Creato da Oltre_La_Notte il 15/01/2010

Oltre La Notte

Per arrivare al giorno non c'è altra via che la notte. (Kalhil Gibran)

 

 

Ustica, 27 giugno 1980, ore 21.59

Post n°28 pubblicato il 28 Giugno 2010 da Oltre_La_Notte
 

Ieri era il trentesimo anniversario della strage di Ustica. Sebbene siano passati tanti, troppi, anni, io ricordo ancora quel 27 giugno 1980. Avevo l'età per ricordare, in fondo, ed il 1980 è stato un anno da ricordare. Con tristezza, visto che, oltre al disastro di Ustica ci fu, in agosto, quello della stazione di  Bologna. Un rosario di dolore e di segreti. Di silenzi, di cose non dette, di colpevoli non puniti. Di tante, troppe cose insabbiate senza rispetto per chi vorrebbe soltanto sapere perchè i suoi cari sono morti in modo così atroce.
Il giudice Rosario Priore, nella sentenza del 1999, ha scritto testualmente che l'aereo, il DC9 dell'Itavia, fu abbattuto "con un'azione di guerra militare, una guerra di fatto, non dichiarata". Da chi, però, ancora non riesce a venir fuori. Malgrado trent'anni. Sempre più mi vien da pensare ad un tragico, enorme, errore. Uno sbaglio orribile. C'erano molti velivoli, quella sera, che attorniavano il DC9 caduto. E sempre più si fa largo l'ipotesi che siano stati i francesi ad abbattere, per un tragico, enorme, errore, il velivolo civile.
C'è un sito, creato da due giornalisti, Fabrizio Colarieti e Daniele Biacchessi, che raccoglie i documenti disponibili sul caso Ustica, www.stragi80.it. Ci sono ben 500.000 pagine di documenti ufficiali, sul sito, comprese le registrazioni radar e radio degli ultimi momenti del DC9. E' uno dei modi per non dimenticare quegli 81 morti innocenti e senza un perchè. Senza ancora un colpevole.
Il relitto dell'aereo è stato ricostruito all'interno del museo della memoria di Ustica, a Bologna. A guardare le foto vengono i brividi: in alcune parti della lamiera martoriata si vedono, chiari, i segni di proiettili. Si, proprio così, proiettili. E si capisce, pure se si è profani, che non hanno alcun fondamento le storie che ci hanno propinato sul "cedimento strutturale", sulla "bomba a bordo" e via elencando, in un'apoteosi di idiozie volte a nascondere, insabbiare, negare la verità: il DC9 è finito nel bel mezzo di una vera e propria guerra dei cieli, dove aerei militari stavano tentando di abbattere un altro aereo, quello dove, con tutta probabilità, viaggiava l'immarcescibile Gheddafi. E quegli aerei, quei velivoli militari responsabili di uno sbaglio così terribile, orribile, costato la vita di 81 persone innocenti, forse erano francesi, come sempre più insistentemente si dice.
Degli 81 morti di quella tragica notte del 27 giugno 1980, sono stati recuperate solo 39 salme. Gli altri li ha tenuti per sé il mare. Per sempre. Negando a chi li aspettava anche una tomba dove poter tornare, di tanto in tanto, a portar fiori, a pregare, parlare. Anche di questo dovranno essere chiamati a rispondere quegli sciagurati che sono stati responsabili di tanto, troppo dolore.

 
 
 

