POLITIK SKORRETT

Le pozzanghere del pettegolezzo e la pietà


LE POZZANGHERE DEL PETTEGOLEZZO E LA PIETA' Per commentare le recenti vicende politico-sessuali-gossip (che brutto neologismo!), mi avvalgo innanzi tutto delle lucide osservazioni di Annalena Benini [www.ilfoglio.it ] “Un attacco centrato sui sanitari del cesso è la definizione geniale di Marco D’Eramo [Il Manifesto] per le vicende erotiche utilizzate come arma politica. Le foto scattate in bagno col telefonino da un paio di ragazze sono state sui giornali per mesi, in effetti, corredate da pensosi commenti. Tutti chiamati a discutere di puttane, di morale e adesso di viados e di Tor di Quinto. Con un’esaltazione sospetta, tra l’altro. Il fatto è che la lotta nel fango è irresistibile: segreti da svelare, vizi di cui adesso ci si vergogna meno se sono anche quelli di tizi importanti, nuovi nomi che sbucano all’improvviso, meschinerie totali, scandali all’ombra, l’improvvisa e spontanea riabilitazione della banalissima amante. Siamo tutti servette, adoriamo rotolarci nei pettegolezzi, sbaviamo per un segreto. Siamo tutti servette ma questo è fango da rotocalco, non da discorso politico. Ci divertiamo e allo stesso tempo ci vergogniamo, e lo si può fare da sincere servette, senza contaminare la discussione pubblica, scegliendoci luoghi adeguati, pause pranzo, cene con altre servette, fino a che anche la pozzanghera verrà a noia. Ma elevare a cose serie i sanitari del cesso, quello no. Fingere che sia necessario intervistare le escort per avere un governo migliore, o inseguire un viados e farsi raccontare le abitudini dei vip per fare chiarezza sull’amministrazione della regione Lazio, è ridicolo. Anche moralizzare sui corpi in vendita è da servette. La differenza fra i due tipi di pozzanghere è la consapevolezza o meno di sguazzarci dentro.”
Forse dobbiamo svolgere riflessioni serie sulla questione morale (caso Marrazzo, caso Berlusconi, ma anche noi uomini e donne) ed esaminare tutto sotto la lente della pietà, intesa nel senso più autentico e nobile dell’espressione. La pietà del Vangelo, la pietà dei romanzi di Dostojvseki. Davide Rondoni, in un bellissimo pezzo su www.avvenire.it, scrive: […] E io vorrei tenermi lontano dal guazzabuglio delle reazioni di parte e ancor di più dal greve gioco al massacro che s’è subito aperto. Perché è legittimo stigmatizzare le debolezze di un uomo pubblico – e trarne, sul piano politico e morale, le inevitabili conseguenze – ma non può diventare motivo per massacrare la dignità sua e la sensibilità di coloro che lo amano o che gli sono legati.Che questa sia, piuttosto, l’occasione per una riflessione seria, dura e al tempo stesso pietosa (sì usiamolo questo aggettivo, senza il quale ogni società umana decade, poiché senza pietà ogni umano consorzio si disfa e si insanguina). Perché si tratta di considerare una cosa: nel cuore di un uomo può agire la spinta ideale, buona e costruttiva a darsi da fare, a impegnarsi bene, e anche, contemporaneamente, agire la spinta a buttarsi via, a obnubilarsi in un oscuro dispendio di se stesso, del proprio corpo, della propria energia. Costruzione e dispendio. Fare del bene e buttarsi via. Questo può succedere, e non di rado.Succede perché l’uomo è anche fatto così. Non è un meccanismo dove al bene si attacca e consegue per forza il bene. Possono convivere male e bene, alternarsi. Succedere l’uno all’altro. Non ce ne dovremmo stupire, se ci conosciamo almeno un poco. Lo diceva anche san Paolo di se stesso, figurati se non vale per ognuno di noi poveracci. I cristiani iniziano il momento più importante per loro, la Messa, battendosi il petto. L’ultimo peccatore come il Papa.[…] Eppure il caso Marrazzo mi suscita infinita pena. Dello stesso tipo di pena che ho verso me stesso, la medesima abbandonata e irrimediabile pena. Se davvero la "questione morale" fosse un momento per guardarsi in faccia, anche con le proprie debolezze, allora forse la politica e i suoi teatri ne riceverebbero una nuova tensione positiva, e un’aria meno ammalata. Se davvero fosse un’occasione per parlare tra uomini in carne e ossa, preoccupati per il decadere delle istituzioni politiche e di garanzia; insomma, se il disastro umano di questo o quel caso noto servisse per uscire un attimo dal teatro di "bambocci" (cioè di pupi, d’uomini finti) a cui sembra ridursi spesso la politica italiana, allora penso che ne verrebbe un guadagno per tutti. Ridiscutendo di cosa sia la morale, che tensione sia, che necessità ci sia di non fissarsela da soli, di non rispondere soltanto – senza stile e senza sobrietà – alla propria immagine di potere o di pensiero.Una vera questione morale sarebbe il tratto di un’epoca di agire retto e dove non si usa la comune debolezza umana come clava gli uni contro gli altri. Dove politici, uomini dello Stato e mass media non lavorano per sfasciare la gente. E per prenderla per il naso. Sarebbe una stagione meno farisaica e scandalistica, più pulita e di maggior tensione al bene comune. Se no, ne verrà solo altro avvilimento, e incattivimento. Proseguendo un periodo cupo e pazzo in cui in nome della morale fai-da-te o improvvisamente riscoperta si distoglie amoralmente lo sguardo dai problemi veri della gente vera e si aprono le porte ai modi più feroci e distruttivi di lotta.