Versi e prose

Due punti non possono essere mai così distanti da non trovare un segmento che li unisce

Creato da IOeMR.PARKINSON il 06/06/2011
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DEDICATO AI MIGLIORI AMICI

Post n°51 pubblicato il 29 Gennaio 2012 da IOeMR.PARKINSON
 
Tag: Varie
Foto di IOeMR.PARKINSON

Anche io ho avuto dei cani. Io sono allergico a molte cose e prima di tutto sono allergico a me stesso, dovrei stare tutto il tempo con una mascherina ma trovandola molto scomoda prendo da sempre degli antistaminici per poter convivere con la mia persona. Come al solito divago! Allora, stavo dicendo che essendo allergico per costituzione, pur amando gli animali, fino a quando ho potuto ho tenuto lontani da me cani, gatti, scimmie, leoni ecc., insomma tutti gli animali forniti di pelo. Ma poi mi sono sposato e in questi casi, si sa, cosa non si fa per compiacere la dolce sposina! Così per la prima volta mi è toccato convivere con un cagnolino di nome Ghibli..., e si non bastava il pelo del cane, anche il vento del deserto che ci riempiva la casa anche di sabbia! Ma si sa che per amore si sopporta tutto: tripla dose di antistaminici e via! Con il tempo mi abituai alla convivenza forzata,

Ghibli come tutti i cani era un ruffiano nato e dopo un po di tempo mi affezionai talmente che non avrei più potuto concepire la mia vita senza le sue coccole! Purtroppo il destino era in agguato, infatti dopo qualche anno Ghibli si ammalò di una malattia che gli procurò una paralisi progressiva e il veterinario mi consigliò di sopprimerlo per evitargli sofferenze inutili. Lo accompagnai in ambulatorio e quando lo consegnai all'assistente del veterinario, Ghibli, che aveva capito tutto, mi guardò negli occhi e nel suo sguardo lessi queste parole: "come puoi farlo?" Gli risposi: "non posso farne a meno, tu lo sai! non potresti più correre in mezzo all'erba, non potresti più sentire le carezze del vento e come potresti raccogliere i legnetti che ti lancio e riportarmeli come facevi di solito". Intanto, l'assistente lo legava al lettino dell'ambulatorio e preparava la puntura. Non soffrirà, mi aveva assicurato. Attraverso il vetro della porta che separava la sala d'attesa dall'ambulatorio io guardavo, piangendo, la scena e Ghibli si occorse e mentre il veterinario si accingeva a somministrare  il veleno, voltò la testa verso di me,  mi guardò con i suoi occhioni languidi e mi sorrise tristemente come per dirmi: "non ti preoccupare amico mio, ho capito che non è colpa tua ed è stato bello fin ....." . In quel momento i suoi occhi si chiusero per sempre e anche una parte di me lo seguì!

In seguito nella mia vita fece la sua comparsa Susy, una deliziosa barboncina che per quasi 20 anni ci tenne compagnia, ma questa è un'altra storia!

Qualche giorno fa ho letto in un sito web questa serie umoristica dedicata ai nostri amici a quattro zampe: l'ho copiata per voi amici lettori, ma il mio pensiero va a voi,  Ghibli e Susy, ovunque voi siate, chi sa che non vi strappi un sorriso!


PERCHE' I CANI SONO COME GLI UOMINI

1. Entrambi prendono troppo spazio nel letto
2. Entrambi hanno una paura irrazionale delle pulizie con l'aspirapolvere
3. Entrambi segnano il proprio territorio
4. Nessuno dei due ti dice cosa gli passa per la testa
5. Piu' sono piccoli piu' tendono ad essere nervosi
6. Entrambi hanno una particolare avversione per le pattine
7. Nessuno dei due lava i piatti. Escluso qualche caso (non per i cani!)
8. Entrambi "scorreggiano" sfacciatamente
9. Nessuno dei due nota quando ti tagli i capelli
10. Entrambi apprezzano i giochi di lotta
11. Entrambi guardano con sospetto il postino ed il lattaio
12. Nessuno dei due capisce che cosa ci trovi nei gatti.

PERCHE' I CANI SONO MIGLIORI DEGLI UOMINI

1. I cani non hanno problemi a mostrare i loro sentimenti in pubblico
2. I cani sentono la tua mancanza quando sei partita
3. I cani si sentono in colpa quando hanno fatto qualcosa di sbagliato
4. I cani ammettono di essere gelosi
5. I cani sono molto espliciti nel chiedere di uscire
6. I cani non giocano con te criticandoti e ridendo su come lanci la palla
7. Puoi addestrare un cane
8. I cani sono facili da comprare
9. La peggiore malattia che ti puo'attaccare sono le pulci (Ok, veramente la peggiore e' la rabbia, ma c'e' un vaccino per quello e puoi sempre uccidere il cane che te l'ha attaccata)
10. I cani capiscono cosa significa la parola NO
11. I cani non mentono quando ti baciano

