Peterinpanne

Fulmine azzurro


Gilberto, otto anni, divenne un Boy Scout. A un loro incontro gli fu dato un blocco di legno, 4 piccole ruote e un foglio d'istruzioni, che doveva portare a suo padre—cosa non facile da fare perché era figlio di una ragazza madre. La madre decise che il progetto andava fatto. Non avendo alcuna idea di lavori in legno, lei lesse le istruzioni e Gilberto portò a termine il progetto da solo. Dopo alcuni giorni il blocco di legno divenne una “macchina da corsa” un po' sbilenca, ma bella (almeno a giudizio della madre). Non avendo visto le macchine degli altri ragazzi, Gilberto era fiero di Fulmine Azzurro . La grande sera arrivò. Con Fulmine Azzurro in mano e l'orgoglio nel cuore Gilberto e sua madre andarono alle gare. Vedendo le altre macchine era ovvio che la sua era l'unica fatta completamente da solo. Le altre erano frutto di una collaborazione tra padre e figlio. Alcuni ragazzi risero vedendo il suo modesto veicolo. Gilberto era l'unico lì senza un padre accanto. Le corse erano ad eliminazione. Ogni vittoria dava accesso alla gara successiva. La finale era tra Fulmine Azzurro e quella che sembrava l'auto più lucente e veloce. Gilberto chiese al direttore delle gare l'autorizzazione a pregare prima che lui desse il via. Con la sua macchina in mano e le sopracciglia aggrottate si inginocchiò e pregò il suo Padre celeste. Poi si alzò e disse: «Sono pronto». Il pubblico urlò mentre le due macchine saettavano verso la meta. Gilberto vide Fulmine Azzurro tagliare il traguardo una frazione di secondo prima dell'altra. Con un salto di gioia Gilberto gridò: «Grazie» e tutti applaudirono. Il direttore gli chiese: «Così, ha pregato per vincere, non è vero?» «No, signore. Quello non sarebbe stato né equo né giusto. Ho chiesto a Dio di non farmi piangere in caso di sconfitta.»