Spezie Pepate Verdi

Nada mas..


 nada masnon intiendo...por el fuegode my vidavol everas.  Ricordi affettuosi della mia infanzia.., accesi come lampioni di una strada ampia, piena di cose da osservare...Via Pirandello,..come poterla dimenticare??!!Li' sono nata , cresciuta, ho dato le mie prime grida di gioia e ho corso tanto per abbracciare il vento.....Piazza S.Lorenzo dove i primi segni con la matita mi portavano a disegnare quello che vedevo e quello che non si vedeva...Io immersa gia' allora tra la piccola folla che correva, che passeggiava, che sbirciava tra le vetrine e sognava di poter comprare anche le cose piu' piccole  e inutili. Sogni!,..ne ho visti passare tante in quelle vie, tra i visi delle persone.Sogni di passanti che ti rotolavano tra le dita e riempivano i fogli bianchi, ..e senza volerlo disegnavi verita' di baci segreti, di pettegolezzi sussurrati, di corse per poter arrivare in altri luoghi e non perdere quel treno,...quello importante.Il mio sogno era quello di poter scrivere con un pennino antico,...di riportare con i miei disegni la gente a tempi diversi, ad anni diversi, e regalare a baci clandestini la possibilita' di poter essere vissuti.Cosi' il mio pennino disegnava la signora che aspettava sempre allo stesso orario l'uomo che la guardava sempre con occhi che l'avrebbero morsa sulla pelle, e accarezzato con le mani..Era un sogno rubato ad altri  il mio pennino indiscreto, uno di quelli che porta alla luce le ombre nascoste di chi mi passava davanti...Qunate passeggiate in Piazza S. Lorenzo,..quanti avanti e indietro a piedi , ...con la bici, quante soste sui gradini della chiesa immersa ad osservare la gente, a spiarla nella loro gestualita' e nella bellezza.Sorrisi rubati e disegnati, anche solo piccoli particolari per poter parlare poi con loro dei loro sogni. A volte catturavo i gioielli di una signora sempre sulla panchina della piazza. Ne era sempre adornata come una madonna d'altri tempi,  e la domenica per andare alla messa li mettava tutti. Questo la rendeva felice.Le sue passeggiate finivano su quelle panchine con  i gioielli che la facevano sorridere.  Si sentiva Venere di piazza S.Lorenzo, e spesso la disegnavo cosi',..venere seduta in panchina.C'erano le mie passeggiate svogliate nel mio andirivieni irrequieto di una bimba vivace,..quelle le ricordo con fogli ubriachi in tinte forti. Usavo i colori mentre cercavo di riportar energia a quel che vedevo, e spesso disegnavo il giornalaio che chiuso nella sua latta faceva solo due gesti. Allungare i giornali ai clienti e risestemarli al loro posto se qualcuno sgualciva quel "lenzuolo" d'informazione steso bene.I colori lo rendevano piu' brioso, e quando andavo da lui per regalargli i miei disegni alzava l'angolo della bocca quasi a volermi sorridere. Rubavo anche a lui i suoi sorrisi.Osservavo i primi battiti della vita con occhi ingenui, spensierati, innocenti e nei miei fogli prima bianchi e poi pieni di me, davo la mia impronta su quei volti che amavo rubare in maniera indiscreta.Passavo con il mio grembiulino nero con il collettino bianco, sorpassavo la bancarella dei dolciumi sotto i verdi platani che ondeggiavano quasi per salutarmi, e non desideravo caramelle, desideravo di poter sentire quel vento fresco sempre sul viso....e quando sentivo questo vento cosi' fresco amavo disegnarlo con le note. Le avevo scoperte sbirciando nel libricino del maestro di canto in chiesa, e le avevo catturate,..le avevo impresse nella mente e quando mi sedevo , e potevo dare al vento la sua immagine, disegnavo solo note. Era una musica poterlo sentire sul viso, e quante cose poteva sussurrare con la sua forza.Piazza S. Lorenzo mi ha vista tante volte ferma su quei gradini a disegnare le impronte segrete di tanti volti, di tanti spazi, di tanti giochi di luce..I platani erano maestri nel colorare la gente, quelle ombre del primo pomeriggio. La penombra del tramonto vedeva trasformare in gente comune chi di giorno sognava, passeggiavano per  svagarsi e quanti sorrisi ho rubato in quei momenti, quando i platani non davano piu' ombre.  