La voce di un uomo

Il Governo saluta le università: A NOI!


Ecco un'altra e-mail dell'università. Leggo e diffondo Dopo aver analizzato e discusso il testo della legge n. 133 esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per il futuro dell'Università. L'intento di questa lettera è quello di sensibilizzare e informare gli studenti in merito alla difficile situazione che stiamo attraversando. Consideriamo tali provvedimenti inaccettabili innanzitutto per una questione di metodo, in quanto il decreto introduce una riforma dell'Università italiana di vasta portata e dagli esiti incerti eludendo un indispensabile confronto in Parlamento, nel Paese e con gli Atenei; nel merito, poiché esplicitano una politica che ritiene l'Università strategicamente non rilevante ai fini dello sviluppo della nazione. La legge prevede tagli indiscriminati dei finanziamenti senza contemplare criteri di valutazione che permettano di differenziare gli Atenei virtuosi da quelli che gestiscono male le risorse. Queste misure invece di evitare gli sperperi, aggravano ulteriormente le difficoltà già presenti nella gestione economica delle Università italiane, ampiamente e storicamente sottofinanziate rispetto ai paesi europei. La riduzione drastica delle assunzioni nei prossimi tre anni comporterà una notevole diminuzione del personale docente negli atenei, con pesanti ricadute su didattica e ricerca. Questo provvedimento rende ancora più incerto il futuro di chi tra gli attuali studenti e dottorandi ha deciso o deciderà di intraprendere la carriera universitaria nel nostro paese. Ci preoccupa molto la possibilità prevista dal decreto di trasformare le Università in Fondazioni di diritto privato, non essendo ancora chiare le ripercussioni di questa scelta sia sul governo che sul sistema di finanziamento degli atenei. Nel contesto di questo provvedimento giudichiamo grave la volontà dell'attuale Ministro Gelmini di abbandonare la strada della valutazione, affossando il progetto dell'ANVUR (l'Agenzia Nazionale per la Valutazione delle Università e della Ricerca) previsto nella Finanziaria 2006 e mai realizzato. Mentre nel resto d'Europa la valutazione è uno degli strumenti che assicurano la qualità della didattica e permettono una maggiore efficienza nella gestione delle risorse, l'attuale Governo italiano ha deciso di fare un passo indietro. Di fronte ad una classe politica che non intende investire nel sistema universitario condannandolo al declino, la spinta per un cambiamento deve partire da noi studenti. Non è sufficiente opporsi ai tagli, ma occorre pretendere una ripartizione dei finanziamenti alle Università che tenga conto della qualità della didattica e della ricerca, della gestione economica, dei servizi agli studenti e delle politiche di internazionalizzazione. Come si sa, da molti anni l'istruzione italiana, in confronto a quella generale europea, fa letteralmente schifo (e scusate il termine). Si salvano solo la scuola elementare e alcune università che occupano discrete posizioni nell'elenco delle migliori università d'Europa e del mondo (tra queste troviamo La Sapienza di Roma e la Statale di Milano). Il nostro buon Governo cosa fa? Rade al suolo la scuola elementare e le università. Ora...non sto a parlare della scuola elementare perché c'è veramente da piangere (e sfido chiunque a dirmi di no motivando la sua risposta) e perché non è questa la sede..ma perché i tagli alle università vengono fatti indiscriminatamente senza nessun criterio? Si inneggia tanto alla meritocrazia, alla lotta ai fannulloni...però poi si va a colpire tutti, senza distinguere se sono fannulloni o meno, meritevoli o meno. Ci sono università che hanno una fama pessima ed università che hanno un notevole prestigio, anche internazionale, eppure la "riforma" colpisce entrambe le categorie allo stesso modo. Insomma, siamo chiari, l'obiettivo non è certo quello di colpire i fannulloni o di risanare le casse dello Stato (visto e considerato che gli stipendi dei parlamentari son sempre gli stessi, che continuiamo dal 2004 a pagare 300 000€ al giorno di multa all'Unione Europea per vederci Rete 4, svendiamo Alitalia, ecc.), ma quello di rendere più ignoranti i cittadini. La formula è semplice: cittadini più ignoranti = cittadini più facili da controllare. Una persona più ignorante è anche più credulona ed è quindi più facile convincerla a votare per me e convincerla che ciò che io faccio è giusto. Ciò che più dovrebbe tenere a bada il potere in un paese democratico è proprio il popolo. Più è acculturato ed informato più un governo deve stare attento a far le scelte giuste; più è ignorante e burino più un governo può convincerlo che il suo operato è perfetto (specialmente se poi controlla gran parte dei mezzi d'informazione). Si potrà obbiettare dicendo: "ci son pur sempre le scuole private". Obbiezione respinta. 1) La scuola privata ha dei costi che non tutti i cittadini possono sostenere. 2) La scuola privata è controllabile dal potere (la scelta d'assunzione di un professore in una scuola privata è diversa da quella di una scuola pubblica. Mi spiego meglio con un esempio: non troverete mai in una scuola cattolica un professore che manifesta idee di laicità. Quindi scuola privata spesso significa negazione del pluralismo delle idee degli insegnanti. Il che, si badi, non significa che non debbano esserci scuole private, ma che anche la scuola pubblica debba poter offrire un'istruzione decente affinché non tutti i cittadini acculturati siano generati da scuole che perseguono un certo tipo di "valori"). Ducisi in fundo...ecco un'altra manovra del Re ehm scusate cavaliere & company per meglio controllare le menti di noi plebei e indurle a votare dalla loro parte. Tra un po' faremo lezione nei giardini, con l'Aristotele di turno che ci narrerà delle imprese di Silvio Magno.Dunque salutiamo queste nuove università: Viva Silvio! A NOI!