Pangea

Lo sbiancamento dei coralli


 Lo sbiancamento dei coralli è un segno tangibile della reazione di questi a qualche forma di stress, soprattutto l’aumento della temperatura dell’acqua. Là dove maggiori sono stati gli effetti del riscaldamento globale è stata riscontrata una maggiore incidenza dello sbiancamento, che può peraltro avere luogo in presenza di altri fattori: irraggiamento solare (radiazione fotosinteticamente attiva o esposizione a radiazione ultravioletta), cambiamenti nella composizione chimica dell’acqua (specialmente del grado di salinità) o della sua opacità, cambiamento di correnti (che, a causa dell’accumulo di sedimenti, finiscono per deviare l’acqua calda della laguna verso la barriera), malattie del corallo, oppure uno slittamento degli strati di silt. In generale le cause dello sbiancamento sono naturali, anche se non è del tutto esclusa l’azione dell’uomo, in particolare l’inquinamento.Un’area della barriera corallina dell’isola maldiviana di Moofushi, nell’Atollo di Ari, colpita duramente dallo sbiancamento verificatosi in conseguenza del Niño del 1998, in un’immagine del luglio 2006. Ancor oggi non si osserva alcun segno di recupero della copertura da parte di talune specie coralline, come quelle ramificate.Un’area della barriera corallina di Kandholhudhoo, nello stesso atollo; anch’essa fu colpita dallo sbiancamento e distrutta quasi completamente; tuttavia in ques’isola i coralli ramificati hanno mostrato una notevole capacità di recupero e sono tornati all’originaria varietà di colori. Conseguenze e ipotesi [modifica]Se la causa stressante dura pochi giorni, il corallo ritorna rapidamente allo stato normale; tuttavia vi è il rischio che, una volta iniziato lo sbiancamento, il corallo continui a espellere le alghe simbiotiche anche se la causa dello stress viene rimossa; ciò avviene in particolare se lo stress dura parecchi giorni consecutivi. In questo caso, se la colonia di corallo sopravvive, possono passare settimane o mesi prima che la concentrazione dei simbionti torni a livelli normali. Il corallo morto, invece, diventa rapidamente oggetto dell’azione distruttiva della fauna ittica (in particolare dei pesci mangiatori di corallo come il pesce pappagallo) e soprattutto del mare, e si sgretola in poche settimane, andando cosí ad innalzare il livello di base della barriera e, alla lunga, finendo per produrre nuovo materiale per la formazione delle isole; si potrebbe pertanto interpretare lo sbiancamento come un’azione di difesa della natura contro l’innalzamento ciclico delle acque, ma diversi studi sono ancora in corso e questa rimane soltanto una delle ipotesi più accreditate. Non sempre su una barriera morta il corallo ricresce, ma quando ciò avviene passano diversi anni prima che la concentrazione corallina torni al livello iniziale. Ad esempio, in seguito agli effetti del Niño, nel 1998 oltre il 90% del genere Acropora spp. fu distrutto in molte aree dell’Oceano Indiano. Condizioni di sopravvivenza [modifica]Cambiamenti nella varietà di simbionti (altre varietà di zooxantelle, per esempio) sono estremamente rari, e generalmente implicano la presenza di specie non persistenti. L’abilità di sopravvivere a un fenomeno di sbiancamento e la possibilità di sopravvivenza variano grandemente fra le specie di corallo: alcuni coralli di grandi estensione, come il Porites lobata può sopravvivere a temperature molto alte e a gran parte degli effetti che esse comportano, mentre alcune varietà fragili come l’Acropora spp. sono, come si è visto nel caso dell’Oceano Indiano, molto più sensibili e non resistono allo sbiancamento. Alcune ricerche recenti hanno anche dimostrato che le specie costantemente sottoposte a piccoli stress sviluppano una certa resistenza al fenomeno.tratto da wikipedia