Piazza delle Erbe

hanno ucciso l'uomo ragno


Come si mostra il proprio lato oscuro? Facendo le scarpe ai colleghi, dicendo volgarità alle cameriere, ma soprattutto vestendosi da figo e dimenandosi per strada come Tony Manero. Questo Spiderman cattivo, neanche lontanamente complesso e tormentato come nella vera saga a fumetti di Venom, sembra insomma Fiorello che imita Gianni Morandi («Me l’ha detto Cugia!»). Tobey Maguire pare sia convinto che per cambiare espressione basti spettinarsi il ciuffo, un po’ come Matt Damon che è convinto che per invecchiarsi basti vestirsi da Clark Kent. Riguardo alla sceneggiatura, anche sorvolando sui tanti buchi clamorosi (uno su tutti: ma se Peter Parker resta nudo sul campanile, come fa a tornare a casa?), restano i dialoghi loffi e i troppi pistolotti buonisti, peraltro sempre prima o dopo l’azione e mai durante, contrariamente a ogni fumetto Marvel che si rispetti. A peggiorare il tutto, Gwen Stacy è ridotta a stupida ochetta chiocciante ed entra in scena fuori tempo massimo (prima fidanzata dell’Uomo Ragno, moriva uccisa da Goblin in uno degli episodi fondamentali della storia dell’Arrampicamuri). Taciamo infine per pudore sull’apparizione del povero Stan Lee (una battuta, una predica) e di Bruce Campbell, attore-feticcio di Raimi, qui improbabile maitre francese che parla alla Clouseau. Una buona conferma arriva da Kirsten Dunst, sempre bella e molto brava, mentre l’unica sorpresa arriva dall’Uomo Sabbia, un cattivo minore che qui, curiosamente, ha il suo perché. Per il resto, il terzo capitolo della saga diretta da Sam Raimi è un pasticcio che, nel tentativo di accontentare tutti, sposare l'ingenuità anni Sessanta della coppia Lee-Ditko e l'inquietudine dark del duo DeFalco-Frenz, fallisce clamorosamente. Se non fosse per le scene d’azione, gli effetti speciali e la somiglianza tra attori e personaggi, sarebbe degno della atroce (e non ancora, grazie a Dio, rivalutata) trilogia anni Settanta. Scenda l’oblio, l’incazzatura passerà.