PERCHE' I CANI SONO MIGLIORI DELLE DONNE

1. Il padre di un cane non verra' mai a cercarti
2. Un cane apprezza che tu lasci i vestiti sul pavimento
3. Il cane limita il suo tempo in bagno ad una veloce bevutina
4. Un cane non si aspetta che gli telefoni
5. Un cane non impazzisce se ti dimentichi il suo compleanno
6. Un cane non si preoccupa dei cani che hai avuto in precedenza
7. Un cane non si aspetta mai fiori
8. Piu' fai tardi, piu' e' felice di vederti
9. Un cane non fa shopping

Sito:  http://web.freepass.it/cazzionario/le_migliori_cazzate_della_rete.htm

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morte di un idiota

Post n°50 pubblicato il 29 Gennaio 2012 da IOeMR.PARKINSON
 
Tag: Poesie


Spesso ci accade di etichettare le persone come se fossero merce esposta in un supermercato, ad esempio, se ci fermiamo al reparto macelleria, troveremo: filetto di vitello, polpa di vitello, di vitellone, di prima o seconda scelta, costine, tritata magra, tritata di seconda qualità, ecc. ecc., poi ci sono le frattaglie di diverso tipo e infine gli ossi per il brodo e quelli che neanche un cane mangerebbe!

Come si capisce che sono abituato a fare la spesa e, anche se quasi vegetariano, i pezzi di carne esposti nel banco macelleria mi hanno sempre fatto riflettere. In fondo anche gli esseri umani vengono etichettati secondo certi criteri che non sempre riflettono il vero valore della merce (esempio: una fetta di filetto alla griglia è più buona di un piatto di fegato alla veneta?) , perché spesso ci fermiamo alle apparenze e in base a queste esprimiamo dei giudizi e attribuiamo dei valori.

Si, siamo tutti catalogati in funzione di come ci presentiamo e dell'etichetta che ci è stata affibbiata: uomo di cultura, mente politica, manager d'assalto, dirigente, impiegato, buon padre di famiglia, sciupa femmine e la lista potrebbe continuare all'infinito. Ma in fondo a questa lista troviamo gli ossi che neanche un cane mangerebbe, troviamo delle persone che abbiamo etichettato con un termine che generalmente utilizziamo con disprezzo: gli idioti, cioè individui che non hanno adeguate capacità intellettive.

Per intenderci meglio, sto parlando di quella categoria alla quale appartenevano, un tempo, gli scemi dei villaggi. Ogni comunità, anche se piccola, aveva il proprio scemo del villaggio! Ma se ci fermiamo un attimo a ragionare viene spontaneo chiederci, ma cosa aveva di particolare lo scemo del villaggio? una cosa di sicuro: era diverso dagli altri!

Certo che anch'io non devo essere tanto normale se sono partito dal banco del macellaio per arrivare allo scemo del villaggio!

I cosiddetti diversi ci hanno quasi sempre fatto paura e abbiamo cercato di isolarli e nella storia più recente li abbiamo sterminati e fatti passare, trasformati in fumo, dalle canne dei forni crematori!

E questo avveniva ad opera dei cosiddetti normali con il complicità tacita di altri normali che facevano finta di non sapere.

Ma torniamo a bomba allo scemo del villaggio, quasi sempre una creatura semplice che aveva solo la colpa di essere diverso dagli altri, di non sapersi esprimere come gli altri, di avere paura dei suoi simili.

Oggi non ci sono più i villaggi di un tempo, anche le piccole comunità scimmiottano le grandi città ma quelli che noi consideriamo “idioti” ci sono sempre. Ci sono delle strutture organizzate per accoglierli, per accudirli ma in fondo, nessuno di noi si pone alcune delle domande che dovrebbero sorgere spontanee: quali sono i pensieri che un idiota nasconde? qual'è la sua visione del mondo? che opinione ha di quelli che stanno al di là della siepe? un idiota come ci giudica, ammesso che lo faccia o ha già superato questo stadio ?

Alcune società dell'antichità e molte culture tribali avevano un profondo rispetto per gli idioti e i pazzi in generale perché li consideravano delle creature divine. E se avessero avuto ragione loro?

Personalmente penso che anche Charles Bukowski la pensasse alla stessa maniera!

morte di un idiota

parlava a topi e a passerotti

e aveva i capelli bianchi a 16 anni.

suo padre lo picchiava tutti i giorni e sua madre accendeva ceri in chiesa.

la nonna si avvicinava mentre il ragazzo dormiva

e pregava perché il diavolo mollasse la presa su di lui

mentre sua madre ascoltava e piangeva sulla

bibbia.

sembrava non notare le ragazze

sembrava non notare i giochi che i ragazzi facevano

non c'era molto che sembrava notare

semplicemente non sembrava interessato.

aveva una bocca molto larga, brutta e i denti sporgevano

e gli occhi erano piccoli e spenti

le spalle erano spioventi e la schiena era curva

come quella di un vecchio.

viveva nel nostro quartiere.

parlavamo di lui quando eravamo annoiati e poi

passavamo a cose più interessanti.

