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Pensieri da femmina
Post n°10 pubblicato il 13 Dicembre 2014 da bellicapellidgl3
L’ho capito quando ho aperto gli occhi questa mattina come sarebbe stata. Eppure era la mia mattina del sabato, quella tutta per me, quella delle amiche al bar da cui non veniamo mai via, di De Gregori a palla nell’abitacolo, dell’andiamo tutte insieme a comprare una borsa, quella del calore della confidenza, del conoscersi da anni, del compriamo un pensierino a Roberta per quando uscirà dall’ospedale. Le mie amiche, tutte straordinariamente diverse, ma ineluttabilmente solidali. Però. Io non ero io, insomma, avevo interferenze fastidiose che mi impedivano di dedicare loro tutta la mia attenzione. Vane mi mette un braccio attorno alle spalle: ”Che hai?” mi chiede. “Che ho?” ripeto come una cretina, mentre penso che mica lo so qual è la risposta. Cerco di non rispondere mai a caso a una domanda vera. “Sono opaca?” azzardo. Lei mi sorride con quei suoi zigomi alti, piena di capelli com’è, forse ha capito meglio di me cosa ho perché mi dice, dopo una pausa a effetto che ha la precisa funzione di riportarci su un livello frivolo: ”Ho un cappottino rosso praticamente nuovo. Lo sai quanto mi sbatte il rosso no? Non so nemmeno perché l’ho comprato. Voglio che lo prenda tu”. “Ieri sera ho visto quel film, o meglio l’ho rivisto” le dico. Sa che parlo di Innamorarsi, me lo rivedo con una cadenza quinquennale, appena il tempo di averne smaltito gli effetti. Sospira. “Non credi che ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, dovrebbe essere guardata come De Niro guarda lei?” chiedo. Vorrei che mi dicesse di no, che quello è solo un film, lo hanno scritto a tavolino, hanno deciso su un foglio come dovesse andare a finire, accidenti a loro. “Tu non prendi mai il treno, ecco perché” mi stuzzica senza guardarmi mentre continuiamo a camminare. “Scema”. Lui che le dice, guardandola facendo in modo di non guardarla (ma come farà?): Quel film mi dà un senso di malessere che non posso descrivere, un senso di perdita e di rimpianto e di non vissuto e di invidia. Ecco sì, muoio di invidia, dopotutto. Lei che corre disperata quando sa che lui sta per partire per sempre, la bellezza della sua lotta intestina che esplode in quella scelta coraggiosa e che muore davanti a un passaggio a livello chiuso. Camminiamo in silenzio, sentiamo dietro di noi le risate delle altre, parlano di orrori culinari. Argomento su cui ci intendiamo benissimo (quello degli orrori). “La vita è una stronza” mi dice. Rifletto. Guardo il suo profilo familiare, la sua borsa gialla. E rispondo: ”Sì. Ma anche noi non scherziamo”. |
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