Pablo Di Lorenzo

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MANTENIMENTO 5

Post n°178 pubblicato il 27 Marzo 2011 da torerodgl5
 

ASSEGNO ALL'EX CONIUGE. ACCERTAMENTO REDDITI E PATRIMONIO DELLE PARTI CASS. CIV., SEZ. I, 4 NOVEMBRE 2010, N. 22501. In tema di scioglimento del matrimonio, nella disciplina dettata dall'art. 5 l. n. 898/70, come modificato dall'art. 10 l. n. 74/87, - che subordina l'attribuzione di un assegno di divorzio alla mancanza di "mezzi adeguati" - l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, ovvero che poteva ragionevolmente prefigurarsi sulla base di aspettative esistenti nel corso del rapporto matrimoniale. A tal fine il tenore di vita può desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare dei loro redditi e disponibilità patrimoniali. Il giudice può desumere il tenore di vita dalla documentazione relativa ai redditi dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio costituendo essi - insieme alle disponibilità patrimoniali dei coniugi - valido parametro per la determinazione di detto tenore di vita e della possibilità di mantenerlo. L'assegno va poi quantificato nella misura necessaria, in relazione alla situazione economica di ciascuna parte, a rendere tendenzialmente possibile il mantenimento di detto tenore. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente - Dott. FELICETTI Francesco - rel. Consigliere - Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere - Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere - Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere - ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: A.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, L. GO DEL TEATRO VALLE 6, presso l'avvocato BRACCI LUCIANO FILIPPO, rappresentato e difeso dall'avvocato GIAMMATTEI MARIA GIOVANNA, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente - CONTRO A.S. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DELLA VITTORIA 9, presso l'avvocato ARIETA GIOVANNI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato DI GIOVANNI ALBA, giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente - avverso la sentenza n. 526/2007 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 29/11/2007; udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 29/09/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI; udito, per il controricorrente, l'Avvocato ARIETA che ha chiesto il rigetto o inammissibilità del ricorso; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata che ha concluso per l'inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Il sig. A.M., con ricorso al tribunale di Pesaro in data 27 settembre 2004, chiese che fosse pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio da lui contratto nel 1979 con la sig.ra A.S.. La convenuta si costituì chiedendo in via riconvenzionale che le fosse attribuito un assegno di mantenimento in favore proprio e della figlia Ad., maggiorenne ma non autosufficiente. Il tribunale accolse la domanda dell'attore, nonché parzialmente la riconvenzionale, condannando l'attore al pagamento di due assegni di Euro 750,00 mensili ciascuno per la ex moglie e la figlia. L' A. propose appello in relazione all'attribuzione di detti assegni, mentre l' A.S. propose, appello incidentale chiedendo che detti assegni fossero quantificati in misura maggiore. La Corte d'appello di Ancona, con sentenza depositata il 29 novembre 2007, notificata all' A. in data 14 febbraio 2008, escluse l'assegno per la figlia a far data dal 21 luglio 2007. Il sig. A. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il giorno 11 aprile 2008 alla controparte, formulando cinque motivi, assistiti da quesiti. La sig.ra A.S. resiste con controricorso notificato il 21 maggio 2008. Il ricorrente ha anche depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo si denunciano la violazione dell'art. 112 c.p.c. e della L. n. 74 del 1987, art. 5, in relazione all'accertamento dei presupposti per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno di divorzio; motivazione apparente e comunque viziata al riguardo; omesso esame di un fatto decisivo. Si deduce che la Corte d'appello, nel determinare le condizioni economiche delle parti, avrebbe omesso di considerare "la macroscopica forbice" esistente fra il patrimonio dell'ex moglie e quello del resistente, che avrebbe dovuto indurla a negare all'ex moglie l'assegno di mantenimento, ovvero a liquidarlo in minore misura. Sul punto, in relazione al quale era stato formulato specifico motivo di gravame nei confronti della sentenza di primo grado, la Corte avrebbe omesso di motivare, o comunque avrebbe motivato in modo inadeguato. Il motivo è infondato. La Corte d'appello, infatti, ha preso in esame la posizione patrimoniale delle parti, tenendo conto che l'ex moglie è proprietaria di metà della casa coniugale ma, con valutazione di merito insindacabile in questa sede poiché adeguatamente motivata in relazione alla sproporzione fra i redditi delle parti, ha ritenuto dovuto l'assegno di divorzio e, in conseguenza di detta sproporzione e della ritenuta impossibilità della ex moglie, con i propri soli redditi, di mantenere il tenore di vita del quale in mancanza del divorzio avrebbe potuto godere, lo ha quantificato, tenendo conto della situazione economica di ciascun coniuge, nella misura stabilita nella sentenza. 