Vuoti a buttare

Post n°27 pubblicato il 27 Giugno 2010 da Oltre_La_Notte
 

Chiara Cortese PellinA conferma che i giovani di oggi sono sempre più incapaci di assumersi la responsabilità della loro vita e dei loro fallimenti (anche perchè così è stato insegnato loro), ecco un'altra storia da brividi riportata, oggi dal "Corsera" on line.
Una giovane donna di 26 anni, Federica Bellone, incapace di laurearsi in giurisprudenza, ha pensato bene che uccidere la madre - anzi, per la precisione, far uccidere la madre - fosse più semplice che ammettere di non farcela. E, dal momento che anche la decisione di passare dalle parole ai fatti era ugualmente difficile, piuttosto che ucciderla personalmente, ha convinto un'amica ventinovenne, Chiara Cortese Pellin, volontaria della Croce Rossa (!) a farlo per lei. Mancanza di responsabilità che si somma a mancanza di responsabilità.
La scampata vittima, Paola Berselli, 56 anni, si trovava nella sua casa al mare, nel centro di Bordighera. Qui ha suonato l'imprrovista killer, cercando della sua pusillanime amica, asserendo di avere un appuntamento con lei. Nella sua borsa, Chiara Cortese Pellin porta guanti in lattice, un batticarne ed un coltello da macellaio.
Per fortuna Paola Berselli è riuscita a sfuggire al suo destino: ha lottato, anche se ferita di striscio, con la sua assalitrice, molto più giovane, e l'ha insultata, costringendola alla fuga. Poi è andata al pronto soccorso ed ha raccontato tutto prima ai medici, poi ai carabinieri, fornendo loro il nome ed il cognome della mancata assassina.
Chiara Cortese Pellin è stata trovata alla stazione ferroviaria, in attesa del treno che doveva riportarla a Milano. E' crollata dopo tre ore di interrogatorio con il sostituto procuratore Marco Zocco. Poco dopo è stata arrestata anche la "mandante", mentre preparava - ovviamente - la fuga.
Gioventù fallita. In tutto, persino nel male.
Meno male, almeno per quest'ultimo aspetto.

 
 
 

Cronaca di una disfatta annunciata

Post n°26 pubblicato il 25 Giugno 2010 da Oltre_La_Notte
 

PandoraUn tempo seguivo i mondiali di calcio. Un tempo molto lontano, in verità. Quando la nazionale aveva un bel gioco e dei buoni commissari tecnici. Se non altro, quando si perdeva, si perdeva "con onore", espressione verbale e situazione reale oramai entrambe desuete.
L'Italia di ieri, quella calcistica, intendo, ha offerto il ritratto nudo e crudo dell'Italia reale. Disfatta. E' quello che mi è venuto in mente. Ma non solo dal punto di vista calcistico. Soprattutto dal punto di vista sociale e politico. Un paese in rotta completa, in confusione, perso.
Ho visto la partita a tratti, tanto ci pensavano le grida dei vicini di casa a segnalarmi gli eventi più o meno "luttuosi" di quest'altra campagna d'Africa, anche questa completamente sbagliata, completamente vergognosa. Persino al supermercato c'era la radio sintonizzata sugli eventi sudafricani.
Credo che mai come ieri le varie immagini che il paese - e chi questo paese governa - sta cercando di offrire al mondo sono coincise in un'unica, devastante, sgretolante immagine. E' caduta la maschera, o le maschere. Siamo un popolo confuso, disordinato, pochissimo coeso. Come la squadra che ci ha indegnamente rappresentato a questi mondiali di calcio. Che vergogna. E non solo calcisticamente parlando. Almeno Lippi ha avuto il "coraggio" di assumersi la responsabilità e la colpa di questa debacle da battaglia di Canne di antica memoria.
Altri, che dovrebbero assumersi la responsabilità di ben altre Canne, politiche e sociali, se ne guardano bene, ovviamente. E noi li lasciamo dove stanno, ovviamente. Perchè squadra che perde non si cambia. Ovviamente.
Certe volte mi sembra che gli italiani siano un popolo di tossicodipendenti, oramai incapaci di distinguere la realtà dall'immaginazione. Il buono dal cattivo. Il vero dal falso. E' come se vivessero in un mondo a parte, in una realtà tutta loro dalla quale non sanno o non vogliono svegliarsi, uscire. Non vogliono riappropriarsi di se stessi.
Vedere la realtà e, nonostante tutto, andare avanti, come pochissimi italiani riescono a fare, è difficile. Talvolta estremamente doloroso, talvolta mortificante. E' come il mitologico supplizio di Tantalo... Gli antichi hanno sempre qualcosa da insegnarci, anche attraverso le loro "favole".
Oramai qui, in questo paese di cera liquida, manco la speranza è rimasta, con buona pace di Pandora e del suo vaso.

