POLITIK SKORRETT

UOMINI DI DIO


La fede cristiana martoriata è un segreto vincente o una resa alla storia? Quando il Papa fu aggredito per il discorso di Ratisbona, per quel passaggio di elementare buon senso storico e teologico sul nesso tra fede e conversione forzata nella religione maomettana, e nessuno lo difese come si doveva, e il Vaticano si impegolò in gesti di scusa e di correzione non persuasivi perché insinceri mentre i fanatici islamisti chiamavano a raccolta folle vocianti, una suora veniva assassinata, e altri delitti venivano compiuti in nome dell’intolleranza in ogni parte del mondo, ebbi un brivido di paura e un senso di rivolta.Altro che gaffe: era stata detta una profonda verità, anzi il fondo della verità era stato toccato nel cuore dell’Europa cristiana, a pochi anni dall’11 settembre, e subito la verità era stata sepolta in nome della diplomazia, mentre la strada islamica e araba gridava alta e forte la sua intollerante menzogna, ingaggiava e vinceva la sua ennesima violenta battaglia.La questione non è se vinciamo o perdiamo contro l’Islam, ma se riusciamo o non riusciamo a essere ancora cristiani nel III millennio, vale a dire nella nostra vita. Benedetto XVI sta dicendo che si può. I musulmani si accolgono, infatti, non per pietà o per reciprocità. E tanto meno si ama e si perdona se stessi, prima ancora degli altri, per convenienza o interesse. E’ la fede cristiana stessa che, in definitiva, impone interiormente e pubblicamente di accettare, perdonare e agire virtuosamente, anche quando non vi è nessuna motivata ragione umana e sentimentale per farlo.Il segreto di Ratzinger è la fedeltà e l’autenticità della sua fede, eroica, razionale e trionfante, anche quando non è politicamente in grado d’imporsi, ed è costretta all’umiliazione. La convinzione ultima è che così la Chiesa vincerà alla fine non solo in Cielo, ma anche sulla Terra. La domanda che mi nasce spontanea e che mi tormenta – soprattutto dopa la visione del film “Uomini di Dio” – è se la fede cristiana martoriata è un segreto vincente o una resa alla storia?
 Riporto uno stralcio del testamento spirituale di Frére Christian, “Quando si profila un addio”: Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l’unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pagassero per me: come potrei essere trovato degno di una tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.la mia vita non ha più senso di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio o quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che amo sia indistintamente accusato del mio assassinio. Sarebbe un presso troppo caro, per quella che, forse, chiameranno “la grazia del martirio”, il doverla a un algerino, chiunque egli sia, soprattutto se dice agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.so il disprezzo col quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell’Islam che un cero islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti.L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa: sono un corpo e un’anima. L’ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore dell’evangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti mussulmani.evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista.. “Dica adesso quel che ne pensa!”. Ma costoro devono sapere che sarà finalmente la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’Islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.in questo grazie in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo, accordato come promesso!e anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio da te previsto. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen!         Insciallah