raramente usciva di casa. ci sarebbe piaciuto

torturarlo

ma suo padre

che era un uomo enorme e terribile

lo torturava per

noi.

un giorno il ragazzo mori. a 17 anni era ancora un

ragazzo. una morte in un piccolo quartiere viene notata

subito, e poi dimenticata 3 o 4 giorni

dopo.

ma la morte di questo ragazzo sembrò restare dentro tutti

noi. continuavamo a parlarne

con le nostre voci di ragazzi-uomini

alle 6 del pomeriggio appena prima del buio

appena prima di cena.

e ogni volta che passo in macchina per quel quartiere adesso,

dopo decenni

penso ancora alla sua morte

mentre ho dimenticato tutte le altre morti

e qualsiasi altra cosa accaduta

allora.

di Charles Bukowski

 

 
 
 

A COSA SERVE UN TITOLO?

Post n°48 pubblicato il 29 Gennaio 2012 da IOeMR.PARKINSON
 
Tag: Poesie



Nella cantina della mia casa, tra bambole senza braccia, cavallini azzoppati e fiori di carta color zucchero marcio, tanto tempo fa ho riposto un sacco di tela talmente rigonfio da dare l'impressione che dovesse scoppiare da un momento all'altro. L'avevo riempito giorno dopo giorno, con la cura meticolosa di chi crede che tutto sia eterno e vi avevo riposto i miei segreti per custodirli, i libri che avrei dovuto leggere e quelli che avevo letto, i pensieri strappati alla notte nelle lunghe ore di attesa che qualcosa accadesse. Mi dicevo verrà il giorno in cui tutto ciò mi servirà, quando finalmente prenderò il treno che mi porterà lontano dalla mia città prigioniera del mare, perchè il mare così libero e immenso ha il potere di farti sentire prigioniero se nasci in un'isola.





Nel sacco avevo anche messo il colore dei capelli delle ragazze che non avevo avuto e il luccichio dei loro occhi di seta: se un giorno dovessi dipingere la giovinezza, mi dicevo, ne avrò bisogno e, vi avevo stipato anche il suono delle loro
parole, la grazia delle loro movenze, perchè se un giorno dovessi scrivere, mi dicevo, ne avrò bisogno!
Non ho fatto niente di tutto questo perchè, anche se lasciai la mia terra, lo feci quando avevo già rinunciato a vivere, ma caparbio come un mulo continuai a portarmi con me quel sacco di tela cercando di non perdere niente del suo contenuto e ad ogni tappa del cammino, controllavo che i lacci della chiusura tenessero.
Quando mi fermai, perchè stanco di continuare ad andare avanti, lo riposi in cantina e lo dimenticai. Lo riscoprii qualche tempo fa, non mi ricordo cosa stessi cercando, e quando lo presi fra le mani si afflosciò perchè era pieno solo di aria!
Io non gioco a dama sotto il sole nel parco con i vecchi della mia età ma non me sono neanche mai ..."andato", forse perché non sono mai stato bello e ho sempre avuto paura di scottarmi. Ma in fondo, c'è da dire che faccio parte di una generazione sbagliata: nati troppo presto per condividere gli  ideali del dopo guerra e troppo tardi per rinnegarli

Ti capisco Bukowski, poeta di una generazione alla quale avrei voluto appartenere: "a cosa serve un titolo?"                     franco

a cosa serve un titolo?

 

non ce la fanno
i belli muoiono tra le fiamme -
barbiturici, veleno per topi, cappio, qualsiasi
cosa...
si strappano via le braccia,
si gettano dalla finestra,
si cavano gli occhi dalle orbite, rifiutano l'amore
rifiutano l'odio
rifiutano, rifiutano.

 

non ce la fanno
i belli non durano,
sono le farfalle
sono le colombe
sono i passerotti,
non ce la fanno.

 

una fiammata alta
mentre ivecchi giocano a dama nel parco
una fiamma, una bella fiamma
mentre i vecchi giocano a dama nel parco
sotto il sole.

 

i belli vengono trovati nell'angolo di una stanza
accartocciati tra ragni e siringhe e silenzio
e non capiamo mai il motivo per cui se ne sono
andati, erano cosi
belli.
non ce la fanno,
i belli muoiono giovani
e lasciano i brutti alle loro brutte vite.

 

adorabili e brillanti: vita e suicidio e morte
mentre i vecchi giocano a dama sotto il sole
nel parco.

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

I giorni della memoria

Post n°44 pubblicato il 28 Gennaio 2012 da IOeMR.PARKINSON
 
Tag: Varie
Foto di IOeMR.PARKINSON



Oggi 27 Gennaio si celebra il "giorno della memoria" !

Con tutto il rispetto per questa data, che ricorda  lo stesso giorno nel 1945, quando le truppe sovietiche dell'Armata Rossa, nel corso dell'offensiva in direzione di Berlino, arrivarono a Auschwitz, scoprendo il campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti, mi chiedo ma gli altri 364 giorni dell'anno chi li ricorda?

