Stamattina tornavo da una trasferta di lavoro. Combattuto tra la stanchezza che mi faceva premere sull’acceleratore e la voglia di rimandare ancora un po’ il ritorno a casa, mi godevo la strada quasi sgombra con l’unica compagnia dei brani casuali del mio ipod. E poi a un certo punto è partita una canzone che non sentivo da secoli, la voce storta e un po’ incrinata di quel mito di Jannacci che mi commuove sempre, anche quando canta canzoni divertenti. Questa canzone, che invece racconta quanto sia difficile comunicare tra padri e figli, si intitola Parliamone; l’album è Guarda la fotografia, l’anno il 1991. Secondo me è bellissima, ed è di quelle che se non ti scappa la lacrima vuol dire che sei proprio un asino. Appena arrivato, per prima cosa ho cercato il testo su internet: niente di niente. Così, come facevo da ragazzino (gasp, incredibile ma vero internet esiste solo da una decina d’anni), mi sono messo a trascriverla e ora è tutta vostra:
parliamone
Stamattina tornavo da una trasferta di lavoro. Combattuto tra la stanchezza che mi faceva premere sull’acceleratore e la voglia di rimandare ancora un po’ il ritorno a casa, mi godevo la strada quasi sgombra con l’unica compagnia dei brani casuali del mio ipod. E poi a un certo punto è partita una canzone che non sentivo da secoli, la voce storta e un po’ incrinata di quel mito di Jannacci che mi commuove sempre, anche quando canta canzoni divertenti. Questa canzone, che invece racconta quanto sia difficile comunicare tra padri e figli, si intitola Parliamone; l’album è Guarda la fotografia, l’anno il 1991. Secondo me è bellissima, ed è di quelle che se non ti scappa la lacrima vuol dire che sei proprio un asino. Appena arrivato, per prima cosa ho cercato il testo su internet: niente di niente. Così, come facevo da ragazzino (gasp, incredibile ma vero internet esiste solo da una decina d’anni), mi sono messo a trascriverla e ora è tutta vostra: