Piazza delle Erbe

have you met mr. jones?


Fra i registi americani che reputano l’intrattenimento una sorta di peccato originale da espiare a tutti i costi, Steven Spielberg – che io adoro – è di quelli che, se si escludono pochi esempi eccellenti (Munich), ha però dato sempre il meglio di sé con i film di genere (ma a fronte di capolavori assoluti come Incontri ravvicinati e Minority report, La guerra dei mondi è una cagata pazzesca, e su quest'affermazione attendo i canonici 92 minuti di applausi…). Anche per questo, come tutti gli adolescenti degli anni Ottanta, aspettavo tanto il ritorno del professor Jones. È vero, non è così finto antico come il primo, perfetto come il numero due o ironico come il terzo, ma qui ci troviamo di fronte a una sorta di torta setteveli, una specie di summa: come nei western crepuscolari non manca neanche un topos, della serie «This is the end, my friend», rifatevi gli occhi che la leggenda chiude bottega. E allora giù con l’Eldorado e la paura del nucleare, Roswell e il maccartismo, i maya e gli alieni, aerei che (ça va sans dire) viaggiano sulle cartine e un figlio segreto che rifà Marlon Brando: un bel gioco tra alto e basso proprio come gli inseguimenti nella giungla e la corsa sulle rapide. Ah, e Harrison Ford è certo invecchiato ma è sempre perfetto. Ora, è tanto divertente che alcune combriccole di archeologi, ambientalisti e comunisti se la siano presa col povero Indy, colpevole di rompere un po’ di reperti antichi, di sfuggire a un’esplosione nucleare chiuso in un frigo e di vivere la sua avventura in piena Guerra Fredda: ma poveri storditi, di solito vi chiedete anche com’è che Superman, qualsiasi cosa faccia, abbia sempre il tirabaci al suo posto? Vi svelo un segreto: È TUTTO FINTO! Testine di mischia, rilassatevi.