 Perché da quando l'uomo ha incominciato ad usare la clava per uccidere non solo le prede ma anche i suoi simili è iniziata una serie di persecuzioni del più forte nei confronti del più debole, di un clan nei confronti di un altro, di una civiltà per la conquista di territori e l'asservimento di altre popolazioni da ridurre in schiavitù (primo esempio di mano d'opera a basso costo). In tutto questo, è innegabile che le religioni hanno avuto la loro parte, notevole, di responsabilità!

 Il mio dio è migliore del tuo e via con le crociate in nome di Cristo contro i mussulmani, dimenticandosi che queste due grandi religioni monoteiste avevano discendenze e profeti in comune. I cristiani adorano Gesù, un ebreo, ma per secoli hanno perseguitato gli  ebrei e poi si sono lamentati che il nazional-socialismo tedesco ne ha bruciati qualche milione! Ma il popolo tedesco, molto pragmatico, ha fatto le cose alla grande, visto che c'era ha incluso nella lista i comunisti, gli zingari, gli omosessuali, i portatori di handicap e qualche altra minoranza indesiderata. L'Unione sovietica insieme agli alleati, libera la Germania, ma per non essere da meno inizia in casa proprio a perseguitare ebrei, zingari, omosessuali, oppositori del regime, ecc.: alè, la storia ricomincia! Non sono certo uno storico, ve ne sarete accorti, e mi sono fermato a dare una occhiata al vecchio continente, ma ce sarebbero cose da dire...ad esempio sulle guerre colonialiste, sullo sterminio di intere popolazioni africane, americane ecc. Non mi dilungo oltre perché, in effetti, il mio scopo principale è quello di ricordare, con qualche esempio letterario, alcuni personaggi perseguitati.



Comincio con un mio compaesano di qualche millennio fa, un poeta arabo-siculo costretto a lasciare quella che per lui era la sua patria, la Sicilia,  sto parlando di Ibn Hamdis, che nasce a Siracusa nel 1056. Abbandona la Sicilia dopo la conquista normanna della città (1078). Si rifugia a Siviglia, dove scrive fra l'altro dei versi pieni di nostalgia per il suo paradiso perduto:

Custodisca Iddio una casa di Noto e fluiscano su di lei le rigonfie nuvole!
Con nostalgia filiale anelo alla patria, verso cui mi attirano le dimore delle belle sue donne.
E chi ha lasciato l’anima a vestigio di una dimora, a quella brama col corpo fare ritorno….
Viva quella terra popolata e colta, vivano anche in lei le tracce e le rovine!
Io anelo alla mia terra, nella cui polvere si son consumate le membra e le ossa dei miei avi
Le sollecitudini della canizie bandiscono l'allegria della gioventù. Ahi! la canizie abbuia[l'animo] quand'essa risplende!
Nel fior della gioventù fui destinato a viver lungi [di casa mia] quando quella [felice età] fosse declinata e scomparsa.
Conosci tu alcun conforto della [perduta]gioventù? [Dimmelo], perché chi sente il malore brama la medicina.
Vestirò forse la canizie col nero del hidàb; metterò su l'aurora la notte per coperchio?
Ma come sperar una tinta che duri, se non ho trovato [il modo] di far durare la gioventù?
Un legger venticello, fiato di fresca brezza, soffia soave e mormora:
A notte ella mosse, guidata da' balenii che fean piangere il cielo su' morti [distesi] in terra.
Udiasi la voce del tuono che cacciava le nubi, come il camelo quando sgrida col muggito le sue femmine restie.
Ardeano i lampi d'ambo i fianchi di essa: era il luccicar delle spade sguizzanti fuor dal fodero.
Passai la notte nelle tenebre. O primo albore [io dicea] recami la luce!
O vento, quando apporti la pioggia a ricreare i campi assetati,
Spingi verso di me i nugoli asciutti, ch'io li saturi col pianto mio!
Bagni il mio pianto quel terreno dove passai la giovinezza: ah, che nella sventura sia sempre irrorato di lacrime!
O vento, che tu corra presso alle nubi, o che te ne scosti, non lasciar, no, che asseti certa collina del caro paese!
La conosci tu? Se no, [sappi] che l'ardor del sole vi fa olezzare i [verdi] rami.
Qual meraviglia? In que' luoghi gli intelletti d'amore impregnan l'aria di lor profumi.
Lì batte un cuore sì pieno [d'affetto], ch'io v'ho attinto tutto il sangue che mi corre nelle vene.
A quelle piagge riedon sempre furtivi i miei pensieri, come il lupo ritorna [sempre] a sua boscaglia.
Quivi fui compagno dei lioni che correano alla foresta: quivi andai a trovar le gazzelle in lor covile.
Dietro a te, o mare, è il mio paradiso: quello in cui vissi tra' gaudii, non tra le sventure!
Vidi lì spuntar l'aurora [della] mia [ vita] ed or, a sera, tu me ne vieti il soggiorno!
O perché mi fu tolto ciò ch'io bramava, quando il pelago mi separò da quelle piagge?
Avrei montata, invece di palischermo, la falcata luna, per arrivar a stringermi al petto il [mio] Sole!

