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Visto che probabilmente i pochi e temerari visitatori di questo blog avranno capito come io sia una fanatica del Cinema del passato, vorrei parlarvi di un grande film, di uno dei miei registi preferiti. Il film è "Nodo alla Gola", il regista, il grande Alfred Hitchcock.Film: Nodo alla Gola Genere: thriller USA 1948 - colore - durata: 80 min Regia: Alfred Hitchcock - Sceneggiatura: Arthur Lawrence ( da una commedia di P. Hamilton )Interpreti: James Stewart, Farley Granger, John Dall, Joan Chandler, sir Cedric Hardwicke.La trama: Pochi minuti prima dell’inizio di un cocktail da loro stessi organizzato due studenti, Brandon e Philip, uccidono un collega universitario, senza motivo apparente, e ne celano il corpo in un antico cassone posto nel salotto dell’appartamento che condividono. Tra gli ospiti è presente un loro docente che, insospettito da pochi e sottili indizi, riuscirà a ricostruire l’accaduto e a far confessare i due giovani omicidi. La critica e il commento: Il film, definibile “thriller psicologico”, è tratto da una commedia teatrale di P. Hamilton, a sua volta ispirata da un fatto di cronaca realmente accaduto. Trentesimo film di Hitchcock, è noto anche con il titolo di “Cocktail per un cadavere”. Si tratta di un grande, innegabile esercizio di stile, poiché l’impianto di tipo teatrale del testo, ha suggerito al regista di risolvere il film con l’impiego di un unico, lunghissimo, piano sequenza. In realtà, i piani sequenza sono più d’uno, raccordati magistralmente. Tale escamotage ha permesso di rispettare sia l’unità di tempo che quella di luogo: il film infatti dura esattamente quanto la vicenda “reale” ( circa 80 minuti ) e l’azione si svolge per intero all’interno dell’appartamento dei due studenti. Oltre la finestra, per accentuare la sensazione del reale scorrere del tempo, le luci si incupiscono lentamente, a simulare un pomeriggio che diviene notte. La macchina da presa rappresenta l’occhio dello spettatore in sala  che segue la scena e i movimenti dei protagonisti. Per riuscire nell’intento illusorio, si è reso necessario un perfetto coordinamento tra movimenti di macchina, luci e microfoni, mentre sono stati impiegati fondali mobili di tipo teatrale che, a differenza di quelli cinematografici, consentono spostamenti più rapidi.Una delle particolarità della pellicola comunque, resta il sottinteso ruolo del cadavere che, dall’interno della cassa dove è stato occultato e all’insaputa degli ospiti, sembra seguire con interesse lo svolgersi della vicenda, quasi ammiccando allo spettatore che, voyeur suo malgrado, sa bene cosa si celi all’interno di quell’ingombrante mobilio.Non va trascurato neanche il lavoro sui personaggi: l’apparente e assoluta mancanza di movente dell’omicidio, quasi che esso stesso sia un puro “esercizio di stile”, l’assoluta  amoralità nel commettere il delitto, la travagliata e solo sottesa relazione gay ( non palesata data la bigotta censura dei tempi ) tra Brandon e Philip , forse alla base dell’omicidio,  il latente concetto di superuomo.Particolare attenzione poi viene riservata nel delineare la figura del professore ( uno strepitoso Jimmy Stewart ) che, inconsapevolmente, riveste l’inquietante ruolo di “cattivo maestro”. Lentamente, con sempre maggiore raccapriccio, questi ( e con lui, lo spettatore ) giunge alla comprensione di come all’origine della serie di eventi vi sia una aberrata e allucinante interpretazione dei suoi insegnamenti filosofici che, metaforicamente e del tutto ipoteticamente, ponevano i più meritevoli in cima alla scala gerarchica umana.Dei due attor giovani, John Dall ( Brandon ) in particolare, delinea un interessante modello di psicotico egocentrico dominante, convinto assertore della propria superiorità ( in ossequio al mito nietzschiano dell’ “Ubermensch” ) mentre, a far da contraltare, troviamo un  Farley Granger ( Philip ) nevrotico e disadattato, pavido succube del suo compagno, degno antesignano del Norman Bates di Antony Perkins in “Psyco”. Da antologia la scena iniziale, un classico omicidio “silenzioso”, segno distintivo del regista britannico. Il primissimo piano della corda utilizzata per lo strangolamento ( che, significativamente, da il titolo al film stesso ) rende completamente e freddamente partecipe lo spettatore dell’omicidio appena commesso,  testimone muto e impotente del delitto.Leggermente sottovalutato, forse per le difficoltà insite in un classico “delitto della camera chiusa”, il film riesce invece a tutt’oggi a coinvolgere lo spettatore più attento nella sua atmosfera tesa e claustrofobica, in un “lento turbinare di eventi” che porteranno al disvelamento finale.Nel 2002, il regista B. Schoeder, ha chiaramente preso spunto da “Rope” nel realizzare “Formula per un delitto - Murder by Numbers”, mediocre detective-movie interpretato e prodotto da Sandra Bullock, del tutto imparagonabile all’eccellente antenato, se non forse per il concetto di “delitto operato per noia”, deviante evoluzione della perversione psicotica superomistica trattata da Hitchcock.****Piccolo Capolavoro