Giuseppe Ligresti

da "Ritagli antelucani"


* * *Quale primavera mi attendein questa aiuola desertica, in questa desolata terra, su questo trespolo ove piamente affondo la mia fetta di culo.Vivo, in questo podere, per metà fantastico,tra queste stradine per metà pisciate dai cani,tra le quisquiglie fraterneche ammazzano se non il tempoquantomeno l’asfissiante retorica quotidiana.Vorrei di certo ancora empirmi il gozzoe infradiciarlo di borgogna,ma un istinto primordiale mi illumina, rischierei di soffocarese mi giungesse per ricordo un groppo in gola.Questa primavera stinta, con le sue stinte sere,darà tregua a questo spampanato ardore giovanile,a questo affresco che troppo abbaglia e troppo inquieta.Ai venditori di sogni, raccolti nella loro Giudecca,ahimè, non chiederò più fortuna,la cornucopia ha già troppo slabbrato,sterco e mirtilli, sinuose Arpie.Con questa rauca voce, la rauca voce dei defunti,invoco il mio commiato,per tutto il resto ho lasciato qualche verso,tra gli orpelli in una notte d’opale.* * *Quando Vascelli prosaiciraggiungeranno le Memorie- il corollario purpureo delle fasi mistiche -l’Ombra si schianterà tra i Diaspri,nell’enfasi sacerdotale di una predica serale,là dove i crepuscoli ostentanola meraviglia celeste.È ora un mozzo di bordo, Sovrano del mio Sogno apocalittico,a regnare i flutti;angarierà il Nocchiero,l’anima sua si farà Antarticoper sfiorare i corpi cosmici.Ma non sarà mai abbastanza la distanzadal magma ai bordi stellari,dalla barriera corallina, miopi,decifreremo appena il Tetragramma.  * * *Ricordi, o mia cara, la putredine di quei giorniche rassomigliava all’impasto della gloria, di quella conchiglia nel Baltico  che ci invitava sino in fondo a fornicare?Chi è più ghiotto, o mia signora,il demone che squassa oggi le labbrao il verme che succhierà al tuo seno tra gli ossami?A volte un aedo mi incanta e mi canta di Sogni,ma può l’imperituro zufolopenetrarmi al senno con tal ferocia,può ancora impallidire il languido volto di un morituro?A volte dio mi bacia le labbra,ma può una sola rondine scorticare l’annosa pelle strinata sul rogo dall’alta fiamma?Altre volte mi addormento,e tra i cieli fiorisce un’amanteche mi offre le sue carni lebbrose. * * * La notte d’inverno è segreta,ghirigori di lacci emostatici,un carme a Satanae un ode a Eloah,salmodiati dagli accovacciatial cantuccio di un Delubro.Non badate ai defunti,in ghingheri passeggiano l’Ade,pensate all’immane Martirio,assoluti si assiste al linciaggiodi anime impure,occhi sovrani redimonoquei corpi celesti coronati di alloro.E quanta bellezza c’è a non saperci di carne,a non saperci eternise non nell’atto sacrodi vituperare la Vita.Chissà quale Artaud mi trapassaal tremore suadente dell’ultimo inganno,quando sguinzaglio nell’antrola Bestia che ride di me.* * *Quali ore rilucono in queste frescure di primavera?San Giovanni è sempre lì,a corpo nudo,e così io, denudato,così i risolini delle vecchieche con le calendule al bracciovanno al passo del mio visoquasi inumato.E potrà mai l’ombra del gineprorinfrescare le arsure che ardono il mio Canto?Saprà mai qualche ciuffo di strame farsi amaca per il tuo torpore?Ah, venisti anche tu quel 17, anche tu con un mazzo in mano,non ricordo se portasti camelie o petunieo se anche tu raccogliesti calendule, ma di ridarella mi moriviper i campi, e poi giù, tra i cespugli.