POLITIK SKORRETT

QUALCHE RIFLESSIONE SUL GAY PRIDE DI ROMA


QUALCHE RIFLESSIONE SUL GAY PRIDE DI ROMAE’ andata come si sapeva, tutti sicuramente abbiamo visto le immagini. Alla fine, per quanto lo spettacolo offerto sia stato becero e di cattivo gusto, possiamo dire che non siamo stati sorpresi: i gay pride sono sempre stati così.Quello che invece ha sorpreso e sconcertato è lo spettacolo offerto dagli amministratori locali, in particolar modo il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, molto più preoccupati di cavalcare il politicamente corretto che non esercitare la responsabilità che viene dal loro ruolo. Se si voleva dare dimostrazione di una “Roma città accogliente”, che sembrava nei giorni scorsi l’unica preoccupazione di Alemanno, bastava semplicemente autorizzare la manifestazione, dare la possibilità al movimento gay – come a qualsiasi altro – di esprimere la propria posizione e anche la propria protesta mettendo a disposizione la piazza più adeguata. E’ diverso invece dare il patrocinio a una manifestazione, che va ben oltre l’accettare che un gruppo manifesti liberamente il proprio pensiero: è dargli un sostegno morale e, a volte, anche economico. A parte ogni valutazione nel merito delle rivendicazione del movimento - e della lobby - omosessuale, ciò che lascia sconcertati è l’assoluta noncuranza con cui si sono accolte le manifestazioni più becere e disgustose, come se fossero assolutamente normali. Cioè, mi spiego meglio: una volta ottenuta l’autorizzazione a manifestare, all’interno della manifestazione stessa è sospesa ogni legge dello Stato? Oppure ci sono anche delle regole per poter manifestare, dei limiti di pubblica decenza da dover osservare, come è anche per tutti i normali cittadini?Non è un problema di omosessuali: avrei trovato ugualmente disgustoso se al Family Day, tanto per fare un esempio, coppie giovani e meno giovani avessero voluto mostrare il loro orgoglio etero facendo vedere pubblicamente come si fa ad avere figli. E avrei trovato parimenti sconcertante l’atteggiamento delle autorità se avessero consentito tutto ciò.Non è neanche un problema moralistico: è semplicemente una questione di rispetto per gli altri, rispetto di regole condivise che la comunità si è data perché tutti si possano esprimere senza prevaricare l’altro.Purtroppo sembra che le regole e le leggi che valgono per i comuni cittadini, non valgano più per gli attivisti gay, alla faccia della loro presunta discriminazione. I discriminati siamo noi, costretti a subire l’arroganza e la violenza di immagini ed espressioni che ci sono imposte e contro le quali siamo impossibilitati a dire alcunché, pena la denuncia di omofobia. Peraltro anche le proteste o la legittima disapprovazione di persone e religioni dovrebbe stare entro i limiti del rispetto. Quello che si è visto sabato sera a Roma contro il Papa e la Chiesa va ben oltre quei limiti, e non è accettabile. In gioco non c’è il diritto dei gay a dire pubblicamente quello in cui credono, ma il diritto di tutti a essere rispettati nella propria dignità.