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"IL LEONE ASSASSINO"


"Scusa ragazzo. Io ho tolto il sangue dal tuo corpo. Io sono un pazzo. Credevo di essere veramente solo un enorme sacco di pulci bagnate, di aver preso gusto alle noccioline, caramelline e vocette di bambini ridenti e piangenti. Credevo di essermi adattato a questi pochi metri di spazio che voi uomini mi avete concesso. Ma quella porta aperta ha colpito un attimo di vita. La libertà era ancora radicata in un angolo del mio cuore. L'adattamento si è tramutato in rabbia ed ho vissuto, uccidendoti, secoli di spazio che voi avevate tolto a me ed ai miei simili. E ora mi sparano, giustamente, perchè ti ho tolto la vita. Ho tolto la vita alla sola persona che mi ha, forse, amato, e che io ricorderò. Siamo stati entrambi vittime: in fondo, ci avevano buttato nella stessa gabbia. Forse ti ho punito per avermi fatto capire che la libertà non si dimentica."
Oggi, sistemando alcuni cassetti della mia stanza, ho ritrovato un mio vecchio diario scolastico, dove era custodito un libretto di quattro pagine con dei brevi racconti, tra cui quello che avete appena letto: una persona, di cui non è riportato il nome, con queste poche (e secondo me) bellissime righe, ha voluto dare voce ad un essere che voce non aveva, un vecchio leone del Parterre (zoo) Comunale di Livorno (ormai chiuso da circa 16 anni) che si era reso protagonista, suo malgrado, di un assassinio. La cronaca: sono passati quasi vent'anni da quel giorno, io andavo alle scuole Superiori. Una mattina, tornando a casa, lessi sul giornale che un ragazzo, che lavorava come inserviente presso il Parterre Comunale del Viale Carducci a Livorno, era stato sbranato da un leone. O meglio, DAL leone: era l'ultimo rimasto, era vecchio, tutti i livornesi ormai lo conoscevano, aveva visto crescere centinaia di bambini, gli aveva visti mano nella mano con i nonni ed i genitori e poi, più grandicelli, mano nella mano con le prime cottarelle. E lui era sempre lì, maestoso, in quella piccola gabbia dove era nato, che per lui era la sua casa, il suo territorio, tutto il suo mondo, tanto piccola che lo faceva sembrare ancora più maestoso di quello che in realtà era. Mi ricordo che nelle sere d'estate, mentre stavo sul terrazzo di casa (circa 200 mt. in linea d'aria dallo zoo) sentivo lui e le scimmiette che parlavano tra loro. Non era mai stato il Re della foresta, ma era il Re del Parterre. Comunque, tornando alla cronaca: il ragazzo, quel giorno, come ogni giorno, entrò nella gabbia del leone per pulirla. L'animale aveva sicuramente visto crescere anche lui, davanti alle sue sbarre, lui che vuoi per abitudine, vuoi per stanchezza, vuoi perchè aveva la testa fra le nuvole, quel giorno si era dimenticato di chiudere la porta della tana del vecchio leone prima di entrare nella gabbia. L'animale lo vide entrare, si accorse che il suo territorio era stato invaso da un animale a due zampe che doveva stare fuori dalle sbarre, non nel suo mondo. Vuoi per paura, vuoi per senso di possesso del territorio, vuoi per quella porta aperta verso un mondo diverso, il leone gli saltò alla gola, lo azzannò e poi corse fuori dalla gabbia. Il ragazzo morì là dentro, mentre per il Parterre iniziò un vero e proprio safari per trovare la "belva" e catturarla. La trovarono, accucciata dietro un cespuglio, a leccarsi le zampe: i racconti di alcuni testimoni dicevano che l'animale non fece una mossa, il vecchio leone era abituato a vedere gli uomini camminargli vicino e ormai non era più dentro il suo territorio, era nel loro, completamente spaesato e, forse, spaventato...ma gli spararono, più per vendetta che per reale pericolo. Potevano addormentarlo, potevano catturarlo, ma no, l'uccisero, a sangue freddo. Forse per lui fu meglio così, forse per lui fu meglio volare nel Paradiso degli animali che tornare in quella vecchia gabbia dove aveva ucciso l'unico essere della sua vita e dove, da quel giorno in poi, tutti i bambini lo avrebbero solo odiato perchè era un assassino. Devo essere sincera: quel giorno provai un grande dolore, non solo per il ragazzo ucciso e la sua famiglia, ma anche per quel vecchio leone che avevo visto crescere, a cui in fondo volevo bene e che in realtà aveva seguito solo il suo istinto, la sua natura, e che non meritava di morire per un errore, e nei giorni a seguire, parlandone con gli amici ed i compagni di scuola, scoprii che tutti la pensavano come me. Nella mia fantasia, da quel giorno, il ragazzo ed il vecchio leone della mia infanzia si sono ritrovati in Paradiso, hanno fatto pace e vivono insieme felici e liberi, senza gabbie che li soffocano, nelle grandi praterie del cielo.