Quello che segue è, invece, il canto di un nativo americano:


Io sono soltanto un uomo.

Sono la voce del mio popolo.

Quali che siano i loro sentimenti,

io dico questo.

Non voglio più la guerra.

Voglio essere un uomo.

Voi mi negate il diritto di un uomo bianco. La mia pelle è rossa,

il mio cuore è come il cuore di un uomo bianco, ma io sono un Modoc.

Non ho paura di morire.

Non cadrò sulle rocce.

Quando muoio i miei nemici saranno sotto di me.

I vostri soldati mi hanno attaccato mentre dormivo sul fiume Lost.

Essi ci hanno spinto su queste rocce come un cervo ferito.

Kintpuash dei Modoc

Segue una delle prime pagine del diario di Anna Frank:


Per alcuni giorni non ho scritto nulla, perché prima ho voluto riflettere un poco su questa idea del diario. Per una come me, scrivere un diario fa un curioso effetto. Non soltanto perché non ho mai scritto, ma perché mi sembra che più tardi né io né altri potremo trovare interessanti gli sfoghi di una scolaretta di tredici anni. Però, a dire il vero, non è di questo che si tratta; a me piace scrivere e soprattutto aprire il mio cuore su ogni sorta di cose, a fondo e completamente.
"La carta è più paziente degli uomini", rimuginavo entro di me questa massima in una delle mie giornate un po' melanconiche mentre sedevo annoiata con la testa fra le mani, incerta se uscire o restare in casa, e finivo col rimanermene nello stesso posto a fantasticare.
Proprio così, la carta è paziente, e siccome non ho affatto intenzione di far poi leggere ad altri questo quaderno rilegato di cartone che porta il pomposo nome di "Diario", salvo il caso che mi capiti un giorno di trovare un amico o un'amica che siano veramente l'amico o l'amica, così la faccenda non riguarda che me. Eccomi al punto da cui ha preso origine quest'idea del diario: io non ho un'amica.
Per essere più chiara debbo aggiungere una spiegazione, giacché nessuno potrebbe credere che una ragazza di tredici anni sia sola al mondo. Neppur questo è vero: ho dei cari genitori e una sorella di sedici anni; conosco, tutto sommato, una trentina di ragazze di alcune delle quali potreste dire che sono mie amiche, ho un corteo di adoratori che mi guardano negli occhi e, se non possono fare altrimenti, in classe cercano di afferrare la mia immagine servendosi di uno specchietto tascabile. Ho dei parenti, care zie e cari zii, un buon ambiente familiare; no, apparentemente non mi manca nulla, salvo l'amica. Con nessuno dei miei conoscenti posso far altro che chiacchiere, né parlar d'altro che dei piccoli fatti quotidiani. Non c'è modo di diventare più intimi, ecco il punto. Forse questa mancanza di confidenza è colpa mia; comunque è una realtà, ed è un peccato non poterci far nulla.
Perciò questo diario. Allo scopo di dar maggior rilievo nella mia fantasia all'idea di un'amica lungamente attesa, non mi limiterò a scrivere i fatti del diario, come farebbe qualunque altro, ma farò del diario l'amica, e l'amica si chiamerà Kitty.

Ma da controcanto, ecco la lirica di un poeta palestinese perseguitato dagli ebrei, pardon israeliani, si tratta di:

Samih al-Qasim nasce nel 1939 nella città giordana di al-Zarqa, nel periodo in cui il padre era al servizio della Legione Araba del re Abdullah. Proveniente da una famiglia drusa originaria della città di Ramah nell’Alta Galilea, frequenta la scuola elementare qui per poi trasferirsi a Nazareth, dove conseguirà il diploma di scuola superiore. La sua famiglia non abbandonò la Palestina successivamente alla Nakba del 1948.
Oltre che per l’attività di giornalista e poeta, lo scrittore si è distinto anche per essere tra i più tenaci sostenitori dei diritti dei palestinesi, da sempre in prima linea nel contrastare la condotta politica del governo israeliano. Tale dissenso si manifesta chiaramente nel 1960, quando al-Qasim rifiuta di arruolarsi nell’esercito israeliano. Nel 1967 si unisce alle file del Partito Comunista Israeliano Hadash e al termine della “guerra dei sei giorni” viene detenuto a lungo insieme ad altri membri del partito e trasportato nella prigione di al-Damoun nella città di Haifa. A causa della sua militanza politica sarà arrestato diverse volte.
Attualmente lavora come giornalista ad Haifa dove è caporedattore del giornale arabo-israeliano Kull al-Arab.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=6gOnWp515D4]

BIGLIETTO DI VIAGGIO

Quando sarò ucciso, uno di questi giorni
l’assassino troverà nella mia tasca i biglietti di viaggio
uno verso la pace
uno per i campi di pioggia
uno
verso la conoscenza dell’umanità
(ti prego non sprecare i biglietti mio caro assassino ti
prego di partire…)                                                  

                                    Concludo con questo articolo:

