Oltre La Notte

C'è posta per chi?


Non so ancora se alla solitudine ci si abitui o ci si rassegni. Fondamentalmente penso che si è tutti un pò soli. Almeno in questo periodo. Mi fa sorridere lo straordinario incremento nelle vendite di cellulari, apparecchi notoriamente utilizzati per comunicare, e lo sviluppo parallelo di chat, di messenger, di messaggini. Addirittura di agenzie matrimoniali on-line.Mi fa sorridere perchè, poi, alla fine, mi sembra che non si riesca comunque a comunicare di persona, incontrandosi, cercandosi. Si riesce a comunicare quasi esclusivamente attraverso un mezzo meccanico, uno schermo che - almeno inizialmente - ci separa dall'altro. Un velo, un muro che ci rimanda solo parole, lasciandoci immaginare i tratti del viso, gli occhi, il sorriso. Lasciandoci immaginare addirittura la personalità, attribuendole ciò che vorremmo che avesse, non ciò che ha.Le ore trascorrono veloci, davanti allo schermo, veloci come il ticchettìo sui tasti. Veloci come la fantasia che costruisce sulle nuvole, inventa, crea, ingigantisce. Si "parla" con perfetti sconosciuti che, almeno all'inizio e per un periodo più o meno lungo di tempo, sono solamente parole in stampatello su una schermata bianca. E che chissà se sono pure loro come si descrivono. O come si lasciano immaginare.Poi, per strada, ci ritiriamo come ostriche quando qualcuno ci si avvicina semplicemente per chiederci un'informazione. Diffidenti ed ostili. E, chissà, magari quel qualcuno, per uno scherzo del destino, è proprio la nostra "pagina bianca", quella davanti alla quale ci poniamo, frementi, tutte le sere ad aspettare che si riempia.
La tecnologia, paradossalmente, ha dilatato le distanze, piuttosto che accorciarle. O, meglio, ha accorciato senza dubbio le distanze tra i popoli, tra le città, le nazioni. Ma, all'interno dello stesso contesto umano, mi sembra che le distanze si siano dilatate di più. E che, proprio per questo, la solitudine stia diventando una dimensione con la quale, inevitabilmente, bisogna sempre più fare i conti. Perchè davanti al pc si è quasi sempre soli, tolte le parole digitate che ci arrivano, attraverso cavi e collegamenti, dall'altra parte dello schermo, dalla parte del nostro interlocutore.Sere fa ho rivisto l'oramai "antico" film "C'è posta per te", con Meg Ryan e Tom Hanks. Un film del 1998, internet, le chat, i messenger, emettevano i primi vagiti e dove due solitudini cominciano a comunicare proprio attraverso una sorta di chat, non svelando l'un l'altra la propria identità. Incontrandosi, poi, senza sapere di essere in comunicazione tra loro (visto che, comunque, i due non si erano completamente svelati interessi e particolari della vita, nella chat) e sviluppando, almeno all'inizio, una sorta di odio-amore che, ovviamente, come tutti i "salmi" che si rispettino, finisce in "gloria". Il film scorre via divertente e sereno. Ma la realtà non è sempre questa. Perchè noi non siamo esseri di celluloide, che devono soddisfare il bisogno di lieto di fine di qualche spettatore. La variabile umana è assai più imprevedibile e può condurre a risultanti altrettanto imprevedibili.A volte mi capita di guardare, intorno a me, i volti chiusi e lontani dei miei concittadini e mi piace immaginare che possano essere, poi, gli stessi che, la sera, una volta adempiuti i compiti di lavoro-casa-palestra, comunicano tra loro senza sapere l'uno dell'altro. Senza sapere che, magari, si incontrano tutti i giorni sul bus oppure, chissà, in palestra od al mercato...Ed allora, quando mi vien da pensare a queste cose, mi chiedo anche cos'è che ci manchi. Cos'è che abbiamo perso. Cos'è che non riusciamo a capire. Oppure cos'è che abbiamo senza nemmeno saperlo...