imputazione, in quanto «la determinazioneunilaterale dell'organo dell'accusa, il quale, pur a conoscenza delfatto diverso, omette la contestazione nell'atto di citazione agiudizio, priva l'imputato di una delle possibili opzioniprocessuali». Nel caso di specie, sottolinea il rimettente,precludendo all'imputato di «ridelineare la propria strategiadifensiva in seguito alla modificazione dell'imputazione», le normecensurate finiscono per far ricadere sull'imputato stesso gli effettidell'errore commesso dal pubblico ministero. La modificadell'imputazione non determinata da un'evenienza fisiologica delprocedimento (ossia dall'istruttoria dibattimentale, sicche' ilrelativo rischio rientrerebbe nei calcoli dell'imputato), ma da unapatologia processuale (ossia da un errore o da una scelta delpubblico ministero) «non puo' risolversi in un pregiudizio perl'imputato di essa non responsabile, il quale ha il diritto diprediligere la propria strategia difensiva, previa valutazioneinformata e consapevole», tanto piu' che la presunzione di legalita'dell'operato del pubblico ministero e il principio di completezzadelle indagini preliminari comportano un legittimo affidamento sullescelte compiute da tale organo. Risulterebbe infine violato, secondo il rimettente, il principiodel giusto processo, che implica «la lealta' processuale delle parti,dal momento che la normativa di cui si denuncia la censurabilita'pone le parti su un piano di assoluta disparita', rispetto al dettatodi cui all'art. 111 della Costituzione».