Piazza delle Erbe

calci al calcio


È serata di coppa e non c'è ristorante, pub, osteria, bettola, che non abbia la tv sintonizzata su RTP1. Osservando il cameriere portoghese che prende a pugni il muro perché la Roma sta vincendo sullo Sporting Lisbona, penso a quando, soprattutto nella mia vita milanese, cristonavo anch'io a ogni  partita dell'Inter vista in tv (pensare che a San Siro sono andato solo per vedere Ligabue...). Da qualche anno non me ne frega più niente. Non solo dell'Inter (dal cappotto laziale non mi sono più ripreso, ricordo ancora le lacrime in autostrada), non me ne frega più niente di tutto l'intero mondo del calcio. Molto prima dei morti e degli scandali, ho cominciato a detestare il calcio parlato, gli anticipi e i posticipi, i processi e i pendolini, le formazioni e il moviolone, il calcio dei miliardi e delle pubblicità, dei festini e delle veline. Non c'era più Paolo Valenti in quelle domeniche che sapevano d'arrosto e profiterole, non c'erano più le invenzioni geniali di Roby Baggio e quelle anarcoidi di Maradona, non c'era più l'umiltà di uno zio Bergomi o di Baresi. Insomma, non era più amore. E oltre l'amore, come sintetizza bene il Poeta, tutto il resto è noja.