Essere e pensiero

Il senso del limite...


Credo che il mito illuministico e positivistico dell’ineluttabilità del progresso e la fede smisurata nell’onnipotenza della ragione e nelle sue possibilità risolutive,
che hanno caratterizzato tanto profondamente la modernità, abbiano portato come conseguenza alla perdita progressiva della percezione del limite e del senso di finitudine, propri di esseri che procedono nell’errore per cogliere frammenti di verità. Invece, il crollo inevitabile di tale mito, determinato dall’impatto socioculturale e psicologico degli eventi disastrosi che stanno lacerando la terra, peraltro trasversalmente incombenti a prescindere delle aree di sviluppo e di sottosviluppo, sta facendo sorgere nell’umanità una nuova attenzione alle sorti del pianeta. Essa senz’altro rivela e, nello stesso tempo, alimenta una rinnovata coscienza del limite, della nostra debolezza e fragilità, da cui discende la consapevolezza sempre più avvertita e cogente della possibilità di sbagliare, soprattutto procedendo da soli, senza gli altri o contro gli altri. Allora la mia tesi è la seguente: la non consapevolezza del limite, a livello individuale e sociale, ha determinato delirio di onnipotenza, conflittualità sfrenata, bisogno di prevaricare e odio sociale. Una ritrovata coscienza della propria finitudine e fragilità, invece, induce all’apertura verso l’altro, che ridiventa compagno di viaggio e sostegno e di cui si riscoprono le risorse preziose e la comune radice. Più mi sento debole e finito, più avverto in me la possibilità dell’errore. E più avverto in me tale possibilità, più cerco nell’altro, la cui finitezza percepisco pari alla mia, un aiuto solidale teso a costruire un destino comune migliore, di cui tutti possano giovarsi. Nella conflittualità e nella competitività senza limite matura l’odio e la non assunzione di responsabilità. Nella solidarietà derivante dalla comune coscienza del limite matura, invece, il senso di responsabilità che spinge a scelte valoriali, comportamentali e politiche finalizzate a ricucire il tessuto lacerato delle relazioni interumane e di quelle fra uomo e natura, nella speranza di un rinnovato equilibrio eco-sociale, nuova primavera per gli uomini e le loro terre.   Koko Taylor (1938)la regina del blues