Claudio Baglioni

IL CONCERTO PERFETTO


Quello del concerto perfetto è un tema affascinante quanto difficile. Più ci penso e più mi rendo conto che ricorda molto da vicino un altro tema che ha intrigato (e ossessionato) generazioni di autori: il delitto perfetto. Delitto e concerto in questo si assomigliano (oltre nel fatto che assistere a certi concerti è proprio un delitto): sono battaglie perse in partenza, che appassionano le menti che non si arrendono all'evidenza e, più di qualche volta, fanno fare la figura dell'ingeneroso Don Quijote de la Mancha. Ma è un tema affascinante, al cui richiamo è difficile resistere. Ed eccomi, quindi, volentieri in pasto alle fiere che mi mettono al centro dell'arena (che è poi, più o meno, quello che accade a chi fa questo mestiere ogni volta che sale sul palco, anche se il risultato finale non è poi disastroso come lo si dipinge), a dare il via a questo semiserio decalogo, guidato dall'unica logica che possa assisterci nell'affrontare un tema inaffrontabile: quella di Monsieur de Lapalisse. PRIMO. "Il concerto perfetto non esiste, ma se ci fosse qualcuno in grado di idearlo, produrlo e realizzarlo, quel qualcuno potresti essere soltanto tu !" (un pizzico di modestia, si sa, è l'ingrediente fondamentale in ogni artista che si rispetti). Da questa prima legge discende un evidente corollario: "Il concerto perfetto è (naturalmente) quello che stai portando in tour", il quale potrà essere superato solo da un tuo altro concerto: quale? Ma è chiaro: quello che porterai nel prossimo tour (il concerto che verrà è sempre "un po' più perfetto "del concerto che c'è), mentre il "più che perfetto "è, evidentemente, quello conservato in qualche cassetto riparato della memoria: ha un fascino inarrivabile, visto che, come sempre succede, tendiamo a rimuovere ciò che non ci piace e tratteniamo al contrario tutto ciò che ci esalta (ma, si sa, "Tutto in lontananza, diventa poesia"). SECONDO. "Il concerto perfetto è quello di un tuo collega", uno qualunque, non ha importanza, "al quale tu assisti", ma solo per dire: "Perfetto, assolutamente perfetto, a parte... "e lasciar scivolare un interminabile elenco di difetti. TERZO. "Il concerto perfetto è quello del quale tutti parlano bene, anche se... nessuno l'ha mai visto", dal quale il corollario: "E' quello per il quale, la mattina dopo, i giornali ritardano l'uscita quel tanto che serve per consentire ai giornalisti di scrivere la recensione di un concerto che sono (finalmente) riusciti a vedere fino in fondo !". QUARTO. "Il concerto perfetto è quello dove i bagarini regalano biglietti, i portoghesi entrano, sì, ma solo in Portogallo!, e gli spettatori sono così tanti che nessuno li può contare, ma tutti, nessuno escluso, vedono e sentono benissimo". QUINTO. "Il concerto perfetto è quello nel quale tu canti per uno solo, ma ciascuno dei presenti sa di essere quell'unico spettatore", e nell'aria c'è così tanta adrenalina che ti spinge fino a un punto nel quale non avresti mai pensato di riuscire ad arrivare. Naturalmente "tutti rimangono fino alla fine", che arriva solo dopo 3 ore e 20 minuti, (che sono, effettivamente, sembrate 3 ore e 20 minuti, ma hanno pesato solo come 20 minuti), "quando hai dato davvero tutto e non puoi rimproverarti niente". SESTO. "Il concerto perfetto è quello nel quale tutti battono le mani a tempo, si accendono le vecchie. adorabili fiammelle degli accendini e - possibilmente - il pubblico non canta sempre-sempre e, se proprio non riesce a non cantare, lo fa almeno nella stessa tonalità del musicista!". SETTIMO. "Alla fine del concerto perfetto ci sono applausi senza fine. Ma solo applausi, sentiti, mai di circostanza e, soprattutto, non ci sono fischi" (a questa regola è ammessa un'unica eccezione: che siano esaltanti fischi di consenso, i fischi all'americana). OTTAVO. "Il concerto perfetto è quello nel quale tutte le chitarre sono sempre accordate" (legge, questa, in totale contrasto con la prima legge in vigore sul pianeta chitarra, che recita così: "La chitarra è uno strumento che si passa metà della vita ad accordare e l'altra metà a suonare scordata"), e "non si deve ami fare alcun cenno al fonico di palco", perché si sente tutto così bene che non c'è bisogno di ritoccare niente. NONO. "Nel concerto perfetto non ci sono barriere, steccati, trincee, fili spinati, recinzioni, reti ad alta tensione": nulla che separa, ma solo la forza della musica ad annullare ogni distanza. Il corollario naturale non può che essere: "Nel concerto perfetto, la sicurezza non ha niente da fare". DECIMO. "Il concerto perfetto è quello che finisce con la stessa, incontenibile emozione con la quale è cominciato, ma ti lascia ancora più ricco dentro, con più festa, più forza, più energia". Dal concerto perfetto ci si allontana felici e pieni, ma anche un po' malinconici, con la nostalgia che comincia a farsi largo e la voglia di ricominciare. Voglia che è la spinta fondamentale che ci condurrà tra le note e le parole del prossimo "concerto perfetto".