Post n°21 pubblicato il 13 Febbraio 2015 da bellicapellidgl3
Conosco il mondo virtuale. Mi ha insegnato nel corso degli anni molte cose di me. Ignoravo quanto invece le emozioni possano attraversare uno schermo, prima ancora della voce, quanto una relazione epistolare, per così dire, possa acquistare forza, montare giorno per giorno con uno strano acceleratore che di norma non interviene nelle relazioni ordinarie. So che sto parlando di cose che molti hanno sperimentato, però io parlo di me, adesso. Un rapporto virtuale può arricchirsi di sentimenti reali, la tenerezza, l’affetto, la preoccupazione, l’empatia, la curiosità, il desiderio. E, se non si gioca ad armi pari, se quello che abbiamo messo sul piatto non ha lo stesso valore, se non riusciamo più a tenerci, a darci , forse dobbiamo imparare a lasciarli andare. Lasciarli andare dentro di noi. Spezzare quel legame che in fondo è solo nel nostro vissuto. Non è così facile lasciarli andare. Per niente, almeno per me. E allora mi chiedo. In una vita in cui affrontiamo perdite e cerchiamo di metabolizzarle, è sano provare a costruire rapporti che, già per la modalità in cui nascono, possano aumentare i nostri strappi, esporci così alle intemperie? Alla delusione. Vale tutto questo l’emozione illusa che ci hanno regalato? |
Post n°20 pubblicato il 03 Febbraio 2015 da bellicapellidgl3
C’era un tempo in cui mi fidavo molto del mio istinto. Procedevo navigando a vista, mi bastava sentire le vibrazioni, non avevo nemmeno bisogno di attivare altri circuiti più razionali. Cosa c’è di più bello che entrare in osmosi per costruire legami, quei legami che restano per tempi indefiniti, tenuti insieme dai fili della stima, della tenerezza, dell’indulgenza, della fiducia incondizionata. Eppure. Oggi sono un’altra donna e non mi ritrovo, non mi sento molto nei miei panni. Sono in una terra di nessuno in cui non so che direzione prendere, non so a cosa credere, non so dove sia la menzogna e dove la limpidezza, dove la manipolazione e l’autenticità di intenti. Ho paura di sbagliare. E non voglio che mi feriscano ancora.
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Post n°19 pubblicato il 27 Gennaio 2015 da bellicapellidgl3
E non mi riferisco a domande invasive, ma a quelle che ti insegnano a raccontare le emozioni. Quello che gli psicologi chiamano “l’alfabetizzazione delle emozioni”. Mi hanno insegnato a decodificare gli stati d’animo e quindi a raccontarli, senza troppo pudore o diffidenza o paura di essere derisa. Tutto questo però ha avuto un rovescio della medaglia, una sorta di scotto da pagare, credo. Ecco, ci sono relazioni che scorticano, detto molto brutalmente. Allora giorni fa ho ripreso delle pagine in cui mi ero imbattuta nella mia adolescenza. Ricordavo l’impatto emotivo che allora ebbero su di me ed ero curiosa di osservare cosa avrebbero suscitato oggi. I Saggi di Montaigne e in particolare “Della solitudine”. Vi pregherei di leggere bene, specie se siete affetti dal mio stesso male, perché queste parole, allora come adesso, mi hanno regalato una nuova prospettiva da cui affacciarmi: “Bisogna riservarsi un retrobottega tutto nostro, del tutto indipendente, nel quale stabilire la nostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine. Là noi dobbiamo intrattenerci con noi stessi e, tanto privatamente, che nessuna conversazione o comunicazione con altri vi trovi luogo; ivi discorrere e ridere come se fossimo senza moglie, senza figli, senza beni e senza servitori, affinché, quando verrà il momento di perderli, non sia cosa nuova farne a meno. Noi abbiamo un’anima capace di ripiegarsi su se stessa; essa può farsi compagnia; ha di che assalire e di che difendersi; di che riceve.re e di che donare. Non c’è cosa migliore al mondo che saper stare con se stessi”. Quanta libertà si respira in questi versi.
Ci sono libri che possono insegnare a stare al mondo |
Post n°18 pubblicato il 22 Gennaio 2015 da bellicapellidgl3
Sono ossessionata dai dettagli. E non parlo di dettagli estetici, quella almeno è un’ossessione meno radicata. Lo smalto sbeccato, le doppiepunte, il mascara sulla palpebra, i calzini corti. L’uomo che va in giro stropicciato come un exit poll delle primarie. Parlo di dettagli mossi da quella intelligenza emotiva che non possiamo sempre governare, i piccoli gesti che sono al di fuori del nostro controllo e quindi una cartina al tornasole dei nostri desideri più profondi. Detesto i gesti plateali. Suscitano in me la più profonda diffidenza. Le iperboli di parole altisonanti dette dopo tre giorni di conoscenza. Mazzi di fiori puzzolenti che mi danno un’emicrania da rigetto e che finiscono direttamente nel cesto dei rifiuti senza passare dal vaso. Mi spiego meglio. E’ estate, potremmo andare in vacanza insieme. Ma lui tergiversa. Io invece voglio essere concreta. Bene. Me ne vado per conto mio in vacanza. Però so per certo che non avrà mai più altre vacanze con me. “Per me è finita” (e questo glielo comunico al telefono dal mio posto di vacanza). “Come finita?” “Eh.” “Ma per questa storia della vacanza? Mica dirai sul serio?” “Questa storia della vacanza, come la chiami tu, a me pare una cosa seria” “Non dire cazzate. Prendo un aereo e ti raggiungo” Ahahah. Un aereo? E perché non una mongolfiera, un sommergibile o l’astronave di Capitan Harlock già che ci siamo? I gesti plateali arrivano quando manca la terra sotto i piedi o quando vogliamo puntare un obiettivo e calcoliamo. Sono per quelli che credono in un appeal definitivo, anzi micidiale. E, se vogliamo, siamo capaci tutti. I dettagli non possiamo calcolarli. Sono gesti istintivi ed io ho un rilevatore sofisticatissimo del dettaglio emotivo. Dobbiamo separarci però ci si spezza il cuore. Sarà per un breve periodo, lo sappiamo, ma, quando sei innamorato, c’è sempre questa sorta di urgenza, questo non poter fare a meno. Baci. Carezze. E’ il momento. Cammino verso la mia auto, la mente in subbuglio, il cuore in cantina. Lui si allontana dalla parte opposta. Devo voltarmi a guardarlo (lo so, questo è uno scenario che un uomo giudicherebbe molto melodrammatico, ma tant’è). E lui? Lui si volterà? Questo dettaglio per me vale più di dieci ore di volo per raggiungermi. E c’è una frase che trovo tra le più belle frasi per dichiarare un sentimento, più di tutti i “ti amo” detti, scritti e pensati del mondo. Non a caso l’ha scritta Marquez (il grande Gabo) ne “L’amore ai tempi del colera”. Quando, ormai anziani, finalmente i protagonisti si ritrovano e si amano in un letto, a lui che sembra distratto lei chiede ( domanda sempre pericolosa e giurerei formulata per lo più dall’universo femminile, domanda che mette in crisi ogni uomo più di quella “Cosa siamo io e te?”). Insomma, lei chiede, amorevole: ”A che pensi”. E rincara:” Sembri altrove” E lui, attenti bene, dice qualcosa di grandioso:” Ti sto pensando altrove”. Ovunque io sia con la mente, anche quando tu sei qui vicino a me, in qualunque luogo io possa vagare, ci sarai sempre tu. Beh in molti uomini questa visione innescherebbe un attacco di panico. Ma in pochi altri no. Mi piace la selezione naturale.
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Post n°17 pubblicato il 19 Gennaio 2015 da bellicapellidgl3
Non ho mai avuto paura di volare. Ritengo molto più rischioso percorrere tutti i santi giorni il grande raccordo anulare. Ho ricordi variegati dei miei voli. Il primo che mi viene in mente è quello per Sharm, quando ancora si poteva strappare uno scampolo di estate mentre qui era pieno inverno, senza rischiare di restarci secchi. Ma che siamo sulla Marozzi?? A quel punto si scatena un frignare generale, il nervosismo accumulato esplode e la gente vuole SCENDERE per tornarsene a casa. ”It’s impossible! You can’t do it! He says: I want go out e you say go out! “ E qui alza ancora di un tono la voce e io non riuscivo a smettere di ridere perché tuona: ”MA CHE OUT e OUT!!” con gesto eloquente della mano.
In un volo per Copenaghen invece mi è accaduta una cosa davvero bizzarra. Ora io dico. Ma davvero esiste gente che si fa una sveltina con uno sconosciuto nel bagno di un aereo in volo, per lo più in fase di atterraggio? E poi tutti ricordiamo dove ci trovassimo il giorno della tragedia delle Twin Towers. Bene, io, tanto per complicarmi la vita, non ero in Italia, ma a Glasgow. Due telefonate in due momenti diversi, per farmi spiegare cosa stesse accadendo davvero. Mia madre (tono concitato, parole che si portano dietro una specie di eco):” Sta per scoppiare la terza guerra mondiale-e-e-e…. Non potrai tornare a casa-a-a-a-a…. Hanno chiuso Heathrow!!!” Finalmente metto il mio sedere su un volo di ritorno, in quel clima di paura e di controlli. Devo dire che ero piuttosto suggestionata. Il mio vicino era un obeso che puzzava di alcool, continuava a chiedere vino alle hostess. Il suo culone debordava sul mio posto a sedere ed aveva un odore davvero sgradevole. Ho cominciato ad innervosirmi. Un terrorista che sta per farci saltare in aria e beve per trovare il coraggio! Ero tesa e spaventata, a ripensarci oggi questa cosa mi fa molto sorridere. ” When he was killed…” ma io capisco:”When I was a killer…” (!!!!!) No vabbè, ero completamente fuori di me. E’ UN KILLEEEEER! Lo ha ammesso!! Come se fosse una professione che uno propaganda in giro, insomma. Partire, il bagaglio, i documenti, il frusciare tra le dita della carta di imbarco, il clima ovattato durante il volo. Partire, quanto mi piace. |
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