Scrittori perseguitati, la mappa

Dall'Asia all'Africa, numerosi i casi di violenza verso
i dissidenti e chi fa informazione sulle attività governative: dal Vietnam alla Russia, dalla Turchia all'Etiopia, dal Congo all'Algeria

Di Edoardo Castagna

Può essere difficile ricordarselo nel nostro Occidente, dove l'habitat naturale degli intellettuali è il salotto. Ma nel resto del mondo essere uomini d'impegno e di cultura può ancora essere difficile. Soprattutto se si devono fare i conti con il comunismo e le sue scorie, o con le giunte militari ancora al potere in troppi Paesi del Terzo mondo. A tracciare una mappa degli intellettuali perseguitati, soprattutto scrittori e giornalisti, è il Pen club internazionale: il suo bollettino annuale, il Writers in Prison Commettee, sarà presentato sabato a Milano, al Palazzo delle Stelline. L'occasione sarà lo spunto per la seconda Cattedra dei diritti umani dello scrittore, dedicata a «Libertà di espressione, potere e terrorismo». A contendersi il dubbio onore del maggior numero di intellettuali perseguitati sono Cina e Cuba - la Corea del Nord manca all'appello per assoluta mancanza di dati. L'intramontabile Fidel Castro costringe i curatori dei rapporti sui diritti umani a sempre nuovi aggiornamenti. Il Pen club registra i venticinque scrittori e giornalisti ancora in carcere tra i settantacinque arrestati nel 2003, quando il regime diede l'ultimo vistoso giro di vite contro gli oppositori. Scontano condanne a quindici, venti o venticinque anni in prigioni isolate, più volte accusate di condizioni inumane, e con rari contatti con i famigliari. Tra i detenuti si contano Ricardo Severino Gonzáles Alfonso, direttore del periodico "De Cuba", o José Miguel Martínez Hernández, firmatario del Progetto Varela - appoggiato dall'Ue - che sostiene un passaggio morbido alla democrazia e al mercato. Ma a Cuba è uno stillicidio di piccole e grandi vessazioni, arresti improvvisi e immotivati, violenze, perquisizioni. Come in un altro bastione comunista, il Vietnam: il governo di Hanoi tiene agli arresti l'ottuagenario leader buddista Quang Huyen, arrestato nel 1994 per aver pubblicato una lettera aperta di critica contro le limitazioni di parola e di religione. Entrano ed escono di galera anche numerosi altri oppositori del regime di Hanoi, come lo scrittore Vu Binh Nguyen e il medico Hong Son Pham. Molti di questi dissidenti utilizzano Internet per contestare l'assenza di libertà e la violazione di diritti umani: un tratto, questo, che li accomuna ai più noti dissidenti cinesi. Il rapporto allinea una quarantina di nomi, perseguitati in vario modo da Pechino. Tra loro anche poeti - Tao Shi, Weiping Jiang - e intellettuali delle nazionalità oppresse da Pechino: lo scrittore Abdulghani Memetemin e lo storico Tohti Tunyaz «Muzart», musulmani della regione «autonoma» dell'Uigur (Xinjiang per i cinesi); il libraio-editore Hada, mongolo. E, naturalmente, tanti tibetani, soprattutto monaci. Certe prassi non sono ancora cadute in disuso nemmeno nella vecchia Europa, nelle autoritarie polizie di Putin e di Lukašenko: Russia e Bielorussia gareggiano nel fornire materiale al Pen club. A Minsk restano senza nome gli assassini della giornalista Veronika Cherkasova, mentre diversi sono i perseguitati per le critiche all'ultima dittatura europea. In Russia gli intellettuali diventano scomodi sia se attaccano troppo duramente Putin e l'oligarchia che lo sostiene, sia se parteggiano per i separatisti - ceceni o di altre nazionalità. Sono stati uccisi Paul Klebnikov, autore dal pamphlet "Padrino al Cremlino", e Magomedzarid Varisov, analista politico caduto vittima delle faide interne al Daghestan. Motivazioni simili sorreggono gli attacchi alla cultura in Turchia. È celebre il caso di Orhan Pamuk, sotto processo per aver ammesso il genocidio degli armeni, ma decine sono gli intellettuali perseguitati per aver criticato i miti fondatori della Turchia moderna: per esempio, il giornalista Mehmet Kutular o l'editore Husyn Aygun. Ankara perseguita anche gli islamisti e, naturalmente, i curdi. Asia e Africa sono costellate da regimi repressivi. In Asia centrale, particolarmente rimarchevoli sono i casi dell'Uzbekistan, dove sono agli arresti diversi giornalisti-op positori, e dell'Iran. Sono in prigione Akbar Ganji, giornalista, Hossein Ghaziyan, accademico, Siamak Pourzand, critico cinematografico, Mojitaba Sami'inejad, scrittore, Nasser Zarafshan, traduttore. Perfino l'ayatollah Yasub al-Din Rastgari. Tutti per aver denigrato la "rivoluzione" islamica. Se la repressione birmana è celebre, soprattutto per gli arresti domiciliari cui è costretta il premio Nobel Suu Kyi Aung San, sorprende il numero di intellettuali imprigionati o perseguitati in Nordafrica. In Algeria ha scontato diverse condanne il direttore del quotidiano "Le Matin", Mohammed Benchicou (liberato due giorni fa dopo due anni di carcere) "reo" - come molti suoi colleghi incriminati - di aver criticato il governo del presidente Bouteflika. Accuse simili a quelle contestate in Marocco a diversi editori di periodici, mentre in Tunisia lo scrittore Mohammed Abbou e l'editore Hamadi Jebali sono detenuti per aver denunciato gli abusi dei militari. Critiche le situazioni del Congo, dello Zimbabwe e del Corno d'Africa dove, oltre che in Somalia, gli intellettuali sono a rischio in Eritrea e in Etiopia - decine i giornalisti imprigionati o scomparsi. Cuba a parte, rispetto a qualche anno fa migliora la situazione delle Americhe. Con due rilevanti eccezioni. Il Messico, dove si contano diversi giornalisti scomparsi o uccisi per aver denunciato i trafficanti di droga, armi e uomini. Perseguitato, tra gli altri, anche il poeta Sergio Witz López. E il Venezuela, dove è sotto accusa la direttrice del "El nuevo País", Patricia Poleo, e sono illegalmente detenute le giornaliste Kenny Aguilar e Alecia Rodríguez del Valle. Hugo Chavez sembra voler seguire le orme del suo maestro, Fidel Castro, anche nella repressione.