Una frenata secca d'auto oggi mi ha regalato un sorriso.ho chiuso gli occhi un istante e ho risentito lo sfregare sull'asfalto delle gomme delle biciclette, delle compagne di scuola che formavano il mio serpentone del ritorno a casa dopo la scuola.L'orario s'intrecciava anche con l'uscita degli operai del mezzogiorno e tante persone sfrecciavano per V. Mazzel per fermarsi davanti le sbarre della ferrovia. Li' c'era un posto dove tante persone si fermavano nella pausa pranzo, e dalle vetrine potevo sbirciare e curiosare. Si fermavano poco e io non avevo il tempo di fermarmi per poterli disegnare sui miei fogli, quindi quando passavo e avevo voglia di parlare di loro li osservavo ben bene mentre passavo con la mia bici e di loro parlavo con un'unico colore,..il verde, perche' era verde il colore della tuta da lavoro di molti.Erano verdi persino i loro visi, a volte distratti da una risata di pochi minuti ma da un'abitudine che li curvava fin sulla schiena, dentro le loro ossa. Erano verdi i loro capelli, e gli occhi. Operai fin dentro le ossa, senza possibilita' di rivoltar la loro vita.Lo scampanellio che avvertiva l'arrivo del treno li' riportava tutti in strada per fumare una sigaretta velocemente, e poi ancora in fabbrica con le loro tute verdi ad aspettare il cicalio delle cinque della sera.L'ombra dei platini li metteva al riparo dalle ombre, loro non potevano permettersi di avere una vita diversa, era tutto gia' compiuto per loro, e nei loro sorrisi e nelle ossa non era rimasto che il verde di quelle tute impregnate di grasso e unto di una metalmeccanica.L'odore ferroso di quel treno lento sempre puntuale alle 13.25 li riportava nella penombra e io potevo solo immaginarli nel pomeriggio, a volte, ai piu' curiosi regalavo un colore diverso. Lo si respirava dentro la loro pelle, dentro i loro visi e spiando scrutavo i loro sogni. Solo di un'uomo in particolare ricordo di aver colorato il viso, era il piu' ribelle, quello che spesso mancava al fischio del treno e non rientrava. Amava le donne, le stelle , la poesia e spesso tolta la divisa si trasformava in rubacuori senza soldi e scapestrato.lo si vedeva a messa la domenica con una giacca nera e un fiore all'occhiello e spesso ne usciva senza per regalarlo a qualche signora inorridita della sua irriverenza durante la messa.Io ridevo con lui, ..non si e'mai accorto che ridevo con lui. finche' un giorno, dopo molti anni il suo fiore arrivo anche a me.Non ha mai saputo pero' che sui gradini della chiesa al suo viso avevo dato colore, forse dei pochi era solo che faceva cio' che desiderava con il cuore.Forse di un paese, di una via color verde alle 13.25 solo lui poteva vantare d'avere il volto colorato. ..e pochi conoscevano i miei colori,..quelli che sbirciavano con i miei occhi.. anche l'arancio sbirciava assieme al giallo, quando il pomeriggio si sfrecciva con le amiche lungo V.Canale dove i campi non finivano piu' e da li' si apriva una campagna che regalava profumi misti, colori intensi e odore di terra.Iniziava la campagna e dava un senso di liberta' e dove la bellezza e tranquillita' della pianura mi facevano immaginare cavalieri medioevali che apparivano con i loro cavalli dai boschi di rubinie.Mi lanciavo in una pedalata veloce per sentire quella musica del vento, quella delicata forza che ti riempie la pelle di un'abbraccio invisibile, immenso , che non aveva mai fine. Solo alla fine di questa lunga via si arriva al piccolo sentiero e da li' ci si imergeva nei boschi. In inverno la neve copriva ogni cosa, ogni ramo veniva avvolto dai gelidi fiocchi e rimanevano cosi' abbracciati per molto tempo. L'odore delle foglie, della terra, dei fiori, delle fragole di bosco veniva cancellato e solo con le prime piogge intense della primavera si potevano risentire. I miei colori mischiavano l'arancio di una terra che aspettava il sole, quello che poteva riscaldarla e farla fiorire. Io appoggiavo la mia bici sempre al solito punto, c'era un patto implucito tra me e l'albero di ribunie. Mi nascondevo li' per poter colorare i piccoli fili d'erba arancioni che saltavano fuori dalla terra, e coloravo di giallo i rami degli alberi anche in autunno quando quella nebbiolina grigia perla nascondeva questi profumi, i miei colori li riportavano a galla su fogli da disegno. Credo di aver sotterrato piu' volte questi disegni sotto l'albero che mi curava la bici, forse per dargli la certezza che in ogni primavera avrebe avuto lo splendore dell'anno precedente, la stessa grazia, e l'aria si sarebbe ancora riempita di quei profumi cosi' intensi.Le mie orme a volte erano le sole che si ricordavano di cercare questi alberi che d'estate ci permettevano di respirare questi profumi..., di sentire il crepitio e il calore dei fili d'erba che volevano nascere, come anime mute di cartone arancione e giallo.  ..fili d'erba non ancora nati e gia' sentiti attraverso il colore.. Questo lo potevo colorare,  e ancor di piu' apprezzare come le cose che sono invisibili e viaggiano nell'aria, come emozioni mute e alchimie d'immagini di persone delicate che crescono con i loro difetti e le loro virtu'.Come emozioni che naufragano negli sguardi, nei pensieri deboli, che scrutano i momenti migliori e  cercano quella forza maestosa che li porta alla luce e li rende visibili.E sono sottili fili d'erba arancione non ancora nati che vedevo sotto radici profonde. Riempivano i movimenti e gli sguardi di chi non sapeva parlare. Gente comune che osservavo in silenzio.  Anime mute di cartone colorate d'arancione, a cui davo quel colore del sole per trovare la forza di poter crescere.Ora abito lontano da quel sentiero, da quelle rubinie cosi alte, ...son cresciute anche loro e il passaggio di mille stagioni ha visto crescere tante volte paesaggi nuovi, riempiti di nebbia, di sole , di luce, di freddo intenso e caldo afoso. Sono nate case nuove vicino, villette e piccoli condomini,  e io continuo a sentire che il tempo non ha cancellato quella forza che fa'crescere i fili d'erba.In autunno la nebbiolina grigio perla che si alza dalle campagne del viale Daiz mi intenerisce e nei giorni di pioggia mi piace guardare le file di tronchi lucidi di acqua in questo lungo viale che attraversa regolarmente la mia citta'.Ma niente e' piu' bello del Monte Rosa che si fa' ammirare in lontanaza nelle mattinate dei giorni sereni. Tinto di rosa come il volto di una fanciulla, di una bambina che con una grazia maestosa riempie con la sua danza di bellezza infinita lo spazio.La brillantezza, soavita' e leggerezza di questo immenso gigante gentile che abbraccia con tenerezza la laboriosita' di questa citta' antica mi regala emozioni, e per un attimo chiunque non si scorda di guardarlo e ammirarlo ne rimane incantato.Ho sempre cercato il colore giusto per le Alpi ma non l'ho mai trovato. Ho sempre seguito lo scintillio' della neve che ti stagione in stagione mutava la sua bellezza, e ogni volta che lo ritraevo su un foglio mi bastava una semplice matita perche' nessun colore poteva essere paragonato allo splendore che mi regalava e che da' lontano potevo accarezzare.Persino nelle sere d'estate quando il gigante mestoso veniva avvolto dalle stelle non si poteva disegnare, perche' nessuna forma o colore rendere giustizia a tanta grazia.  Queste sono vive sensazioni, come delle pennellate che si affacciano alla mia mente, piccoli angoli della mia citta'.., piccole e grandi luci di borgata che rimpiono un foglio di colori cosi smaglianti e accesi da renderlo persino un paese antico.Dove dietro le finestre aperte d'estate, vedi ancora tovaglie bianche con scacchi rossi, pane e marmellate fatte in casa. Nel rione di S. Anna c'era una via minuscola fatta ancora con ciotolato antico e ogni pietrina che formava la strada era di un marrone diverso, proprio come il pane che c'era su quelle tavole,  a volte piu' cotto di altre ,...e per questo coloravo le finestre, la strada, la gente di marrone chiaro e scuro.La larghezza del viottolino non era piu' di due metri, o forse poco piu',..ma c'erano tante finestre, tanti angoli in cui rannicchiarsi per spiare le donne di casa che apparecchiavano la tavola con eleganza, badando che non mancassse niente.C'erano i profumi delle mamme, delle nonne, delle vecchiette che passavano lente e attente a non cadere,  che non si scordavano mai di sorridermi e sbirciare nei fogli.A loro ho regalato il marrone della terra, delle