PLATONE

Platone13


Reclinai il capo dentro il mio corpo putrescente Ingoiai la mia lingua senza soffocare Mi scostai un poco dalla faccia di lei Risolsi il dilemma che mi assillava da tempo immemore, e la penetrai con forza, facendola gemere di piacere, e succhiando il fiele che sgorgava dalla sua mente disfatta Mi ritrovai sospeso in un limbo atemporale, combattuto tra forze inquietanti e contrastanti, vincoli diabolici e spinte ultraterrene Vagai in questo spazio assurdamente razionale, conscio della mia vana ridicola condizione di grandezza infinitesima Finchè mi ritrovai ai bordi dell'infinito, proprio lì, dietro l'angolo disegnato dai suoi occhi Mi guardai allo specchio e risi. Poi piansi al vedermi così, grottesco e metafisico pagliaccio malinconico, aberrante e nauseabondo angelo caduto, demone serafico senza senso e senza tempo Al che si aprì uno squarcio sotto i miei piedi, e sprofondai all'infinito per pochi secondi, mentre dalle mie ferite sgorgava a fiotti un sangue infetto color vermiglio. E quando intravidi il fondo di quel baratro agghiacciante, quando capii che stavo per schiantarmi sulla terra e rompermi le ossa e sfracellarmi in mille pezzi, mi addormentai di soprassalto e, madido di sudore, sognai di essere finalmente vivo...