 
 
 

La vita di Jim Morrison

Post n°40 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da IOeMR.PARKINSON
 
Foto di IOeMR.PARKINSON

Mentre era ancora in vita, Jim Morrison stava per avviarsi a diventare un eroe mitico, una leggenda vivente.
La sua morte prematura e misteriosa consolidò questa leggenda, dandogli un posto di diritto nell'olimpo di quegli "artisti maledetti" che avevano il dono di  aggredire a morsi la vita, incuranti delle conseguenze. 
Artisti di un talento particolare che sentivano scorrere la vita nelle loro vene così intensamente da diventare impossibile viverla fino in fondo, artisti come: Arthur Rimbaud, Charles Baudelaire, Dylan Thomas, James Dean, Jimi Hendrix ed altri!
E' come se gli dei, dopo aver concesso a certi  personaggi il massimo dei doni, si accorgessero che la loro luce rischia di squarciare le nuvole che nascondono la vetta dell'olimpo, ed allora per invidia e per un atto di difesa dei loro privilegi di casta, danno incarico ad Atropo di tagliare anzitempo il filo della loro vita.
Scrive, a proposito,  Danny Sugerman, uno dei suoi biografi: "la mia personale convinzione è che Jim Morrison fosse un dio." Io, per quello che può valere, la penso alla stessa maniera!
Mi piace ricordare un fatto accaduto a Jim quando era ragazzo e che avrebbe, come da lui stesso descritto, finito per diventare come "il momento più importante di tutta la mia vita". Nei pressi di Albuquerque, mentre era in viaggio in auto con la sua famiglia, passò accanto ad un camion ribaltato, e vide che sull'asfalto c'erano i corpi di alcuni indiani Pueblo, morti, feriti, sfracellati sull'asfalto. Jim cominciò a piangere. Il padre fermò l'auto e mando qualcuno a chiedere soccorsi e Jim dentro la macchina piangeva a dirotto. Il padre poi ritornò in auto e proseguì il viaggio ma il ragazzino (Jim aveva sette anni) non si calmava e continuava a piangere e singhiozzando gridava: "Voglio aiutarli, voglio aiutarli ...". La madre lo teneva tra le braccia, cercando di consolarlo: "Va tutto bene, Yimmy, stai tranquillo". E il ragazzo: "Stanno morendo! Stanno morendo!"
Il padre ad un certo punto disse. "E' stato un sogno, Yimmy, non è successo davvero, è stato soltanto un sogno!"
Ma Jim non si calmava, continuando a singhiozzare e anni dopo, raccontando questo fatto a degli amici, disse che mentre l'auto del padre si allontanava dal luogo dell'incidente, l'anima di un Indio morto entrò nel suo corpo!
                                      Io sono convinto che accadde veramente!


  UNA POESIA DI RE LUCERTOLA

Maledizioni, Invocazioni

Strani bastardi microcefali
Mi aspetto che uno di voi si elevi
Strabordanti checche obese
Tossici duri dei giardinetti e veterane della figa
Bizzarri santi del cavolo
Ammassamerda e individualisti
Pallosi spogliarelli d'impiegati
Perdenti a denti stretti e
Avidi magnaccia
I miei dandy militanti
Tutti i più strani generi di mostri
Anelanti l'estasi alcolica
Siete i benvenuti alla nostra processione

Arrivano i Commedianti
Guardali sorridere
Osservali danzare per un miglio indiano
Guarda il loro gestire

Quanta sicurezza
Tanta da esprimere chiunque a gesti
Le parole dissimulano
Le parole siano svelte
Le parole assomigliano a bastoncini che camminano
Piantali, cresceranno
Guardali ondeggiare così
   Sarò sempre un uomo-parola
   Meglio che un uomo-uccello
BIOGRAFIA
Jim Morrison nacque l'8 dicembre 1943 a Melbourne in Florida da un ufficiale di marina e da un casalinga. Cantante, poeta, film-maker, è stato soprattutto una leggenda della musica.

