Sogni d'inchiostro

Fratelli del mondo


Essere figli del mondo significa libertà di linguaggio, di pensiero, schiavo dell'espressione e del confronto. Vivere il mondo per me significa percorrere crocevie affollate di figli di altri mondi, che parlano altre lingue, mescolarsi a loro e per il tempo di una bevuta o di una sigaretta, parlare la loro lingua. Quando di notte faccio la fila davanti al chiosco dei panini, nel cuore di Roma e sparo un bel vaffanculo e dietro di me un neo-zelandese lo ripete con pronuncia incerta e allora io gli chiedo di rifarmi l'inno degli Hall Blacks e lui si mette in posa e mi fa contento, con attorno diciottenni francesi al loro primo viaggio senza genitori, o a inglesi navigati mezzi brilli, o ancora spalla a spalla con due bei rosci americani un pò obesi e sudati che mi abbracciano e insieme intoniamo "No woman No Cry" allora mi sento veramente libero. La fratellanza genuina che si respira quando ci si fonde con altri me sparsi in tutto il mondo, che come me hanno voglia di non pensare a niente e per una notte essere vagabondi pieni di musica e birra... sarà superficiale ma sento di essere leggero e svagato, scazzato ma con allegria. Attendere il proprio cocktail circondato da coetanei stranieri che respirano la tua stessa aria tra bolgia e spensierata sregolatezza mi permette di viaggiare per brevi attimi dentro di loro e allora così come in me vedono le arene romane, l'oste trasteverino, il gladiatore o Pierino, io vedo in loro il caos delle Ramblas, respiro l'atmosfere dei locali seminascosti di Soho, la caotica trasgressione di Amsterdam e via dicendo. Roma d'estate si trasforma nell'ombelico mondiale per antonomasia. Al mattino ci si scrolla la sbronza, di giorno si visita il Colosseo e di notte si girano le bettole tutte Watt, birra e fratellanza notturna. Viva chi si diverte come meglio crede, siamo estranei dalla nascita, ma ci sono momenti dove darsi una pacca sulla spalla o bere dallo stesso bicchiere è così semplice...