Giuseppe LigrestiPoesia |
POESIA E MUSICA
Le lettere d'amore(Vecchioni canta Fernando Pessoa)
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LETTERA DI LICIO GELLI
PASOLINI INTERVISTA UNGARETTI
PASOLINI SU MARILYN MONROE (DA LA RABBIA)
Del mondo antico e del mondo futuro
era rimasta solo la bellezza, e tu,
povera sorellina minore,
quella che corre dietro ai fratelli piu' grandi,
e ride e piange con loro, per imitarli,
e si mette addosso le loro sciarpette,
tocca non vista i loro libri,i loro coltellini,
tu sorellina piu' piccola,
quella bellezza l’avevi addosso umilmente,
e la tua anima di figlia di piccola gente,
non hai mai saputo di averla,
perche' altrimenti non sarebbe stata bellezza
Spari', come un pulviscolo d’oro.
Il mondo te l’ha insegnata.
Cosi' la tua bellezza divenne sua.
Dello stupido mondo antico
e del feroce mondo futuro
era rimasta una bellezza che non si vergognava
di alludere ai piccoli seni di sorellina,
al piccolo ventre cosi' facilmente nudo.
E per questo era bellezza, la stessa
che hanno le dolci mendicanti di colore,
le zingare, le figlie dei commercianti
vincitrici ai concorsi a Miami o a Roma
Spari', come una colombella d’oro.
Il mondo te l’ha insegnato,
e cosi' la tua bellezza non fu piu' bellezza.
Ma tu continuavi ad esser bambina,
sciocca come l’antichita', crudele come il futuro,
e fra te e la tua bellezza posseduta dal potere
si mise tutta la stupidita' e la crudelta' del presente
te la portavi sempre dietro come un sorriso tra le lacrime
impudica per passivita', indecente per obbedienza.
Spari' come una bianca ombra d’oro.
La tua bellezza sopravvissuta del mondo antico,
richiesta dal mondo futuro, posseduta
dal mondo presente, divenne cosi' un male.
Ora i fratelli maggiori finalmente si voltano,
smettono per un momento i loro maledetti giochi,
escono dalla loro inesorabile distrazione,
e si chiedono: “E' possibile che Marilyn,
la piccola Marilyn ci abbia indicato la strada?”
Ora sei tu, la prima, tu la sorella piu' piccola, quella
che non conta nulla, poverina, col suo sorriso,
sei tu la prima oltre le porte del mondo
abbandonato al suo destino di morte.
PASOLINI:HORROR DREAMS
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Post n°31 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da pierpaolopasolini3
Credevi a un malato tisico? Invece no, vivo ancora! Con la mia toga, con la stessa voglia di difendere il mio Delirio, con le mie muse che a volte arrivano, violentano le mie sillabe e inaspriscono le mie vocali fino a stuprare l’Istante. E vanno via leggere come l'Incanto, -distrattamente distratte- distruggendosi in un Tempo per giocarne il Tormento, pregando a Dio un giorno ancora per provare a squartarmi, per giungere al mio Urlo. E così mi concederò nel mio Maggio bruciando nel rosso, nel terrore d’essere apparso una canaglia.
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Quegli occhi così azzurri splendevano di una Bellezza cadaverica.
Fiammeggiante, atavica, girava, rigirava tra le colonne sacre, poggiava gli zigomi ad un capitello. E io immaginavo di mostrarla nuda nelle trincee o di vederla nuda nella nostra alcova muta. In mezzo al Tempo giacevo con la lussuria intellettuale predicando le distanze che mi allontanavano da Dio, mostravo solidarietà per quella Dinamo disarmante che convertiva ora il mio allarmismo, il mio Golgota, in emozioni sub-umane, che sfiorava appena il mio orecchio -il silenzio ubriaco degli estratti d’oppio- con l’idea di estasiarmi nel focolaio del Linguaggio nuovo.
Wall Street faceva ora il bello e il cattivo tempo e i ragazzi danzanti si scambiavano nell’arena baci languidi e masturbazioni cerebrali.
Quegli occhi così azzurri splenderono d’un tratto di un’Assenza cadaverica.
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Insoliti decadenti bisogni vennero a colpirmi in quel cielo di pura estate. Venne il momento di esorcizzare i miei istinti e non importava se il vino rosso ardeva il ventre o se era solo un vizio quello di credermi morto; esigenze, dolori e ancora illusioni colpirono i miei orizzonti.
Genuflesso a un altare, al Ricordo, sprigionai la mia voce: “Cala su di me Tenebra ottemperata dal dolore, raggiungimi in questa spiaggia deserta e toccami con la Luce, e io, naufrago di un mare in solitudine, avvisterò immaginifici vascelli che solcano le onde e i rimpianti, per inabissarsi nell’indaco e fra le alghe della memoria”.
Accadde per la prima volta che Qualcuno mi stesse a sentire e un rantolio infinito inquinò quei dolci istanti: Dissestare le radici e dissacrare il Tempo per scrutare la Potenza di Dio.
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Fu in quel giorno d’inverno, mentre i fumi s’alzavano lesti verso cielo, verso quel cielo che rendeva promesse, che la vidi ai miei occhi come una reliquia, e lei saltellava fra la onde e il mio giudizio. Poi, capitò di perderla nel caldo dell’estate, il vento che batteva ad occidente, verso Sud, cambiò d’un tratto direzione, fino a spargerla come petali caduti su un campo bellico, gelido più del marmo. La portò a danzare altrove, a Salonicco, a Lisbona, scommisero di averla vista passeggiare per le vie di Pigalle e muovere i passi fino all’Irriconoscibile gusto della vittoria. Ed io stetti ancora lì come quel giorno d’inverno, ad assaporare l’ebbrezza di un ritorno divenuto oramai stridente come il suono degli addii. |
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INFO
ATTESTATI DI MORTE
Leggere Attestati di Morte di Giuseppe Ligresti è un’esperienza odeporica, in cui il viaggio del Poeta assume tinte immaginifiche ed una consapevolezza che ci rimanda a Borges, quando scriveva che "la morte è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare". Ligresti possiede il dono di consegnarci dei versi che contengono solidi impasti, e chi è in grado di assaggiarli, saprà assaporare perfino i più dolci elementi – amalgamati con cura – nel suo panem amarum che costituisce Attestati di Morte.
Tratto dalla postfazione "Fino a farsi Luce" di Eugenio Patanè
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Inviato da: poetica_mente
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LA TERRA DI LAVORO-PIER PAOLO PASOLINI
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DINO CAMPANA-A UNA TROIA DAGLI OCCHI FERRIGNI
HO SCESO,DANDOTI IL BRACCIO-MONTALE
INNO ALLA MORTE-UNGARETTI
Amore, mio giovine emblema,
Tornato a dorare la terra,
Diffuso entro il giorno rupestre,
E' l'ultima volta che miro
(Appiè del botro, d'irruenti
Acque sontuoso, d'antri
Funesto) la scia di luce
Che pari alla tortora lamentosa
Sull'erba svagata si turba.
Amore, salute lucente,
Mi pesano gli anni venturi.
Abbandonata la mazza fedele,
Scivolerò nell'acqua buia
Senza rimpianto.
Morte, arido fiume...
Immemore sorella, morte,
L'uguale mi farai del sogno
Baciandomi.
Avrò il tuo passo,
Andrò senza lasciare impronta.
Mi darai il cuore immobile
D'un iddio, sarò innocente,
Non avrò più pensieri nè bontà.
Colla mente murata,
Cogli occhi caduti in oblio,
Farò da guida alla felicità.