Voce leader dei Doors, è stato uno dei principali riferimenti per intere generazioni di giovani negli anni della guerra del Vietnam, dell'assassinio dei fratelli Kennedy e di Martin Luther King. Animale da palcoscenico, eroe maledetto, angelo ribelle, il Re Lucertola - Lizard King - è stato profeta della libertà. Per i suoi inviti alla trasgressione l'FBI ha aperto un dossier su di lui, e nel 1969 è stato perfino arrestato per oscenità. La sua morte precoce nel 1971 lo ha trasformato in un mito: da allora le raccolte dei Doors continuano ad andare a ruba, e ogni anno migliaia di giovani si recano in pellegrinaggio sulla sua tomba nel cimitero di Père Lanchaise a Parigi.

Di famiglia medio borghese, aveva due fratelli ai quali non si sentì mai particolarmente legato. Trascorse la sua infanzia cambiando spesso paese a causa dei trasferimenti di suo padre, uno dei motivi che lo hanno sempre immerso in un contesto di solitudine. Tra lui e la sua famiglia non correvano buoni rapporti così appena fu possibile se ne andò per frequentare l'università cinematografica dell'UCLA.

Si può dire che fu proprio durante gli studi universitari che Morrison si creò la prima vera cerchia di amici. L'humus e le possibilità che regnavano nell'ateneo e nel frequentare le lezioni gli davano infatti l'opportunità di conoscere un numero straordinario di persone. Inoltre, fu proprio frequentando l'Università che incontrò un futuro compnente dei Doors, il chitarrista e compositore Roy Manzanek, il quale coinvolse Morrison nelle sue già avviate attività musicali, come quella di apparire per gioco in alcuni concerti organizzati da lui.

L'idillio però non durò a lungo, poichè Morrison abbandonò l'università dopo che un suo cortometraggio fu rifiutato per una apparizione al "Royce Hall".

Iniziò così a frequentare la spiaggia di Venice, luogo che vide la nascita di molte canzoni come "Hello, I love you" e "End of the night". Formò poi un gruppo appunto col suo amico di università Ray e decise di chiamarlo "the Doors", nome ricavato dalle strane elucubrazioni che Morrison era solito fare: egli infatti sosteneva esistessero nel mondo il noto e l'ignoto, e che questi due mondi fossero divisi da una sorta di porta: ed è proprio una di queste "porte" comunicanti che lui voleva essere.

Intanto, il cantante era arrivato ormai al punto di prendere pasticche di LSDmescalina nella sua forma pura: aveva letto che, secondo alcuni studi, dava effetti di vera follia...

Esplosi i Doors con il primo, splendido album (uno dei migliori esordi della storia del rock), Morrison divenne per milioni di fan un'avvincente ribelle, mentre per l'America benpensante rappresentava una sorta di pericolo pubblico. La sua vita "sentimentale", sempre molto affollata, era minata da comportamenti lunatici ed imprevedibili: passava da una calma assoluta ad attacchi improvvisi di violenza. Nel 1970 Jim sposò Patricia, una delle sue donne, con un matrimonio "Wicca" (un rituale che corrisponde ad una specie di unione cosmica). Il matrimonio, come prevedibile, non durò a lungo, a causa dell'inesausta "poligamia" di Morrison.

Dopo una vita all'insegna di eccessi di tutti i tipi, Morrison si spense il 3 luglio 1971, a soli 27 anni, generando da quel momento un'infinità di pettegolezzi e false notizie circa le modalità (o addirittura la veridicità) della sua scomparsa. Le cause della sua morte infatti sono tuttora ignote: Pamela Carson, la sua compagna del momento, morta oltretutto di overdose tre anni dopo di lui, disse solo di averlo trovato morto nella vasca da bagno. Quando gli amici arrivarono a Parigi, poi, la bara era già chiusa. Non poterono dunque vedere il cadavere del cantante ma solo visionare il suo certificato di morte. L'autopsia non fu fatta. Il certificato medico parla genericamente di "morte naturale" per arresto cardiaco.

A Parigi, nella Ville Lumiere, si era trasferito quattro mesi prima assieme alla sua ragazza. Ne aveva abbastanza dei Doors e della California, malgrado la band gli avesse dato fama e ricchezza. Voleva costruirsi una nuova vita come poeta. "Il rock è morto", ripeteva.
Oggi la sua tomba nel cimitero parigino Pére Lachaise è un monumento nazionale e viene visitato da una media di cento fans al giorno.
Per la biografia si ringrazia il sito: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=364&biografia=Jim+Morrison

Biografia di Jim Morrison

 
 
 
 
 

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