 
 
 

Degli déi e degli eroi

Post n°25 pubblicato il 24 Giugno 2010 da Oltre_La_Notte
 

Vittorio GassmanCome tutti i giorni, mi sono messa a "sfogliare" le notizie on-line. Tenersi aggiornati, pur con la desolazione dei tempi che corrono, non è una pessima idea. Bisogna tenere i contatti con il mondo senza farci "invadere" dal mondo, però.
Dunque oggi trovo due notizie, non le solite di cronoca-morte-orrori vari, ma due ricordi. I ricordi di due personaggi che, a modo loro, hanno fatto la storia di questi tempi tormentati. Michael Jackson e Vittorio Gassman. Uno l'eterno Peter Pan, l'altro un impareggiabile istrione afflitto, specie negli ultimi anni di vita, da una pesante depressione. Ma quale artista che si rispetti, del resto, non ha tratto proprio dalla "bestia nera" la grandezza che lo caratterizza?
E' un anno che Michael Jackson ha lasciato orfani i suoi fan, non per sua volontà. Sono dieci anni, invece, che Gassman ha lasciato un vuoto nel teatro e nel cinema italiani. Due icone, Jackson e Gassman, dei loro tempi. Del loro "mestiere".
Di Jacko (come viene chiamato dai suoi aficionados) si sparla ancora sulle accuse di omicidio mosse al suo medico personale, dei suoi figli, della paternità dei suoi figli, di quel padre così duro e spietato dall'essere considerato la causa delle nevrosi di questo eterno ragazzino.
Di Gassman si parla un pò meno, forse perchè sono passati dieci anni, forse perchè era italiano, forse perchè non ci sono molti misteri, dietro la sua morte. Io lo ricordo nei film in bianco e nero di un'Italia che non c'è più, in quel capolavoro che resta "L'audace colpo dei soliti ignoti", per esempio. Un uomo fisicamente "ingombrante", Gassman, bello e bravo allo stesso tempo. Qualcuno, forse, non glielo perdona o non glielo ha perdonato, dando al termine "istrione" (rispettabile in sé e per sé) un significato negativo.
Per Gassman e per Jacko, nelle rispettive patrie, ci saranno manifestazioni commemorative. Si rimpiange di non aver amato abbastanza quando erano in vita, forse, gli idoli che lo spettacolo ha creati ed allora la macchina "infernale" dello show biz e dei lustrini imbandisce ghiotte mense per palati più e meno fini. Parenti piangenti e tardivamente nostalgici, come nel caso di Jacko. Film e ricordi corali, nel caso di Gassman.
Un tempo lontano sarebbero assurti, entrambi, alla dimora degli déi. Avrebbero eternamente banchettato ad ambrosia, avrebbero avuto statue di marmo e di bronzo ed offerte votive dai mortali. Ma non è più tempo di déi e di eroi. E, forse, non è nemmeno più tempo di Uomini, con la "U" maiuscola.

 
 
 

Da mihi basia mille...

Post n°24 pubblicato il 23 Giugno 2010 da Oltre_La_Notte
 

Kiss

Una foto rimasta celebre. Era il 14 agosto 1945, la città era New York, la piazza Times Square. Questa foto è stata ed è tuttora la foto simbolo della fine della Seconda Guerra MOndiale.
A scattare questa celeberrima istantanea è stato il fotografo americano, di origine tedesca, Alfred Eisenstaedt.
Si conosce il nome dell'infermiera, di bianco vestita, Edith Shain, ma non quello del giovane marinaio. Edith Shain è morta, domenica scorsa, all'età di 91 anni nella sua casa di Los Angeles.
Questa foto fu pubblicata dalla rivista "Life" ed ebbe un successo folgorante ed immediato, divenendo non solo il simbolo della fine della guerra, ma anche quello della pace e della speranza in un futuro più felice.
Trent'anni dopo questo celebre scatto, Edith Shain scrisse al fotografo Eisenstaedt, rivelando di essere lei la protagonista, allora ventiseienne, della foto. Edith lavorava, all'epoca, al Doctor's Hospital di New York.

 
 
 

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Non posso dire che tu non abbia torto... :-) Ma continuo a...
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E' vero quello che hai detto. Ma è vero anche il...
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