Piazza delle Erbe

Non ho mai amato troppo il 10 agosto: ero ancora bambino quando quel giorno una persona tanto importante mi ha lasciato. Gli esperti dicono però che sono i giorni successivi a San Lorenzo quelli più propizi alle stelle cadenti, e io che in materia non capisco una cippa, mi fido ciecamente di loro. Sono appena tornato da una spedizione in collina; nonostante le tre ottime birre di diverso tipo e gradazione, totale avvistamenti numero 3. Ma non è il numero che conta, dico io, è riuscire contemporaneamente a esprimere il desiderio. E posso ritenermi soddisfatto, ce l'ho fatta. Come si sposa tutto ciò col mio agnosticismo universale? Non lo so, ma stasera l'aria era fresca, il cielo era terso e la voglia che basti dire al momento giusto «mi piacerebbe che...» perché una cosa si avveri era davvero immensa.

Il noto settimanale bolscevico Oggi pubblica in questi giorni un'intervista alla ragazza che con supremo sprezzo del pericolo si accingeva a soggiacere alle voglie dell'onorevole Mele (immaginatelo nudo, please!) e fu salvata suo malgrado da una pista di coca (e poi dicono che la droga fa male...). Francesca Zenobi, oramai sputtanata in ogni dove, raschia giustamente finché ce n'è, si prepara in spiritu a diventare l'eroina (ops! pardon...) di qualche nuovo reality e dichiara: «Sono una che ha reagito a una vita grama cercando di tirarsene fuori e sognando un futuro ricco e felice. Volevo soldi, volevo successo, volevo una vita migliore». Gesù, ma proprio con quello???

Aperitivo con E. Si parla di temporali, non so perché, forse solo voglia di pioggia. Improvvisamente me ne esco con un’incerta citazione di Gianni Rodari. Intorno il gelo. Cos’è? Chi è? E. ha qualche anno in meno di me, non molti. Me la immagino alle elementari, col grembiule e il fiocco, magari le treccine; la maestra dietro la cattedra, paciosa e appena grassottella come la mia. Eppure niente Rodari nel suo libro di lettura. Niente «Dopo la pioggia viene il sereno / brilla in cielo l'arcobaleno», niente «Io so l’odore dei mestieri», magari neanche i disegni di quel genio di Munari. Per un attimo, uno solo, mi sento vecchio. Poi un pensiero: se mai decidessi di ripensare a un figlio, provvederei subito a quest’assurda mancanza: filastrocche di Rodari, libri-gioco di Munari.

1978: Roma è il Colosseo sbiadito di un turista bambino che in una settimana cambia città ogni due giorni.
1994: Roma è una ragazza che somiglia alla miglior Patty Pravo, destinata a essere per te una delle tante passanti alla Brassens-De Andrè. Una cui dai un passaggio a Gubbio e ti offre un caffè in via Teulada; e lì, mentre ti racconta i suoi strani amori, capisci che non l'avrai mai.
1994 bis: Roma è incontrare, lo stesso giorno nel medesimo bar, un triste Lino Banfi caduto in disgrazia per uno show cui non importa a nessuno: chissà la faccia, sapesse di diventare di lì a poco nonno Libero...
2003: Roma è The dreamers e du' spaghi cacio e pepe dietro Campo de' Fiori, qualche giorno prima di sapere che la tua vita cambierà parecchio.
2005: Roma è un'amica al cellulare dopo anni, in una via di Genova dove pensi (illuso) stia nascendo la tua felicità.