persone da cui non ti staccheresti mai, e nei loro sorrisi scoprivi la grande capacita' di sorridere in tempi bui o radiosi. Dove le donne di anno in anno si curvavano sempre piu' a quei lavori domestici, a quella vita cosi' regolare e monotona che non faceva mai mancare la voglia di sorridere anche alle piccole cose. Cosi' rubavo sorrisi per il sole, per il bucato steso e asciutto in fretta, per le passeggiate con i figli, per la chiaccherata con la vicina di casa, per la Tv che dava un programma nuovo. Sorrisi semplice di donne tutte marroni che profumavano di pane la mattina e di stanchezza la sera.Quella via non era che una delle tante imburrate di profumi, e spesso mi capita di rivedere la stessa tonalita' di colore in molte vie lontane da quella, dove il sole si tocca sul viso di mamme qualsiasi che passano e sorridono e che hanno nella pella l'odore del pane appena sfornato.  Ho come l'impressione che tutto muta nel tempo, ma alcuni posti o vie rimangono intatte nella loro bellezza cosi' a lungo, che in ogni stagione ritornano ad essere la stessa cartolina tridimensionale ogni anno. Non mutano i colori, i profumi e di loro non serve ricostruire una storia. Giacomo faceva parte di queste "cartoline variopinte" che non sono mai mutate nella mia memoria, e non e' mai cambiato il suo sorriso nel tempo e col passare delle stagioni.Via Manzoni, Via Toti, Via Cardinal Tosi erano i luoghi in cui lo incontravi. Da sempre Giacomo, viveva in un suo mondo poiche' la sorte non era stata buona con lui e la sua malattia lo aveva lasciato esattamente all'eta' di 10 anni. Lui incominciava a camminare al mattino presto, all'incirca alle sette....come tutte le persone che dovevano recarsi nei posti di lavoro,  faceva lo stesso giro di piu' chilometri a piedi sollevando spesso il braccio per salutare tutti, e solo nel tardo pomeriggio si fermava e ritornava a casa.Quando vedeva me, alzava entrambe le braccia perche' sapeva che spesso lo ritraevo nei miei disegni, e mai sceglievo il colore per lui. Mi fermavo e sorridevo, schiacciavo l'occhilino prima in segno di saluto,.. e poi per sapere senza domandare quale colore dovevo scegliere per disegnare le sue mani. Aveva delle mani piccole come un bambino, e quando lo prendevo per mano per trascinarlo vicino a me, sentivo un calore diverso da qualsiasi mano che avevo toccato. Le sue non riuscivano a stringere  poiche' non poteva   chiuderle completamente, e quando sentiva il calore delle mie mani per lui era festa, una di quelle feste che arrivano dal cuore.Giacomo era convinto di dire sempre un colore diverso, ma ogni volta che mi fermavo non faceva che ripete "Ciao aszuro" facendo strisciare la lingua e ingarbugliando la parola azzurro, e io un attimo sorridevo perche' avevo pattuito con lui un'azzurro sempre diverso con un bellissimo contorno di un sorriso . Il pomeriggio dopo la scuola mantevo la promessa fatta a Giacomo, perche' sapevo che aspettava quel foglio colorato di solo azzurro con le sue mani. Le coloravo  tra le nuvole affinche' potesse prendere le stelle, a volte disegnavo mani azzurre con dei petali in mano perche' mai avrebbe potuto stringerli tra le dita e sentirne la leggerezza, a volte dipingevo mani che suonavano le corde di uno strumento perche' nei suoi occchi c'era una pace che solo una musica poteva eguagliare, altre volte invece gli riempivo le mani di piccoli libri  su ogni polpastrello, perche' le sue labbra non facevano altro che farfugliare parole mozze piene di poesia e pace.Quelle vie immutate nel tempo trasudano dei suoi sorrisi, dei suoi piccoli gesti che nessuno ha mai dimenticato, e anche se i suoi capelli oggi son quasi grigi, lui mantiene la stesso colore, le stesse mani, la stessa poesia immutata che non lo ha mai cambiato.E se per caso dovessero costruire e mutare quelle vie ci saranno sempre orme, impronte, passeggiate mute di Giacomo, sara' sempre pronto a sollevare le braccia per salutare quelle vie e quelle persone che ogni mattina incontra.   Ritrovo il senso di ogni cosa nel colore,...e il colore da' pennellate ai ricordi, alle figure del presente,..dipinge momenti belli e altri li' avvolge nella nebbia,...