2. Con il secondo motivo si formulano analoghe censure in relazione alla determinazione del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, necessaria per stabilire l'adeguatezza dei mezzi economici propri del coniuge richiedente l'assegno a mantenerlo. In proposito si elencano una serie di elementi, che sarebbero emersi nel corso dell'istruttoria, dai quali si evincerebbe la modestia del tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, deducendosi l'inadeguata motivazione della sentenza impugnata nel ritenere diversamente. Con il terzo motivo si deduce la violazione della L. n. 74 del 1987, art. 5, in relazione ai criteri da esso posti per la determinazione dell'assegno di divorzio. Si deduce al riguardo che la sentenza impugnata non avrebbe liquidato l'assegno in relazione al suo scopo di mantenere, per quanto possibile, alla richiedente un tenore di vita analogo a quello che avrebbe avuto in permanenza del matrimonio, ma in funzione meramente perequativa, stante lo squilibrio fra i redditi dei coniugi. I motivi vanno esaminati congiuntamente e rigettati. Secondo l'orientamento di questa Corte espresso dalla sentenza delle sezioni unite 29 novembre 1990, n. 11492, in tema di scioglimento del matrimonio, nella disciplina dettata dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 10 - che subordina l'attribuzione di un assegno di divorzio alla mancanza di "mezzi adeguati" - l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, ovvero che poteva ragionevolmente prefigurarsi sulla base di aspettative esistenti nel corso del rapporto matrimoniale. A tal fine il tenore di vita può desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall'ammontare dei loro redditi e disponibilità patrimoniali (da ultimo Cass. 17 luglio 2007, n. 15610; 28 febbraio 2007, n. 4764; 7 maggio 2002, n. 6541; 15 ottobre 2003, n. 15383; 19 marzo 2003, n. 4040). Il giudice può desumere il tenore di vita dalla documentazione relativa ai redditi dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio (Cass. 6 ottobre 2005, n. 19446; 16 luglio 2004, n. 13169), costituendo essi - insieme alle disponibilità patrimoniali dei coniugi (Cass. 28 febbraio 2007, n. 4764; 7 maggio 2002, n. 6541) - valido parametro per la determinazione di detto tenore di vita e della possibilità di mantenerlo. L'assegno va poi quantificato nella misura necessaria, in relazione alla situazione economica di ciascuna parte, a rendere tendenzialmente possibile il mantenimento di detto tenore. Avendo, in applicazione di tali principi, la Corte d'appello sostanzialmente tratto dai redditi delle parti il loro tenore di vita presuntivo e avendo quantificato l'assegno secondo il parametro su detto, il motivo è infondato. 3. Con il quarto motivo si denuncia ancora la violazione dell'art. 112 c.p.c., nonché della L. n. 74 del 1987, art. 5, per non avere la sentenza impugnata tenuto conto che al ricorrente, dall'unione con l'attuale compagna, nel luglio 2006 è nata una figlia, così omettendo di dare riscontro al quinto motivo dell'atto di appello, con il quale era stata dedotta tale circostanza, nonché omettendo di motivare su un fatto decisivo. Anche tale motivo va rigettato, poiché non vi è prova che la circostanza dedotta con il motivo sia di per sé decisiva, in relazione ai redditi dell'obbligato e al contesto complessivo della decisione impugnata, tenuto anche conto delle maggiori disponibilità maturatesi a seguito della cessazione da parte del ricorrente dell'obbligo di versare l'assegno di 750,00 Euro per la figlia nata dal primo matrimonio. 4. Con il quinto motivo si denunciano la violazione dell'art. 112 c.p.c., della L. n. 74 del 1987, art. 5, omesso esame di un fatto decisivo e violazione dei principi in materia di valutazione delle prove. Si deduce al riguardo che la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata in ordine al carattere esaustivo di ogni pretesa economica che potesse nascere dal matrimonio a seguito dell'accordo intercorso fra le parti in sede di separazione, in cui - pur in presenza, all'epoca, di una retribuzione annua di L. 90.000.000 del marito e di L. 21.000.000 della moglie - quest'ultima aveva rinunciato all'assegno di separazione in cambio della donazione da parte del ricorrente della metà della casa coniugale alla figlia ed al pagamento sino all'estinzione della quota di mutuo correlativa. Né la sentenza avrebbe considerato che la moglie aveva vissuto con i propri mezzi sino alla domanda di divorzio, dovendo quindi determinarsi su tale base il suo tenore di vita. Anche tale motivo è infondato, atteso che la sentenza, nel confermare l'attribuzione dell'assegno di divorzio così come stabilito dalla sentenza del tribunale, ha implicitamente disatteso i profili su detti, in conformità di quanto stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte, sia in ordine all'autonomia del diritto all'assegno divorzile dalle statuizioni in tema di separazione ed alla nullità degli accordi diretti a fissare in sede di separazione il regime patrimoniale del divorzio (Cass. 28 gennaio 2008, n. 1758; 10 marzo 2006, n. 5302; 14 giugno 2000, n. 8109; 9 maggio 2000, n. 5866), sia in ordine all'individuazione del tenore di vita ai fini della quantificazione dell'assegno divorzile, come sopra indicato sub n. 2. Ne consegue che il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida nella misura di Euro 2700,00 di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 29 settembre 2010. Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2010 - Se l’ ex moglie lavora in nero, il marito ha diritto ad ottenere una riduzione dell’ assegno di mantenimento Con la sentenza del 12 dicembre 2003, n. 19042, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che, qualora uno dei coniugi abbia un lavoro in nero, l'altro coniuge può chiedere un a riduzione dell'assegno di mantenimento. La Corte ha stabilito, infatti, che il lavoro del coniuge, pure se in nero, costituisce un elemento della capacità lavorativa e quindi della capacità di guadagno. Nella fattispecie è stato riconosciuto il diritto di un professore universitario ad ottenere la riduzione dell'importo dovuto alla ex moglie a titolo di mantenimento, in quanto la stessa esercitava in nero il mestiere di commessa in un negozio di abbigliamento. In una successiva sentenza, la VI sezione penale della Corte di Cassazione han stabilito che non incorre nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare il coniuge che non corrisponde gli alimenti all'ex moglie che ha trovato un lavoro stabile (Cass. Pen., Sez. VI, n. 14965 del 6.5.2004).

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Ho sempre combattuto per qualsiasi cosa, e non ho nessuna intenzione di sporcare la mia correttezza morale e politica con comportamenti IMMORALI.

- Settembre 2006 / Giugno 2007 vincitore del progetto imprenditoriale promosso dall' associazione IGS Campania, coofinanziato da Confindustria.

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