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Sedici

Post n°31 pubblicato il 16 Giugno 2012 da PapaveriSparsi

L’attesa di una risposta abita in un luogo sospeso.
Non ci sono pareti né pavimenti, solo aria, che filtra la luce che danza sul pulviscolo leggero.
Un luogo dove il tempo segue il metronomo del silenzio e attende una scadenza indefinita.
Lui non le aveva dato il suo numero di telefono, né il suo indirizzo. E lo aveva fatto di proposito, per poterla rivedere, per guardarla negli occhi e sfiorarle ancora le mani.
Voleva ripeterle a voce la domanda, voleva che quelle parole uscissero dalla sua bocca per accarezzarle il viso, dondolare sugli occhi, fremere sulle ciglia facendole chiudere per un istante e poi scivolare sulle labbra, attendendo una parola, una sola.
La decisione di una risposta non ha dimora. Vaga come un senzatetto lungo i sentieri più desolati della mente, non incontra ristoro, non saluta amici, non si mescola alla gente.
Resta a rigirarsi addosso come se non ci fosse una via d’uscita perché ogni strada conduce ad un punto interrogativo.
E lei non sapeva cosa dire, cosa fare.
Non aveva il numero di lui, nessun indizio per poterlo rintracciare, non sapeva dove trovarlo, né dove cercarlo, se non in quei sentieri tortuosi che l’indecisione ci disegna addosso quando non sappiamo quale sia la nostra vera meta.
Avrebbe voluto dire si.
Lo desiderava follemente. Voleva perdersi nel sorriso di lui, nel fare compiaciuto di chi sente condiviso un suo desiderio, nello sguardo pieno di chi già sa come procedere, come organizzare.
Voleva sentirsi presa per mano e condotta a bussare alla porta di un sogno per vedere lo spiraglio di luce aprirsi e il buio diventare prima grigiore e poi arcobaleno.
Voleva ricambiare il sorriso e stringere forte quella mano, lasciarsi condurre, come una bimba che torna alle giostre sapendo che ciò che l’aspetta può essere meraviglioso.
Ma aveva paura di dire di si.
Aveva paura di inciampare in una emozione che poteva diventare una caduta, che poteva essere dolorosa ben oltre la sbucciatura delle ginocchia. Sentiva dentro un freno tirato, un allarme inserito, temeva che la vita potesse esaurirsi in una speranza sbagliata e lasciarla precipitare in un nero senza fine.
Ogni passo nella vita può essere l’ultimo.
Ogni istante può diventare l’istante per sempre, quello che ci congela il cuore dentro una eternità inattesa.
Di ogni cosa ci si può pentire e questo timore le paralizzava i pensieri.
Scese dall’ufficio con il tremore dell’indecisione che accompagnava ogni passo.

Sul portone, dal vetro fumè, lo vide aspettarla sul marciapiede. Fermo. Attento.
Non si dissero nulla.
Lui la prese per mano mentre lo sguardo di lei osservava quelle mani strette, unite, ritrovate.
Iniziarono a camminare insieme senza sapere dove stessero andando, mentre intorno a loro la gente si muoveva svelta, distratta, in cerca di un qualcosa che la fretta non avrebbe mai potuto donare loro.
Sparirono tra la folla, come due anime controcorrente che hanno una riva da raggiungere, con la calma di chi sa che di ogni attimo va sempre rispettata la dignità.
Intanto il sole si avvicinava al suo crepuscolo e le rondini disegnavano scie di vita nel cielo.
L’aria profumava di gelsomini.


 

 

(continua...)

 

 
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