Piazza delle Erbe

stecca senza stecche


Ci sono due soli sport che riescono davvero a emozionarmi, nonostante siano due discipline lontanissime tra loro: l'hockey su ghiaccio e lo snooker. Quest'ultimo, per chi non lo sapesse, è una variante inglese del biliardo. Si gioca a un tavolo più grande, con 15 palle rosse e 6 di diverso colore, ciascuna con un punteggio diverso: finché non vanno in buca in sequenza, le bilie non rosse vengono rimesse in gioco. Ho cominciato a seguirlo una decina d'anni fa su Telemontecarlo al sabato pomeriggio; poi il nulla, finché non ho scoperto che, come gran parte delle cose interessanti, lo snooker è regolarmente trasmesso via satellite. Così, non avendo parabole e ricevitori, tutte le volte che viaggio faccio un'abbuffata di snooker da Eurosport. Finora ero convinto che ci fossero due supercampioni: Ronnie O'Sullivan e Shaun Murphy. Se non fosse per il vestito elegante, entrambi sembrerebbero usciti dal pub di un film di Ken Loach:
Murphy è il classico ciccio rosso un po' primo della classe che s'incazza facile, specie quando perde; O'Sullivan invece rappresenta il genio, la creatività, il divertimento, la sfida. E poi è il "tipo", quello che un po' tutti gli uomini invidiano, uno che non sarà bello ma è fico lo stesso. Ora ho scoperto che a insidiare l'arte di O'Sullivan c'è un tale Marco Fu di Hong Kong. Uno che non si diverte, un esecutore, un ingegnere della stecca, un serial killer della bilia, uno che non tradisce un'emozione (che sia un replicante? controlli Deckard!), è prevedibile come la morte e spesso, come la morte, vince. Ma si può tifare per uno che vince solo perché segue le regole?