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SIRIA, LA DIPLOMAZIA GETTA LA SPUGNA!


SIRIA, LA DIPLOMAZIA GETTA LA SPUGNA!
Cari amici, l’inviato speciale per la Siria, l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan si è dimesso. Ha spiegato il suo gesto citando l’aumento della «militarizzazione sul terreno» e la «chiara assenza di unità nel Consiglio di Sicurezza». Un riferimento, quest’ultimo, alle posizioni di Russia e Cina, tradizionali alleate di Assad, che con il loro veto bloccano la possibilità di interventi sanzionatori più decisi contro il regime siriano.Contemporaneamente, i media americani riferiscono che Obama ha autorizzato i servizi segreti ad aiutare «l’opposizione» nella sua lotta contro Assad, anche se ufficialmente solo con contributi economici e umanitari. Il rifornimento di armamenti potrebbe però arrivare da Paesi vicini con cui gli Usa sono in contatto. È un’involuzione della crisi che non promette nulla di buono: già oggi in Siria sono arrivate milizie islamiche fondamentaliste che hanno combattuto in Iraq e in Libia. La risposta repressiva del governo, che non si è mai fermata, ha provocato già migliaia di morti fra la popolazione civile. È davvero triste che l’Europa, alle prese con lo spread, l’impazzimento dei mercati e la recessione, non riesca a giocare un ruolo maggiore in questa vicenda. L’implosione interna della Siria, con la guerra civile, oltre a provocare innumerevoli vittime innocenti e ondate di profughi che già si riversano in Libano e Giordania, finirebbe per destabilizzare ancora di più l’intera regione.Il Papa è intervenuto già due volte, chiedendo che si persegua una soluzione negoziata della crisi. La sua voce, come spesso accade, è caduta nel vuoto. In ogni caso la decisione di Kofi Annan di gettare la spugna la dice lunga sulle possibilità di successo della diplomazia. Com’era già avvenuto per Saddam Hussein e per Gheddafi, considerati per molto tempo dai governi occidentali fattori di stabilità nell’area, anche per Assad sta accadendo lo stesso. Non ci sono dietro l’angolo, a quanto pare, ipotesi di interventi militari internazionali. Ma nemmeno ipotesi praticabili per una transizione «morbida» e concordata a un nuovo governo in Siria, a meno che Assad non decida autonomamente – dopo aver ottenuto le necessarie garanzie – di lasciare il Paese. I cristiani, una presenza storicamente importantissima per la Siria, hanno goduto di protezione e libertà di culto sotto l’attuale regime siriano. E ora condividono le angosce dell’intera popolazione, ben coscienti, purtroppo, della lezione irakena e dell’instabilità che ancora oggi, a quasi dieci anni dall’inizio della guerra contro Saddam, si vive nel Paese. Ho ancora molto vivo il ricordo del viaggio di Giovanni Paolo II, nel 2001. Il Papa entrò nella grande moschea degli Omayyadi, in oigine un luogo di culto cristiano dove si venerano delle reliquie di Giovanni in Battista. Mi colpì molto vedere a Damasco, quante fossero le antiche chiese e come s’intrecciassero minareti e campanili, in un contesto di pacifica convivenza.Una mattina, con l’amico Orazio Petrosillo (il vaticanista del Messaggero, scomparso nel maggio 2007), noleggiammo un’auto e andammo a visitare Maaloula, il villaggio dove ancora qualcuno parla l’aramaico, la lingua di Gesù. Nel discorso in moschea, Papa Wojtyla disse: “E’ importante che ai giovani vengano insegnate le vie del rispetto e della comprensione, affinché non siano portati ad abusare della religione stessa per promuovere o giustificare odio e violenza”. Mancavano soltanto tre mesi all’attacco alle Torri Gemelle.Andrea Tornielli - Sacri Palazzi