Piazza delle Erbe

sabato sera


Come uno stoico stilita in maniche di camicia, acciambellato su una colonna alta mezzo metro, fumo uno degli ultimi toscanelli che mi rimangono, osservando la piazza del sabato sera. Dietro, insopportabile, chioccia senza sosta una fontana. A un tratto arriva lei: 15, forse 16 anni, ricciolina e minuta, sembra ancora più piccola nel suo maglioncino verde acqua (perchè qui di giorno farà anche un caldo africano, ma di sera spira na bisa...). Lui arriva dopo un po'. Stessa età, sopracciglia alla Bergomi, la maglietta bianca sotto una giacca elegante di una taglia più grande. Si baciano sulla guancia, ma si legge negli occhi di entrambi la voglia di baciarsi ovunque, di abbracciarsi, di sentirsi. Invece restano lì a parlare del tempo, di qualcuno. Vorrei gridare «Che aspettate? Rifugiatevi in un portone, un vicolo, un bar, una casa, avvinghiatevi, spolpatevi le ossa del bacino, godete l'uno dell'altra, ora, subito. Domani ci saranno lavori e impegni e mille altre cazzate che non valgono un milionesimo di questo momento. Domani qualcuno vi dirà che c'è altro da fare, vorrà dirvi chi siete, incasellarvi, schedarvi, e forse vi illuderete di volerlo anche voi». Vanno via piano, tenendosi incerti per mano. La mia benedizione profana, da lontano, il mozzicone tra le dita.